Formazione
Scuola, il “non possumus” di Napolitano
Il presidente della Repubblica bombardato (e, forse, irritato) dalla protesta on line contro la riforma Gelmini
Scuola in grande fermento, dalle elementari fino all’università, per contrastare il decreto Gelmini. Ieri un fenomeno inedito: il “mail bombing” nella casella di posta elettronica del Quirinale, per chiedere al presidente Napolitano di non firmare il decreto. Ovvio ma puntuale il “non possumus” arrivato ufficialmente dal Colle. Ma la tensione si sposta nelle aule delle università, dove iniziano le prime occupazioni. E nei licei si va a lezione di corteo. Ecco come i giornali di oggi raccontano questa vicenda, nel giorno in cui le Borse volano, accogliendo positivamente le misure adottate dai governi.
- E inoltre la rassegna stampa di oggi si occupa di:
- Il rialzo delle Borse
- Pizzo pugliese
- Formaggi avariati
Il caso Gelmini sul Corriere della Sera di oggi è la seconda notizia dietro il balzo record delle Borse. Il mondo universitario è in fermento, dilaga la protesta contro il taglio dei finanziamenti. Migliaia di mail sono state inviate anche a Napolitano. Il messaggio è chiaro: “no al maestro unico”, il capo dello Stato non firmi il decreto Gelmini. Intanto alla Statale e alla Sapienza partono le prime occupazioni. I servizi sono a pag. 23. No alla legge 133/2008. Lo gridano gli studenti, lo ripetono ricercatori, dottorandi, assegnisti, professori. Di tutta Italia. Tanto da azzardare – dice il Corriere – un paragone: il 2008 come il ‘68? Presto per dirlo. Ma le premesse, giurano in molti, ci sono tutte. Sono due i canali su cui viaggia la protesta: il sito www.quirinale.it e la campagna su facebook «a favore dell’istruzione e della ricerca» che ha già raccolto 11mila adesioni.
A difesa della Gelmini, con un’intervista al Corriere, si schiera a sorpresa il democratico Franco Bassanini. “Bassanini: sui tagli è un errore criticare la Gelmini”, riassume il titolo. «Le scuole di piccole dimensioni creano problemi di costi e di qualità.
Marzio Breda descrive nel suo “Dietro le quinte” il retroscena della reazione di Napolitano alla campagna anti-Gelmini: «È un pressing diverso dal solito e, per il modo in cui è stato esercitato, più irritante di altre volte per il Quirinale. «Un’iniziativa di evidente strumentalità», commenta a denti stretti qualche membro dello staff.
Su La Repubblica la notizia della protesta informatica è a pagina 15: “Sulla scuola decide il Parlamento”. La cronaca è di Giorgio Battistini che esordisce con un realistico «non basta un passaparola, per quanto elettronico e davvero martellante, a far cambiare idea al Presidente». Dal 9 ottobre una pioggia di mail inviate al Colle, è la prima volta che succede: la richiesta è ovviamente quella di non firmare la legge 137. Protesta anche Dacia Maraini: «assolutamente contraria ai tagli alla scuola in genere e a quella elementare in particolare». Napolitano, che firmerà secondo la prassi, non sarebbe affatto disturbato dalla situazione…
La Stampa ha un Primo piano intitolato “Scuola nel caos”. Il servizio si apre con l’episodio di Novara, dove un quattordicenne, Daniel, immigrato due anni fa dall’Ecuador, ha dato un pugno all’insegnante di educazione artistica. Ieri il quotidiano di Torino riportava la versione dell’insegnante, che si diceva indignato per la misura disciplinare decisa dall’istituto, due settimane di sospensione (dovevano scegliere fra me e lui, commentava, e hanno scelto lui). Oggi l’inviato de La Stampa va a casa del ragazzo, un appartamento nel barrio di Novara dove vive con la famiglia. «Io al professore gli chiedo scusa ma non mi deve più mettere le mani addosso», dice (l’insegnante l’aveva trattenuto per una spalla). La stessa frase che si sente ne «La classe» il film francese tratto dal libro di Bégandeau. «Stessa periferia. Ragazzini tutti uguali. L’iPod, la musica hip-hop che Daniel scarica dal computer su un tavolino che insieme a un tavolo più grande e tre sedie fa il niente dell’arredamento di questo appartamento con una foto di Santo Domingo appesa al muro» scrive l’inviato de La Stampa. «Ho avuto paura che mi mandassero via, non mi piace stare a casa» dice Daniel. Il professore resta inflessibile: irrecuperabile. «I colleghi potranno fare sforzi immani ogni mattina per recuperarlo ma poi le compagnie che frequenta al pomeriggio vanificheranno tutto. E si dice lasciato solo dalla «scuola come istituzione». «Presidente fermi la Gelmini». Il primo piano sulla scuola riporta le reazioni del Presidente della Repubblica all’inondazione di sms, arrivati a valanga al Quirinale in questi giorni, che chiedono di bloccare la riforma della scuola presentata dal ministro Mariastella Gelmini. Al presidente si chiede di non firmare il decreto legge 137, ma ieri in una nota Napolitano ha fatto notare che «pur nella viva attenzione e comprensione da parte del Presidente per le motivazioni di tali appelli» ciò non rientra nei poteri del presidente e che spetta al parlamento modificare o respingere i provvedimenti di legge.
