Non profit

Scuola, la tragedia e i fondi mai spesi

La tragedia di Torino porta alla ribalta un dato gravissimo

di Franco Bomprezzi

Il crollo nella scuola di Torino ha fatto venire in superficie un dato drammatico: i fondi stanziati in Italia dopo la tragedia di S.Giuliano di Puglia nel 2003 non sono ancora stati spesi. Il ministro  Gelmini chiede più fondi per la manutenzione scolastica, mentre il presidente del consiglio Berlusconi parla di “fatalità”. Ecco come i giornali di oggi approfondiscono l’argomento.

 

 

 

“Scuola, scontro sulla sicurezza”. Il titolo di Repubblica in centro pagina si riferisce alla rabbia dopo la tragedie che è costata la vita a Vito studente liceale. I suoi compagni hanno bloccato il Festival di Torino e il suo direttore, Nanni Moretti, dice: «Li capisco. Anche noi siamo in lutto». Tre pagine di cronaca cominciando con Meo Ponte: “Torino, rabbia dopo il crollo, bloccato il festival del cinema”. Il quale riferisce le reazioni dal vivo e online (una colpisce in particolare: «come possiamo crepare in fabbrica se ci ammazzate prima?»). A far lievitare la rabbia le parole di Berlusconi dall’Aquila («è una drammatica fatalità»). Fra le reazioni quella di Bonanni, Cisl: «bisognerebbe mobilitarsi tutti senza distinzioni politiche e ideologiche. Il sindacato ha più volte denunciato la situazione fatiscente degli edifici scolastici». Raffaele Guariniello, procuratore aggiunto di Torino, ha aperto un fascicolo per disastro colposo e omicidio colposo. Al di là della cronaca (sono 4000 i messaggi online di studenti), Paolo Griseri fa il punto sulla “Sicurezza, l’allarme di Bertolaso «Un istituto su due è a rischio»”. Dice il sottosegretario alla Protezione civile «secondo i nostri calcoli ci vogliono 4 miliardi di euro», ma il paradosso aggiunge è che se anche i soldi ci fossero non si saprebbe come spenderli. Il punto dolente è la burocrazia e cita il caso di San Giuliano (27 bambini morti nel crollo di una scuola). Ci sono voluti 6 anni; i lavori sono partiti a fine 2007. «Più che un unico commissario per le scuole, sarebbe utile che gli assessori regionali ai lavori pubblici venissero nominati responsabili alla sicurezza. Se si individua un responsabile in ogni regione i tempi si accorciano»; l’altro accorgimento: destinare una quota significativa ogni anno per mettere in sicurezza le scuole (al posto dell’unico stanziamento, sul quale poi le discussioni sono infinite). Sono circa 15mila gli istituti che abbisognano di interventi.

Il Corriere della Sera spara in prima la vicenda della scuola dando risalto a Berlusconi che parla di una «fatalità». Scattano subito le polemiche, con affermazioni estreme come quelle di Bonanni («le scuole italiane sono da terzo mondo») e quelle di Pedica dell’Idv che ritiene “il governo responsabile della morte dello studente”. La Gelmini afferma: «Il governo sposti i fondi dalla spesa corrente alla sicurezza». La ministra aveva ricevuto i vertici di Legambiente che le avevano portato il rapporto sulle scuole sicure, discutendone a lungo con loro. Anche i pompieri dicono la loro: le legge sulla messa in sicurezza degli edifici scolatici, approvata dopo la tragedia degli angeli di San Giuliano, è ferma da sei anni.

“Chi balla  sui calcinacci della scuola” è il titolo d’apertura de il Giornale che ospita un’intervista alla Gelmini, che sulla sicurezza afferma: «è una priorità, nessun taglio». Il ministro afferma  di essersi incontrata mesi fa con i responsabili di Legambiente, associazione autrice dell’indagine sullo stato dell’edilizia scolastica. Alla Lega che chiede la creazione di una task force la Gelmini risponde che è già «operativa ed è quella messa in piede con Guido Bertolaso». Anzi il ministro alla domanda “quando ha incontrato i dirigenti scolastici le avevano segnalato qualche situazione a rischio?” «No. Sono stata io a sollevare il tema della sicurezza e a decidere di chiamare Bertolaso». Infine l’annuncio: « A gennaio sarà pronta l’anagrafe degli edifici scolastici, già stanziati 600 milioni di euro e cercherò di convertire alcuni capitoli di bilancio di fondi europei per l’edilizia scolastica». Il direttore del Giornale, Mario Giordano, scrive un lungo editoriale, il titolo chiarisce il suo pensiero “Quelli che non vogliono le riforme e ballano sulle rovine della scuola” . Intervista a Antonio Saitta, presidente della Provincia di Torino che dice «Non è questione solo di fondi, ma di vincoli che impediscono di spendere i soldi. Si era fatto tutto quello che era necessario, è un incidente che non si poteva prevedere».

