Formazione
Scuola, partenza a handicap
Primo giorno di lezioni fra proteste e preoccupazioni
In un mondo ancora dominato dal ricordo dell’11 settembre e dalla crisi economica e monetaria, fatica a trovare spazio un altro tema, che invece riguarda quasi tutte le famiglie italiane: la scuola. Il primo giorno del nuovo anno scolastico viene comunque trattato dai quotidiani del lunedì con una certa evidenza e noi abbiamo scelto proprio questo argomento per la nostra rassegna.
- In rassegna stampa anche:
- UNDICI SETTEMBRE
- IMPRESA SOCIALE
- FORMAZIONE
- LAVORO
- SHIBARI
“Dialogo sulla scuola che insegna a vivere” è il titolo a una colonna di spalla nella prima del CORRIERE DELLA SERA, ovvero il dialogo fra un professore e uno studente, Cesare Segre e Irene Gianotti. Le due lettere aperte si possono leggere alle pagine 20 e 21, dedicate dal quotidiano al primo giorno di scuola. Ma partiamo dalle notizie. “Borse di studio e test, la nuova scuola” è il titolo che apre l’approfondimento. Scrive Lorenzo Salvia: “La nuova organizzazione delle superiori — con il liceo musicale e lo scientifico senza il latino — viene estesa anche al secondo anno, come previsto. Ci sarà un esame in più, volontario, dopo la maturità per vincere delle borse di studio che consentiranno di frequentare un’università lontano da casa e saranno assegnate solo sulla base del merito, senza far differenza tra ricchi e poveri (almeno a guardare le dichiarazione dei redditi delle famiglie di provenienza). Vengono estesi anche alla Maturità, in forma sperimentale, i test Invalsi, quelli uguali per tutti e contestati l’anno scorso da una parte degli studenti e degli insegnanti. Resta uguale, invece, l’esame di terza media che pure attende da anni una semplificazione, visto che ormai ha più prove della Maturità. E restano uguali, purtroppo, anche i problemi che accompagnano da sempre la riapertura delle scuole e che negli ultimi anni, dopo i tagli decisi nel 2008, sono diventati sempre più evidenti: classe affollate, tempo pieno che non basta mai, insegnanti che mancano (anche se quest’anno c’è stata la stabilizzazione record di 66 mila persone), perché proprio adesso scatta la terza tranche dei tagli previsti dalla prima Finanziaria del governo Berlusconi. Già per oggi si annunciano le prime proteste”. Ma è soprattutto una bella infografica a dare la dimensione dei problemi. Le cifre essenziali: 7.830.650 alunni iscritti, curiosamente si equivalgono (circa 2,5 milioni a testa) gli iscritti alla scuola primaria e quelli delle superiori (secondarie di secondo grado), mentre si fermano a 1,7 milioni gli studenti delle medie (secondarie di primo grado). Poche le novità sostanziali, più concrete le tabelle sui problemi aperti. Assunti 66 mila precari (ma restano da coprire ancora 35 mila posti); Graduatorie dei supplenti (in alcuni casi disponibili soltanto a dicembre); Aumentano i disabili (gli insegnanti di sostegno restano pochi); La media di 22 ragazzi (ma le classi pollaio sono sempre di più). E veniamo alle due lettere aperte affiancate. Cesare Segre: “Cari studenti, sui banchi imparate la ricchezza delle differenze”. Scrive il docente: “La vostra fortuna nel futuro può essere maggiore o minore; ma voi potrete sempre, se trarrete profitto dagli anni di scuola, ricorrere al tesoro costituito dall’acquisita capacità di comprendere i fatti e di saper riflettere sulla realtà. Poi, la “società degli studi” dovrebbe fornirvi non solo conoscenze, ma anche strumenti per l’interpretazione, persino la capacità di apprezzare la bellezza e la sensibilità per l’equilibrio del nostro ecosistema. Leggendo un libro — è vitale continuare a farlo — penserete con gratitudine a chi vi ha insegnato a leggere e capire; vedendo una pittura o un edificio, sarete in grado di apprezzarne le qualità. Avrete sempre maggiori curiosità per il mondo che vi circonda. Imparare è un piacere, ma è anche una fatica. Pedagoghi troppo indulgenti hanno cercato di trasformare questa fatica in divertimento, o di alleggerirla. Ma c’è poco da fare. Perché le nuove conoscenze entrino nelle nostre teste, è necessario un impegno, dunque uno sforzo; solo poi, una volta assimilate queste conoscenze, sentiamo il sollievo, anzi la gioia di chi ha fatto una conquista”. Risponde