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Se 80 morti vi sembran pochi: il Tour de France non si ferma per la strage

Il cinismo ha preso in ostaggio lo sport che è fatto di passione collettiva, di festa ma anche di lutto. Nel giorno che ha sconvolto la vita di decine di famiglie, lasciando sgomenti i cittadini di tutta Europa gli organizzatori del business del Tour de France hanno deciso che un minuto di silenzio a fine corsa può bastare per gli 80 morti di ieri sera e le loro famiglie

di Marco Dotti

C'è stato un tempo in cui lo sport si legava a un respiro comune, a un comune sentire. Talvolta riusciva persino ad andare al cuore della gente. Accadeva col ciclismo, sport popolare per eccellenza. Poi qualcosa è successo, ma cosa di preciso non sappiamo dirlo. «Business is business», «the show must go on»: tutto vero, scontato, persino ovvio. Resta un fatto: oggi nessuno ha pensato di fermare lo show (o il business) del Tour de France. Dopo la tragedia di Nizza sarebbe stato come minimo un gesto di rispetto, fra i tanti dovuti e i tantissimi non dovuti ma doverosi. Invece niente. Le sponsorizzazioni, le dirette via cavo, i regolamenti cavillosi… Tutto conta, fuorché l'uomo.


«La sicurezza dei corridori sarà garantita e al termine e all'inzio della tappa sarà osservato un minuto di silenzio per le vittime» hanno comunicato gli organizzatori. «Business is business», dicevamo. Ma forse non è nemmeno business, forse siamo già oltre. In territori molto prossimi al cinismo, probabilmente.

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