 

Avvenire di domenica dedica al fatto pagina 4 e 5. “Se stare in classe diventa un rischio” è il titolo provocatorio di un fondo che restituisce una fotografia dell’agibilità delle scuole italiane: il 51% degli edifici non ha il certificato di agibilità statica, il 73% non è in possesso dei requisiti necessari per a prevenzione antincendi, nel 37% dei casi non ci sono scale di sicurezza. Non stupisce che «da anni, nelle aule italiane avviene mediamente un incidente ogni 20 o 30 giorni. Nel 2007 si sono fatti male 90.478 studenti e 12.912 insegnati/bidelli. Oltretutto il decreto Gelmini all’articolo 7bis ha ridotto del 50% i finanziamenti del piano straordinario per sicurezza antisismica nato dopo il crollo della scuola di San Giuliano. Oltre al profondo rammarico del presidente Giorgio Napolitano, la famiglia Scafidi ha incassato la solidarietà di Schifani, di Fini, di Matteoli ( a Torino per un incontro sulla Tav). Per Enzo Ghigo, coordinatore piemontese Pdl «le cause del crollo andranno accertate nelle sedi competenti. Ma ora non è il momento delle polemiche». Ma i sindacati putano il dito contro i tagli alla scuola. Dura anche l’Unione degli studenti: «Siamo scandalizzati e continuiamo ancora una volta a chiedere un piano straordinario di investimenti per l’edilizia scolastica».

 

“Scuole killer, i soldi c’erano” è il titolo con cui apre oggi La Stampa, che ha ottenuto una rivelazione di Guido Bertolaso, sottosegretario alla Protezione Civile: «almeno 500 milioni stanziati nel 2003 per la sicurezza non sono stati spesi a causa della burocrazia». Accanto alla cronaca sul crollo nel liceo di Rivoli, il quotidiano di Torino spiega come sono andate le cose sul fronte dei fondi per la sicurezza degli edifici scolastici. Nel 2003, dopo la tragedia del crollo della scuola di San Giuliano di Puglia, ci fu uno stanziamento del governo di 500 milioni di euro per mettere a norma le scuole. Ma ad oggi questi soldi non sono ancora stati spesi. Perché? «Prima si fa una commissione per studiare le priorità e così passano due anni, poi si arriva alle Regioni e si ricomincia con i tavoli tecnici e con gli enti locali che discutono come dividere i soldi» spiega Bertolaso, «molte volte non si bada nemmeno alle priorità e alle urgenze reali, ma solo alle convenienze politiche. Intanto così sono passati altri due anni. A questo punto i lavori vengono assegnati alle Regioni, che a loro volta cominceranno a fare i progetti e gli appalti. Solo che nel frattempo si è arrivati dal 2003 al 2008 senza avere realizzato qualcosa». La soluzione proposta da Bertolaso è di individuare in ogni regione un responsabile, «che si faccia carico anche delle spese di investimento stabilite dallo Stato, in modo da evitare lungaggini assurde». Alla Gelmini il sottosegretario alla Protezione Civile ha proposto di costituire una task force operativa «per individuare subito le prime cento scuole a rischio su cui cominciare a lavorare».

 

 

E inoltre sui quotidiani di oggi:

Professione operatore Ong

Italia Oggi – “L’operatore delle ONG, una professione difficile” a pag 59: verrà presentata a Milano la nuova ricerca del settore. Quello dell’operatore delle Ong di respiro internazionale è un mestiere difficile ma in crescita. Di questo se ne parlerà giovedì 27 novembre presso la Banca Popolare di Milano di via San Paolo alle ore 16. In un mondo povero di eroi, il cooperante può sembrare l’ultimo cavaliere errante sempre pronto a intervenire per aiutare a proteggere. In realtà, chi fa il cooperante, è costretto è consapevole di doversi confrontare con standard internazionali più che elevati. Diventare un operatore delle ONG internazionali, richiede un impegno costante, sia per il continuo aggiornamento, sia per la necessità di adeguare le proprie scelte di vita alle opportunità professionali. Anche dal punto di vista professionale servono figure in grado di indirizzare il proprio ruolo tecnico verso la consulenza, la formazione e la valutazione di attività realizzate da partner locali, piuttosto che tecnici direttamente operativi. Nei ruoli manageriali poi, sempre più richiesti, necessitano professionisti capaci di gestire progetti complessi.

La ricerca è basata sull’analisi dei dati raccolti dalla SISCOS nel 2006 che ha permesso di individuare qualche linea di tendenza.: dal 1976 al 2006 vi è stato un incremento progressivo degli operatori nelle Ong; la forma di collaborazione più utilizzata è quella del contratto di collaborazione a progetto; la maggioranza dei contratti di collaborazione stipulati è breve (1-5 mesi) Nonostante ciò, nel 2006 la cooperazione italiana ha offerto un impiego di almeno un anno a 1009 persone; il numero delle aspettative utilizzate da dipendenti pubblici è in diminuzione; il numero totale di operatori è aumentato complessivamente dell’1,6% passando da 6.156 espatriati nel 2006 a 6253 nel 2007. La presenza di questi collaboratori è indice dell’internazionalizzazione e della professionalizzazione del settore delle ONG.