la studentessa, Irene Gianotti, V B del Classico Tito Livio di Milano: “Cari prof, troppo distacco tra i manuali e il mondo fuori dall’aula” che così conclude: “Alla fine di quest’anno dirò arrivederci ai miei compagni di Quinta B … Dieci maschi e diciotto femmine: due o tre faranno giurisprudenza, molti, ho sentito, tenteranno di entrare a medicina, uno a lettere moderne, un paio faranno i test per la facoltà di economia e commercio, io forse mi iscriverò ad architettura. Come vedete, sono scelte molto diverse. Una cosa ci accomuna: il futuro incerto. Negli anni Settanta, quando i nostri genitori uscivano dalla scuola secondaria, non avevano questo tipo di angoscia. Chi andava a lavorare subito, chi si iscriveva all’università, nella certezza che avrebbe trovato un posto di lavoro. Oggi in Italia non è più così. E questa, forse, è la nostra preoccupazione più grande. Un’angoscia che non pretende risposte certe al mille per mille, ma almeno un quadro più solido entro il quale muoversi. Come avviene all’estero”.
LA REPUBBLICA apre sull’11 settembre (“America, il dolore e la speranza”) e riserva per l’avvio dell’anno scolastico una pagina interna, la 22. Con un titolo che non lascia dubbi: “Scuola al via con i fondi dimezzati”. Nel giorno in cui 4 milioni di ragazzi rientrano in classe, Salvo Intravaia spiega che le già esigue dotazioni degli istituti sono state falcidiate dal maxi-taglio del 38%: rete e Unione degli studenti medi in mattinata daranno vita a volantinaggi e flash mob davanti alle scuole. Alle 15 in 30 città e davanti al ministero dell’Istruzione è prevista una manifestazione con pentole, cucchiai e coperchi. Di fronte ai tagli i presidi chiedono fondi alle famiglie, ancora una volta in prima linea… «Dal 2001 il finanziamento pubblico si è assottigliato del 71%: erano 521 i miliardi di lire, pari a 269 milioni di euro… Per il 2011 sono previsti poco meno di 79 milioni». La Corte dei conti trova odioso il ricorso ai contributi familiari, la Gelmini pure (sic!) ma, conclude Intravaia, «sbirciando tra i bilanci di previsione 2011 si scopre che in parecchi casi i “finanziamenti dello stato” saranno inferiori ai “contributi volontari” versati dai genitori».
Comincia la scuola e cominciano le polemiche. “Auguri agli alunni (ma non delle provate), questo è il titolo che IL GIORNALE nella sezione Milano dedica all’apertura delle scuole lombarde. Un riferimento alla lettera che il sindaco di Milano Giuliano Pisapia ha mandato a tutti gli studenti milanesi per l’apertura dell’anno scolastico. Una pagina che veleggia tra l’amarcord (il primo giorno di scuola come “un ricordo che negli anni ci riempie di tenerezza e affetto”) e la dichiarazione d’intenti («penso sia compito di tutte le istituzioni sia di impegnarsi con forza perché la scuola funzioni al meglio») ma che mette in chiaro l’idea di Pisapia sulla scuola. Una visione più chiara in due passaggi «Un nostro preciso dovere lavorare perché l’istruzione pubblica possa darvi una formazione moderna e completa» e nella citazione dell’articolo 33 della Costituzione in cui si parla del diritto degli enti privati di costituire scuole «senza oneri per lo Stato». Un accento quello sul carattere pubblico della scuola che a dato il via alla polemica con una pagina intera, la 3 de “Il Giornale Milano” dedicata alle reazioni alla lettera del sindaco. Tra cui spicca quella di Mariolina Moioli ex assessore alle Politiche sociali della giunta Moratti che definisce la posizione di Pisapia «ideologica» e auspica con ironia un aiuto alla famiglie al posto dell’augurio «se vuole fare gli auguri bene, ma quel che si attende da un sindaco è un altro: il suo augurio sarebbe aiutare le famiglie». A metà pagina intervista al governatore della Lombardia Roberto Formigoni che commenta le parole di Pisapia. “Gli istituti privati fanno risparmiare lo Stato” è il titolo. Un pezzo in cui l’esponente Pdl puntualizza sull’articolo 33 citato dal primo cittadino milanese («lo Stato non è obbligato a finanziare ma non c’è un divieto») e spiega come non esista alcuna priorità di finanziamento per gli istituti pubblici, ricordando come se tutti i bambini che hanno scelto le scuole private si presentassero insieme a quelle pubbliche «lo Stato subirebbe un tracollo».
