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Scuole e contagi, finalmente il report di monitoraggio

Pubblicato l'atteso report dell'ISS sull'impatto delle scuole. «Pur con le scuole del primo ciclo sempre in presenza, salvo che su alcuni territori regionali, la curva epidemica mostra a partire da metà novembre un decremento, evidenziando un impatto sicuramente limitato dell’apertura delle scuole del primo ciclo sull’andamento dei contagi. Le riaperture scolastiche pur contribuendo ad aumentare l’incidenza di COVID-19, causano incrementi contenuti che non provocano una crescita epidemica diffusa»

di Redazione

L’ISS ha pubblicato oggi il tanto atteso rapporto sul nesso fra apertura delle scuole e contagi, aggiornato al 30 dicembre. Il titolo è didascalico, Apertura delle scuole e andamento dei casi confermati di SARS-CoV-2: la situazione in Italia, per un documento di una quarantina di pagine così sintetizzato: «La riapertura delle scuole avvenuta nel mese di settembre 2020 ha sollevato dal punto di vista epidemiologico numerose domande sul suo possibile ruolo nell’aumento del rischio di circolazione del virus nella comunità. Per rispondere a queste domande, questo breve rapporto analizza l’andamento epidemiologico nazionale e regionale dei casi di COVID-19 in età scolare (3-18 anni) nel periodo compreso tra il 24 agosto e il 27 dicembre 2020 e descrive le evidenze attualmente disponibili sull'impatto della chiusura / riapertura della scuola sulla trasmissione di COVID-19 a livello di comunità».

Proprio quello che tutti attendevamo, alla vigilia del rientro a scuola dopo le vacanze natalizie e del tanto atteso ritorno in classe dei ragazzi delle superiori, in DAD in tutta Italia da inizio novembre: un rientro già contornato da polemiche (ogni volta vhe c’è una data e un accordo, all’ultimo si rinvia), da ritrattazioni e da una petizione lanciata dall'Unione Nazionale Sindacale Imprenditori e Coltivatori (sì, avete letto giusto) che ha raccolto in poche ore 148mila firme.

Innanzitutto, la letteratura. Sintetizzata così: «Il tracciamento dei contatti nelle scuole e altri dati osservazionali, provenienti da un certo numero di Paesi UE, suggeriscono che la riapertura delle scuole non sia associabile a un significativo aumento della trasmissione nella comunità, sebbene esistano evidenze contrastanti circa l’impatto della chiusura/riapertura della scuola sulla diffusione dell’infezione. Inoltre, una revisione, effettuata dall’ECDC, di alcuni studi sieroepidemiologici condotti al luglio 2020 su bambini e adolescenti e sulla popolazione generale, evidenzia che la sieroprevalenza è leggermente inferiore nei bambini e negli adolescenti che negli adulti (20-55 anni) nei Paesi membri dell’UE/SEE e in Svizzera (tranne che in Svezia, dove non si sono evidenziate differenze tra i minori di 19 anni e gli adulti in età lavorativa). Un’indagine condotta nei 31 Paesi dell’UE/SEE mostra che in molti dei 15 Paesi rispondenti sono stati identificati cluster nelle strutture educative, ma limitati in numero e dimensioni. Diversi Paesi, in particolare, hanno affermato di non avere alcuna evidenza che le strutture scolastiche abbiano svolto un ruolo significativo nella trasmissione di COVID-19. Inoltre, i Paesi in cui le scuole erano state riaperte al momento dell’indagine non hanno riscontrato un aumento di casi in ambito scolastico».

Quindi la sorveglianza nazionale integrata COVID-19 nel periodo fine agosto – fine dicembre.

Di quante persone stiamo parlando? La popolazione in età scolare compresa tra 3 e 18 anni ammonta ad un totale di circa 8.900.000 soggetti, circa il 15% della popolazione totale. Tra i minori, i pazienti asintomatici e paucisintomatici rappresentavano rispettivamente il 71,2% e l’8,4% dei casi di COVID-19, i bambini con infezione lieve rappresentavano il 18,5% della popolazione pediatrica; i soggetti con infezione grave o critica il 2%. Il tasso di ospedalizzazione nella popolazione in età scolare è stato dello 0,7% a fronte dell’8,3% nel resto della popolazione (ma nella fascia 0-3 anni il tasso di ospedalizzazione è pari al 6,2%).

