Non profit

Se a Bagdad invece dell’esercito…

L'editoriale di Riccardo Bonacina riprende una proposta fatta poche settimane fa sulle pagine di Vita da Sandro Calvani.

di Riccardo Bonacina

Una settimana fa l?Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha rilanciato questo appello: “Nella sua tragedia, l?uccisione di Annalena Tonelli dà voce all?impegno dell?intero mondo umanitario, non solo nel Somaliland o in Africa, ma in tutto il mondo. Consideriamo ancora una volta nostro dovere fare appello a politici, responsabili delle politiche mondiali, militari e individui di tutto il mondo perché facciano del loro meglio per proteggere coloro che sono impegnati ad aiutare gli altri. Il disprezzo per la vita umana in generale, e in particolare il disprezzo per la vita e l?incolumità degli operatori, fa sì che sempre meno persone si sentano pronte a svolgere questo lavoro nelle aree più dure del mondo”. è proprio così, laddove la vita viene disprezzata il rischio di chi si mobilita perché crede che la vita, qualsiasi vita, debba essere difesa, è altissimo, spesso insostenibile. La contabilità di questo 2003 ha già sfondato il tetto dei 100 operatori umanitari e volontari uccisi nel mondo. Ma quello che più stupisce è che tutto ciò è ancor più vero laddove l?esercito imperiale col suo seguito di Stati satelliti e imprese multinazionali è arrivato con i suoi bombardieri e i suoi eserciti promettendo un futuro migliore. Sul terreno oggi c?è solo disperazione e disprezzo per la vita. è accaduto in Somalia, poco più di dieci anni fa. Il 9 dicembre 1992, 28mila marines sbarcarono in diretta tv sulla spiaggia di Mogadiscio. L?operazione si chiamava Restore Hope (Ridare la speranza). Oggi, semplicemente, la Somalia non c?è più. Le fazioni si sono spartite quel che resta di una nostra ex colonia. In soli 30 giorni sono stati uccisi quattro volontari. Tra loro Annalena Tonelli. è accaduto in Afghanistan. L?operazione, nata l?indomani dell?11 settembre 2001, si chiamava Enduring Freedom (Libertà duratura). Prese il via la notte dell?8 ottobre 2001. Obiettivo il mullah Omar e Bin Laden. Due anni dopo sono ancora a piede libero. L?Onu ha sospeso le sue missioni nel sud del Paese perché “troppo pericoloso”. Dal marzo scorso, intanto si registra un attacco ogni due giorni a organizzazioni umanitarie. Quindici sono stati gli operatori uccisi, 30 i feriti. Sta accadendo in Iraq. In questo caso le armate imperiali hanno attaccato la notte del 20 marzo 2003. L?operazione denominata Libertà per l?Iraq si è conclusa per bocca di Bush jr. il 2 maggio. Obiettivi: la cattura del dittatore iracheno Saddam Hussein e l?introduzione della democrazia. Saddam da allora è sparito, e la libertà in Iraq ha, almeno per ora, il solo sapore della libertà di uccidere, truffare, rapire e rapinare. Sono oltre 70 gli attacchi a operatori Onu, umanitari e organizzazioni non governative, con 30 morti. Qualche settimana fa, un nostro editorialista, Sandro Calvani, ha fatto questa domanda impertinente: “Con il costo di un solo anno di guerra, o pace armata, in Iraq (50 miliardi di dollari) si potrebbero pagare un milione di borse di studio da 50mila dollari l?una presso le università americane o europee e così formare un milione di giovani iracheni ai valori della democrazia. Che effetto farebbero un milione di laureati iracheni che tornano a casa a governare il Paese al posto di 140mila soldati Usa?”.


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