“Ritorno in classe per 8 milioni di studenti” titola LA STAMPA in prima richiamando due editoriali oltre a un servizio a pagina 17. In un corsivo, Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli, solleva il caso insegnanti di sostegno e integrazione degli alunni disabili, a partire dal “caso” scoppiato a Torino pochi giorni fa: al momento delle assegnazioni di circa 300 posti di sostegno si è scoperto che oltre due terzi erano stati attribuiti a docenti “soprannumerari”, ovvero insegnanti curriculari di ruolo che non potevano insegnare la loro materia a causa della riduzione del monte ore, della diminuzione delle classi o dell’arrivo di un collega con più anzianità di servizio. «L’idea di assegnare il sostegno a docenti senza una preparazione specifica è sbagliata, doppiamente sbagliata» scrive Gavosto, che propone di tornare allo spirito della legge per l’integrazione degli alunni con bisogni speciali puntando sulla formazione di tutti gli insegnanti, supportati sul territorio da nuclei di esperti altamente specializzati nella pedagogia speciale. «Bisogna partire subito», conclude l’editoriale, «prima che il modello di integrazione collassi, soffocato dall’effetto congiunto di risorse in calo e aumento degli allievi con bisogni educativi speciali».
E inoltre sui giornali di oggi:
UNDICI SETTEMBRE
LA REPUBBLICA – Molte pagine dedicate al decennale. Tra i servizi un bell’articolo di Federico Rampini: “Il miracolo di Manhattan il ricordo unisce Bush e Obama sul palco dieci anni di storia”. Low profile per i due presidenti: poche parole, per entrambi citazioni da testi religiosi, per la prima volta fianco a fianco. Tra i deu però sottolinea Rampini non solo discontinuità sul piano della politica internazionale e dell’economia: «È Bush a lasciare in eredità a Obama la recessione più grande dopo la Grande Depressione, ma è grazie all’appoggio decisivo del candidato democratico non ancora eletto che Bush riesce a varare il 3 ottobre 2008 il maxipiano di salvataggio delle banche… osteggiato dal suo stesso partito».
IMPRESA SOCIALE
IL SOLE 24 ORE – Anche l’impresa sociale, che pure è il segmento più dinamico del mondo non profit, perde quota sotto i colpi della crisi. I ritardi nei pagamenti da parte degli enti pubblici per le attività svolte in convenzione, le difficoltà finanziarie e le minori partnership con le aziende stanno mettendo alle corde questa tipologia di imprese, disciplinate da una legislazione ad hoc e vincolate a precisi ambiti di attività di interesse collettivo. Lo scrive Elio Silva sul quotidiano di Confindustria e lo certifica il rapporto annuale Isnet alla vigilia del workshop nazionale di Riva del Garda in programma per giovedì 15 settembre. «In base ai dati dell’Osservatorio Isnet si osserva che dal 2007, anno di prima rilevazione, la quota di organizzazioni in difficoltà è aumentata del 24% (dal 15 al 39%), mentre le realtà che si dichiarano in crescita sono diminuite di 19 punti (al 25% dall’iniziale 44%). Tra gli enti che, già nel 2010, erano in difficoltà, ben il 55,1% afferma che l’anno in corso è peggiore. Complessivamente la quota di imprese sociali alle corde tocca il 39,8 per cento, il valore più alto mai registrato».