Nella fase di transizione dell’epidemia la distribuzione dei casi pediatrici diagnosticati tra le fasce di età era simile a quella osservata nella fase di lockdown, ma è diminuito il numero dei ricoveri e la severità dei casi, mentre è aumentato il numero dei pazienti diagnosticati quando asintomatici. Tra il 24 agosto e il 27 dicembre sono stati diagnosticati in Italia come positivi per SARS-CoV-2 1.783.418 casi, di cui 203.350 (11%) in età scolare (3-18 anni). La percentuale dei casi in bambini e adolescenti è aumentata dal 21 settembre al 26 ottobre (con un picco del 16% nella settimana dal 12 al 18 ottobre) per poi tornare ai livelli precedenti.

La maggior parte dei casi in età scolare (40%) si è verificata negli adolescenti di età compresa tra 14 e 18 anni, seguiti dai bambini delle scuole primarie di 6-10 anni (27%), dai ragazzi delle scuole medie di 11-13 anni (23%) e dai bambini delle scuole per l’infanzia di 3-5 anni (10%). Da metà settembre (riapertura delle scuole 14-24 settembre), si è osservato un aumento progressivo dei casi giornalieri diagnosticati in bambini e adolescenti dai 3 ai 18 anni di età, che ha raggiunto la fase di picco dal 3 al 6 novembre (oltre 4000 casi). Successivamente la curva ha iniziato progressivamente a scendere, con un andamento simile a quello della popolazione generale.

Nel periodo 31 agosto – 27 dicembre 2020, il sistema di monitoraggio ha rilevato 3.173 focolai in ambito scolastico, che rappresentano il 2% del totale dei focolai segnalati a livello nazionale.

Nel periodo 31 agosto – 27 dicembre 2020, il sistema di monitoraggio ha rilevato 3.173 focolai in ambito scolastico, che rappresentano il 2% del totale dei focolai segnalati a livello nazionale. Se si considera l’andamento settimanale c’è stato un progressivo aumento dei focolai con un picco nelle settimane dal 5 al 25 ottobre. Il report precisa tuttavia che «il numero di focolai scolastici è sottostimato e alcune regioni (Basilicata, Campania, Liguria, Molise, Sardegna, Valle d’Aosta) non sono state in grado di riportare l’informazione relativa al setting in cui si sono verificati i focolai».

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Conclusioni? «Dopo la riapertura delle scuole, nel mese di settembre 2020, l’andamento dei casi di COVID-19 nella popolazione in età scolastica ha seguito quello della popolazione adulta, rendendo difficile identificare l’effetto sull’epidemia del ritorno all’attività didattica in presenza. Quello che si può notare è che pur con le scuole del primo ciclo sempre in presenza, salvo che su alcuni territori regionali, la curva epidemica mostra a partire da metà novembre un decremento evidenziando un impatto sicuramente limitato dell’apertura delle scuole del primo ciclo sull’andamento dei contagi. L’incidenza giornaliera è risultata sovrapponibile fino al 20 ottobre per poi aumentare nelle persone non in età scolare rispetto a quelle in età scolare. Inoltre, la percentuale dei focolai in ambito scolastico si è mantenuta sempre bassa e le scuole non rappresentano i primi tre contesti di trasmissione in Italia, che sono nell’ordine il contesto familiare/domiciliare, sanitario assistenziale e lavorativo. A metà ottobre, ad un mese dalla riapertura delle scuole, la percentuale dei focolai in cui la trasmissione poteva essere avvenuta in ambito scolastico era intorno al 3,7% del totale, valore che poi si è progressivamente ridotto».

Le scuole non rappresentano i primi tre contesti di trasmissione in Italia, che sono nell’ordine il contesto familiare/domiciliare, sanitario assistenziale e lavorativo.

«Allo stato attuale delle conoscenze le scuole sembrano essere ambienti relativamente sicuri, purché si continui ad adottare una serie di precauzioni ormai consolidate quali indossare la mascherina, lavarsi le mani, ventilare le aule, e si ritiene che il loro ruolo nell’accelerare la trasmissione del coronavirus in Europa sia limitato. L’esperienza di altri Paesi, inoltre, mostra che il mantenimento di un’istruzione scolastica in presenza dipende dal successo delle misure preventive adottate nella comunità più ampia. Quando sono in atto e ampiamente seguite misure di mitigazione sia a scuola che a livello di comunità, le riaperture scolastiche pur contribuendo ad aumentare l’incidenza di COVID-19, causano incrementi contenuti che non provocano una crescita epidemica diffusa».

Photo by Prasesh Shiwakoti (Lomash) on Unsplash

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