Mondo

Scuole e strade, l’America made in usa di Obama

Che cosa prevede lo "stimulus package" del nuovo presidente

di Alessandra Marseglia

La Casa Bianca ha deciso di quasi triplicare gli stanziamenti per l’istruzione. E mette 100 miliardi sulle infrastrutture.
Ma con imprese a stelle e strisce… Strade, scuole, sanità: riparte da qui la presidenza Obama, per rimettere insieme i pezzi di un’America travolta dal ciclone della crisi economica. A poco più di due settimane dal suo insediamento e dopo una serie di importanti misure già prese (dalla sospensione dei processi di Guantanamo all’invio di nuovi osservatori in Israele e Palestina, dal tetto alle emissioni delle automobili al messaggio ai musulmani), Obama affida le speranze della sua presidenza ad uno “stimulus package” da oltre 800 miliardi di dollari che promette di rilanciare l’economia ma anche di dare sollievo a chi è in difficoltà.

Lo “stimulus package”
A dispetto della politica degli ultimi 25 anni e a costo di attirarsi le critiche e il voto contrario di repubblicani e perfino di democratici, l’amministrazione Obama ha infatti messo a punto una serie di misure economiche in pieno stile Welfare State. L’architrave dello “stimulus package” da 825 miliardi consiste essenzialmente in due misure: un taglio delle tasse per 275 miliardi di dollari (140 miliardi dei quali alla working class, circa mille dollari a famiglia) che dovrebbe stimolare l’acquisto da parte dei cittadini americani; e una spesa viva da parte del governo federale che supera i 550 miliardi e che si concentrerà in nuovi progetti soprattutto nel campo di infrastrutture, educazione, sanità.
Come prevedibile, se la prima parte dello “stimulus package” ha trovato molte voci favorevoli sia tra gli economisti che tra i politici, la seconda ha già generato non pochi dissapori. I repubblicani, che minacciano di non far passare la legge in Senato, lamentano una crescita eccessiva della spesa pubblica. Ma se da un lato Obama cerca l’appoggio bipartisan, dall’altro fa la voce grossa e richiama il Congresso alla responsabilità: la crisi economica minaccia di generare un’ondata di 10 milioni di nuovi poveri, rimasti senza paracadute visto che molti Stati hanno già tagliato drasticamente i fondi per il sociale. Se lo “stimulus package” dovesse passare senza profonde modifiche, il presidente potrebbe dire di aver compiuto una prima “rivoluzione silenziosa” in tema di sanità. Dopo aver approvato proprio nei giorni scorsi la copertura per quattro milioni di bambini (su cui Bush per due volte aveva posto il veto), la nuova amministrazione inserisce ora nello “stimulus package” altri 127 miliardi di dollari per l’health care; 100 miliardi di questi saranno usati per incrementare i fondi a Medicaid, il programma di assicurazione sanitaria per le famiglie meno abbienti, che amplierà temporaneamente il numero degli assistiti per coprire i milioni di cittadini e loro famiglie che hanno perso il lavoro.

Il Cobra per i disoccupati
Per i disoccupati, oltre 11 milioni a fine gennaio, Obama ha anche ripristinato il Cobra – Consolidated Omnibus Budget Reconciliation Act, che consente ai lavoratori di mantenere l’assicurazione sanitaria anche dopo il licenziamento, a prezzi agevolati fino ad un massimo di 18 mesi. Il Cobra è in realtà una legge del 1986 che oggi tuttavia, a causa del taglio dei fondi pubblici, carica il lavoratore disoccupato dell’intera spesa; nel piano di Obama il governo contribuirà invece per il 65%, diminuendo così le possibilità che la nuova ondata di licenziamenti allunghi la lista dei 50 milioni di americani ad oggi senza assicurazione medica. «Piove denaro dal cielo», ha commentato con disappunto il senatore repubblicano Michael C. Burgess, dando voce alla paura diffusa tra i suoi compagni di partito che questo sia un primo passo verso la sanità pubblica per tutti. E potrebbe non sbagliarsi. Dopo il fallimento del progetto di “universal health care” di Hillary Clinton negli anni 90, questo “stimulus package” appare come la premessa per un piano se non universale per lo meno molto esteso di sanità pagata dallo Stato.

La scuola in cantiere
Accanto all’health care, l’intervento finanziario proposto da Obama non lesina investimenti anche nel sistema scolastico pubblico. Accusato di inefficienza e fatiscenza delle strutture ormai da anni, beneficerà di un budget di 150 miliardi di dollari, più del doppio rispetto agli attuali 60. Da anni il governo federale americano aveva abdicato a contribuire alla spesa scolastica: solo il 9% del denaro necessario a mantenere le oltre 15mila scuole e università d’America proveniva infatti da Washington DC. Questo nuovo provvedimento, considerato dai repubblicani un “rimborso spese” al sindacato degli insegnanti che in campagna elettorale ha fortemente sostenuto Obama, inverte decisamente gli equilibri.
All’ormai obsoleto sistema di strade, ponti e gallerie, il piano di Obama dedica quasi 100 miliardi di dollari; per rendere più efficiente la misura, c’è anche l’ipotesi di imporre alle imprese che realizzeranno i lavori il solo uso di prodotti “made in Usa” ma, come prevedibile, Obama si è già scontrato con le accuse di protezionismo da parte di Europa e Asia. Altri 32 miliardi di dollari sono poi destinati migliorare l’efficienza della rete energetica americana e 16 sono invece per estendere la banda larga.


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