FORMAZIONE
ITALIA OGGI – Un’inchiesta a pag 52 e 53 anticipa un’indagine dell’Isfol, che mette in luce un dato non incoraggiante sul tema dell’ e-learning: solo il 2,7% dei lavoratori ha partecipato a corsi online offerti dalla propria azienda e durante l’orario di lavoro. «La maggioranza di loro» si legge nel pezzo “Formazione ondine a doppia velocità” «è stato costretto a cercarlo e, in alcuni casi, a pagarlo di tasca propria». Le criticità dei corsi on line, corsi abilitanti, diplomi di specializzazione e corsi di perfezionamenti, sono affrontati nel pezzo “Il flop delle università”. «Basta essere un ente accreditato dal ministero dell’università» sostiene l’articolo «per far partire l’affare dei corsi telematica. Gli atenei on line sono diventati un facile e comodo sistema per ottenere a caro prezzo e con il minimo sforzo, una laurea a tempi di record. Collezionando un credito formativo dopo l’altro fino alla aspirata carica di dottore». Se sono i soldi che un futuro laureato cerca, il pezzo “Infermieri vincenti” pubblica la classifica dei dieci mestieri del futuro. Il mestiere più remunerato è quello dell’infermiere. Seguono i contabili e i consulenti d’affari. La decima posizione è quella del consulente finanziario.
LAVORO
LA STAMPA – “Basta precari. Lo sviluppo guardi all’uomo”. In visita ieri ad Ancona ieri il Papa ha condannato duramente lo sfruttamento dei lavoratori e il precariato, scandendo: «Hanno dato agli uomini pietre al posto di pane». Benedetto XVI ha pranzato con i poveri della Caritas e una rappresentanza di operai in cassa integrazione, fra cui un gruppo di Fincantieri e uno di Merloni. A lungo e fuori programma, ha ascoltato e incoraggiato gli operai che hanno perso il posto di lavoro, scrive l’inviato de LA STAMPA. Nella visione espressa ieri dal Papa, serve un modello di sviluppo per restituire dignità al lavoro e superare il precariato, e la vita economica deve essere un esercizio di responsabilità umana piuttosto che una spirale di produzione e consumo che schiaccia le persone.
SHIBARI
CORRIERE DELLA SERA – Due pagine (22 e 23) anche oggi dedicate al caso della ragazza uccisa dal gioco erotico in uno squallido garage di Roma. Interessanti le ragioni di chi si dedica a sesso estremo, di mal digerita provenienza orientale. La tendenza è quella di considerare “un errore”, quasi una fatalità, la morte della ragazza per soffocamento. Lucido il commento di Paolo Di Stefano: “Doppie vite da legatori e soprannomi esagerati. Lo shibari in salsa italiana”. Scrive: “No, no, un vano caldaia in via di Settebagni, tra tubature, manopole, idrometri, idranti e cavi: pare che la «comunità» bondage della Capitale frequenti un «giro di garage». Il massimo per concedersi al Breath play ovvero al gioco del respiro, un meccanismo tra l’altalena e l’ascensore con strangolamento fino al piacere (ma non oltre, di solito) e che, attenzione!, non è proprio il bondage e non è neanche esattamente lo shibari, precisano i filologi bizantinisti della disciplina.
Il tutto, fondato su princìpi di raffinata filosofia esistenziale, tipo «l’esigenza diffusa di sublimare i sensi, di liberare la mente, di evadere dalle ansie della vita quotidiana» oppure «la necessità di stimolare la fantasia per provare sensazioni molto intriganti», è ciò che viene insegnato nei corsi di sesso estremo, pare sempre più numerosi negli ultimi tempi, dove si può accedere, ovviamente, dopo una rigorosissima selezione. Un che di ridicolo, diciamolo, se non fosse tragico: compresa la solidarietà che il Salvatore sta raccogliendo in queste ore su Facebook e comprese le dichiarazioni di rito degli amici, dei colleghi e dei conoscenti: «Un professionista esemplare», ovvio”.
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