Formazione
Scuola, l’hardware e il software del futuro
Interventi di edilizia scolastica e progetti per le scuole aperte sono due binari paralleli per costruire una scuola in grado di vincere la sfida del futuro. Come dice l'architetto Ines Lobo «la scuola è diventata uno spazio chiuso e lontano dalla vita. Ma se non si recupera la scuola come spazio pubblico, l’insegnamento non serve a niente».
La scuola è tornata al centro dell’attenzione pubblica. È un bene ed è una svolta. Investire sulla scuola è tornato ad essere “naturale”, non solo perché la scuola è il nostro futuro, ma anche perché la scuola – e concretamente le oltre 41mila scuole d’Italia – sono la prima e più capillare infrastruttura del Paese.
Il governo di Matteo Renzi ha appena lanciato un grande piano di edilizia scolastica, con l’assegnazione di 36 milioni di euro agli enti locali, attraverso lo strumento dei Fondi immobiliari. Grazie alle somme sbloccate si potranno rigenerare strutture obsolete o costruire nuovi edifici, più sicuri ma anche più al passo con la didattica e le nuove forme di apprendimento. Oltre a questo grande piano, ci sono 7mila interventi che stanno per partire: «Dal primo luglio partiremo con 7.000 interventi. Entro il 2014 ne avvieremo almeno 8.200 e ne stiamo mettendo a punto altri 11.000 per l'inizio del 2015», ha spiegato il sottosegretario Roberto Reggi, che ha la delega all’edilizia scolastica, commentando i dati del Censis (cfr quinto numero del «Diario della transizione»). Si tratta di piccoli interventi di decoro e ripristino funzionale (tinteggiature, ripristino funzionale di impianti idraulici ed elettrici, sistemazione di aree verdi, serramenti e vetri rotti) e di manutenzione straordinaria (secondo il Censis ne ha bisogno il 36% degli edifici scolastici), che si affiancheranno ai 1.266 interventi di ristrutturazioni o nuove costruzioni che partiranno grazie allo sblocco del patto di stabilità.
Questo massiccio investimento di edilizia scolastica, riguarda – potremmo dire con formula sintetica – l’hardware delle scuole. È altrettanto urgente però mettere mano al software, ovvero a ciò che si propone all’interno di questi contenitori. Si tratta di edifici che sono già attrezzati, già in sicurezza (e a maggior ragione lo saranno in futuro, dopo questi investimenti), già riscaldati, ma che nella grandissima maggioranza dei casi sono utilizzati solo per un tempo assolutamente parziale, quello tradizionale delle ore di lezione. Il tempo di utilizzo di questo patrimonio comune potrebbe invece tranquillamente essere raddoppiato se le scuole si aprissero per attività pomeridiane per i ragazzi (sport, corsi di teatro, arricchimento dell’offerta formativa) e serali per gli adulti del quartiere. È il modello delle Scuole Aperte e non è un caso che il Miur abbia immediatamente appoggiato con convinzione l'idea di un Forum Scuole Aperte, di cui il 16 giugno a Milano ci sarà un'anteprima (qui il lancio dell'evento): sono due binari paralleli di un percorso che punta dritto al futuro.
Alcuni esempi? Solo a Torino ci sono oltre 200 cortili scolastici: spazi sono monofunzionali, al servizio di una ricreazione limitatissima nel tempo. Questi cortili potrebbero avere invece sia una funzione potenziale di “aula verde” per gli alunni sia avere una nuova vita nei momenti in cui non ci sono attività didattiche, aprendosi al territorio come veri e propri giardini pubblici per il quartiere. Il Comune di Torino ha sperimentato l’apertura dalle 17,30 alle 20 di sette cortili, un numero piccolissimo, ma la cosa piace. Lo stesso accadrebbe per palestre, auditorium, laboratori… che potrebbero aprirsi ad attività extracurricolari previste dalle 16,30 alle 18 (sport, musica, danza, lingua straniera, teatro…), con costi molto concorrenziali, esperti “selezionati” nel tempo dagli stessi genitori e il vantaggio di avere tutte queste attività all’interno della scuola stessa, con un notevole risparmio in termini di spostamenti in automobile verso palestre e altre strutture (a proposito di inquinamento), senza tempi morti, senza bisogno di genitori e/o accompagnatori in giro per la città, con notevoli facilitazioni in termini di conciliazione famiglia/lavoro.
Ines Lobo, l’architetto portoghese vincitrice dell'arcVision Prize – Women and Architecture, di recente ha detto che «la scuola, per svolgere realmente un ruolo educativo, deve essere uno spazio pubblico. Nella nostra società la scuola ha smesso di essere spazio pubblico, è diventata sempre più uno spazio chiuso e lontano dalla vita: un campus, uno spazio autonomo con regole proprie. Se non si recupera l’idea di una scuola come spazio pubblico, percorso educativo dalla propria casa al mondo, l’insegnamento non serve a niente. La scuola stessa non serve più a niente. E non costruirà persone preparate per il futuro». Ecco. La Scuola Aperta è una risposta alla sfida.
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