Sostenibilità

Scuola senza geografia, umanità senza bussola

La vera geografia è umana e culturale, e non prescinde dalla storia anzi, aiuta a capire l’umanità. di Chiara Sirna

di Redazione

Parla con la saggezza e il sapere di chi ha dedicato una vita a studiare e analizzare il mondo, o «il globo», come direbbe lui. E con fervore invoca il ritorno a una geografia in senso lato: umanistica, che sappia scavare nelle radici storiche, culturali, artistiche e ambientali dell?umanità e dei suoi luoghi. Così, con il suo ultimo libro edito da Einaudi, Geografia. Un?introduzione ai modelli del mondo, Franco Farinelli, docente di Geografia della comunicazione all?università di Bologna, rivoluziona la percezione e concezione cartografica della terra.
Ecomondo: In passato la geografia si studiava, se pur in maniera nozionistica. Ora invece è scomparsa dai programmi scolastici e la si trova soltanto in ambito universitario.
Farinelli: Ha colto una tendenza disastrosa, che fa del sistema scolastico italiano un?eccezione rispetto a quello europeo. Proprio nel momento in cui c?è un disperato bisogno di nuovi modelli del mondo per capirne il funzionamento, si abbandona la geografia.
Ecomondo: Studiarla aiuterebbe a interpretare il mondo?
Farinelli: Lei ha in mente il geografo del Piccolo Principe?
Ecomondo: Vagamente.
Farinelli: Il piccolo principe chiede a un geografo se sia colui che conosce fiumi e montagne, e il geografo risponde di no. Dice di essere colui che legge le cronache degli esploratori giudicandone l?attendibilità. Sapere dove stanno le montagne non conta. Pensi che a nessuno importava prima del ?700. Sono entrate nella cultura quando si è trattato di superarle con un sistema di trasporti. La geografia crea nuovi modelli che mettano in crisi quelli esistenti basati sullo spazio e sul tempo. È un modo per fare i conti con le cose.
Ecomondo: A quali coordinate bisogna affidarsi allora?
Farinelli: Se non c?è più lo spazio, ci sono però i luoghi per comprendere il mondo. Bisogna tornare a una concezione medievale. Aristotele concepiva l?universo come luoghi, e tutti furono costretti a riconoscere tante parti, ognuna con la sua storia, cultura, memoria, arte, valore. Oggi noi ci troviamo a riscoprire brutalmente queste cose. Le culture sono irriducibili e la lontananza o la vicinanza, dunque lo spazio, non contano niente. Erodoto, nel V secolo avanti Cristo, identificò i barbari sulla base della lontananza dalla Grecia. Bene, non è più così. Oggi sviluppo e cambiamenti non viaggiano più secondo distanza e tempo. Ci sono meccanismi nuovi e ancora da individuare.
Ecomondo: E come si fa?
Farinelli: È necessario reintrodurre la geografia in forma articolata, come sapere multiforme, e codificare nuovi modelli. Pensi all?Iraq. È uno spazio, ma andare a scomporre le singole e numerosissime culture locali e le relazioni tra loro vuol dire superare il modello spaziale.
Ecomondo: Ma allora la nuova base della geografia dev?essere umanistica? Si tratta di andare a fondo delle radici proprie di un luogo e della sua popolazione?
Farinelli: Esatto. La geografia dev?essere umana, culturale, umanistica. Pensi alla fatica dell?Unione europea nel mettere a punto politiche che noi sbrigativamente chiamiamo dell?immigrazione. E perché? Perché la nostra cultura ha problemi ad accettare che un soggetto si sposti. La storia della geografia umanistica invece può spiegarlo, perché non prescinde dalla storia dell?uomo. Tutto il sapere occidentale è geografico per costituzione. Lo diceva anche Strabone all?inizio dell?era volgare: nell?elenco dei geografi venuti prima di lui aveva messo tutti i presocratici.
Ecomondo: Ma come si fa inserire nelle scuole l?analisi geografica del sapere?
Farinelli: Mi chiede i termini di una politica. Non dipende da me. L?unico appunto che posso fare è che i geografi forse sono un po? timidi. Bisogna riscrivere i programmi della geografia in relazione con gli altri saperi. E purtroppo i nostri studenti, lo dico con rammarico, sono poco critici e nozionistici.
Ecomondo: La geografia aiuterebbe a capire anche le dinamiche ambientali?
Farinelli: Certo, a patto che non si assuma come modello del mondo una mappa, come è stato fatto finora, bensì un globo. Se prendiamo il globo come riferimento vuol dire che dal punto di vista ambientale non ci sono confini possibili. Bisogna saper costruire la complessità dei processi in un?ottica di globalità. Lo dicevano i geografi tedeschi del secolo scorso, che hanno distrutto la cartografia.
Ecomondo: Ciò vuol dire che ogni cosa si ripercuote sull?intero sistema globo?
Farinelli: Proprio così.
Ecomondo: Come si legge allora lo tsunami in termini geografici?
Farinelli: È la prima catastrofe globale. Ci ha messo di fronte all?evidenza che la terra non è una mappa, non ha una superficie, ma una profondità. E si muove.

Tra Bologna e Berkley
Franco Farinelli si è laureato nel 71 in Lettere con una tesi sui villaggi fortificati del deserto iraniano. Poi è diventato specialista in strutture agrarie dell?India settentrionale. Oggi insegna Geografia della comunicazione all?università di Bologna ed è presidente del corso di laurea in Scienze geografiche. Ha insegnato per anni Epistemologia della geografia all?università di Ginevra ed è stato docente di organizzazione territoriale al Nordic institute for Urban and regional planning di Stoccolma. Attualmente è visiting professor all?università della California e insegna Geografia politica avanzata a Berkley. Si occupa in particolare di analisi dei sistemi spaziali, geografia culturale e geografia della comunicazione. Molte delle sue pubblicazioni sono state tradotte all?estero.

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