 

Volontariato

Avvenire – “Volontariato, Milano Capitale” (pag. 11 dell’inserto). Quasi 60mila le persone al servizio degli altri in oltre mille enti. Più della metà ha oltre 54 anni, con titoli di studio elevati, in media impegnati 4 ore alla settimana. E fanno risparmiare alla società oltre 100 milioni di euro

Fundraising

Il Sole 24 Ore – Apertura della pagina volontariato dedicata al fundraising face to face, ancora di salvezza per i tempi difficili che viviamo. Si punta quindi su banchetti, cene o eventi di beneficenza, tutto quello insomma che consente di incontrare direttamente il potenziale donatore. Esame di bilancio per Gvc, un mezzo disastro: entrate in calo e più oneri di gestione. Però in effetti alla voce “marketing, raccolta fondi, promozione” spicca un bello 0… Quindi difficile avere più entrate, no?

 

Accanimento terapeutico

Il Giornale  In copertina Mario Cervi ricorda la vicenda del «medico Nadia Battajon che  ha raccontato di aver sospeso le terapie a un bambino di 5 giorni affetto da gravi malformazioni senza speranza di ripresa, con il consenso della madre. E riporta le parole del vescovo di Treviso «dobbiamo fare luce su cosa è successo. La vita è indisponibile». A questo punto Cervi si chiede se si possa trattare il caso di Treviso come quello Englaro e risponde che no: «altrimenti si rischia di battersi non a favore della vita, ma delle sofferenze superflue. L’eutanasia non c’entra e un’altra cosa ancora è l’accanimento terapeutico. L’ombra di un abuso che somiglia a un crimine  incomberebbe  su ciò che fa una neonatologa sospendendo la terapia a una creaturina condannata. L’eccesso di zelo guasta anche le migliori cause» . A pagina 20 la figlia di Nino Manfredi racconta:  “su mio padre ci fu accanimento terapeutico”.

 

Repubblica – Segnaliamo il recosonto di Caterina Pasolini: “Così i medici si sono accaniti contro mio padre Nino Manfredi”. A parlare è  Roberta Manfredi (produttrice di un film che racconta la storia di un ragazzo svegliatosi dal coma dopo un mese, andrà in onda su Raiuno). Rievoca l’ultimo anno di vita del popolare attore. Per tre volte salvato in extremis e sottoposto ad accanimento terapeutico. Lui non avrebbe voluto, dice la figlia, noi abbiamo tentato ma nessuno ci ha ascoltato. «Ci vuole una legge sul testamento biologico». Difende il coraggio del papà di Eluana e aggiunge: «Credo in Dio, ma proprio lui ci ha dato il libero arbitrio, il diritto di decidere sulla nostra vita».

 

 

Aiuti alle famiglie

Repubblica – Il secondo tema forte (che merita l’apertura in prima: “Aiuti cash alle famiglie ma a rischio 400mila precari”) è ovviamente la crisi. Sui suoi effetti nel mondo dei precari, c’è l’allarme della Cgil di cui si riferisce a pagina 6: 400mila entro Natale, ma i posti a rischio sono un milione. E per loro non ci sono ammortizzatori. Sacconi annuncia che i provvedimenti per le famiglie saranno rapidi (ma anche che non saranno detassate le tredicesime: costerebbe trai 6 e gli 8 miliardi, che non ci sono). In appoggio il dossier spiega dove sono (regione per regione) i posti atipici. In totale sono 4,5 milioni di lavoratori che hanno contratti variamente flessibili. Il governo studia forme di sussidio (partendo dagli 800mila che hanno un solo committente e che quindi sono più esposti). (A proposito del sostegno alle famiglie, a Brescia hanno deciso di dare i bonus bebè solo agli italiani, escludendo gli stranieri in regola. Molto critico il vescovo e il Pd).

India e cattolici

Avvenire – “In India premi dagli estremisti indù a chi uccide i cattolici”. Denuncia di alcune organizzazioni: tagli in denaro e alimenti sulla vita dei religiosi. Anche donne-soldato “addestrate” alla caccia dei fedeli. L’aggravarsi della situazione ha spinto il governo indiano a creare un reparto speciale delle forze di sicurezza.

 

Affari cinesi

Il Giornale – I cinesi che lavorano in Italia mandano i soldi in Oriente, 1,6 miliardi, e Chinatown fa affari d’oro. In 7 anni le rimesse cresciute del 900 per cento.

 

Affari romeni

Avvenire – Nell’inserto Milano sette a pag 9 l’articolo “I romeni «emergenti»”. In Lombardia, rappresentano la comunità straniera più numerosa e aumentano le imprese realizzate da loro: secondo i dati della Camera di commercio di Milano – Infocamere – Stock View, nel 2007, in Italia si contano 26.838 ditte individuali con titolare romeno, un quinto delle quali in Lombardia (5.123). Dal 2004 ad oggi hanno registrato un incremento del 143% in Italia, del 144% in Lombardia e del 94% nella provincia di Milano.

 

 

 

 

Nessuno ti regala niente, noi sì

Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.