L’apertura di Italia Oggi è dedicata alla norma che farà molto discutere che rende inevitabile la soppressione nel giro di tre anni delle piccole scuole, norma che è spuntata in un decreto legge sul contenimento della spesa sanitaria e in materia di regolazioni contabili con le autonomie locali. In base al decreto, si vuole accorpare in una sola istituzione le scuole con meno di 500 alunni. Ad oggi, le scuole potenzialmente coinvolte ovvero che non raggiungono la soglia dei 500 studenti sono 2.591. Questi istituti saranno chiusi. Se non lo faranno le regioni, secondo Tremonti lo farà un commissario ad acta. Le regioni maggiormente coinvolte nel mega piano di ridimensionamento sono il Piemonte, la Basilicata, e la Campania. Italia Oggi affronta la polemica nei confronti della Gelmini con un articolo a pag. 20 (gli internauti alla Gelmini: rifaccia l’esame) dove mette in risalto l’ultima frontiera del dissenso e dalla protesta che è partita tramite Facebook dove sono spuntati circa 60 gruppi anti Gelmini e che esortano il presidente della Repubblica a non firmare il decreto. Il gruppo più tosto è quello di un gruppo di giovani comunisti italiani che hanno nominato il gruppo semplicemente con lo slogan: Taglia la Gelmini. Altri mettono in dubbio che la ministra abbia passato la maturità e l’esame di stato. Ci sono anche i fans della ministra. Secondo l’articolo essi sono 262. In 71 danno sostegno al ministro per una scuola migliore, mentre per gli altri 152 utenti quello attuale è un ministro con gli attributi. E un gruppo con 161 membri prova a smascherare le “bugie” sulla riforma spiegando punto per punto la verità sulle novità apportate dal ministro.
“Quirinale: scuola, sulla riforma Camere sovrane”, titola Avvenire (pag.10), che riporta la notizia sottolineando la preoccupazione di Enrico Borghi, presidente dell’Unione nazionale comuni, comunità, Enti montani dopo l’inserimento nel decreto legge 154 della norma che impone alle regioni di precedere in tempi brevi alla definizione dei piani di ridimensionamento: l’accorpamento delle scuole con meno di 50 studenti preoccupa i comuni montani (anche se l’operazione riguarda prioritariamente i territori non montani) ma ancor di più le Regioni che sono tutte sul chi va là, Lombardia compresa. Per quanto riguarda lo sciopero del 30 ottobre, ci sono tensioni sul fronte sindacale, con Cisl e Uil disponibili a revocarlo “se Palazzo Chigi ci convocasse insieme agli enti locali per discutere come riorganizzare la scuola” e Flc-Cgil che invece non intende tornare indietro. Si riporta poi la notizia dell’occupazione alla Statale di Milano contro la legge 133 che introduce tagli al fondo di funzionamento degli atenei: “Le università di Siena e la Federico II di Napoli – denuncia Alessandro Mazzucco rettore del’Università di Verona – sono in crisi nera, perché per gli stipendi già spendono più di quanto ricevono dal fondo dello Stato”. E mentre a Torino si minaccia di far saltare la cerimonia inaugurale dell’anno accademico alla Federico II di Napoli si “ipotizza di bloccare addirittura l’anno accademico, con i ricercatori propensi a fermare la loro didattica”.
Il Giornale ha un fondo in copertina di Michele Brambilla “ore 9, lezioni di corteo” che si riferisce alle lezioni vere e proprie tenutesi ieri in due scuole superiori di Milano e all’ università statale sulle modalità in cui svolgere un corteo di protesta. A pag. 14 Maria Sorbi dà i dettagli, fra cui prove di sfilate con tanto di cartelli e slogan nei corridoi. Voci sussurrano che le lezioni replicheranno in altre scuole del capoluogo lombardo. I “docenti” di questa nuova materia appartengono al Coordinamento dei collettivi studenteschi. Michele Brambilla dice «c’è il sospetto che il corpo docente – quello vero- chiuda tutte e due gli occhi un po’ perchè d’accordo, un po’ per quieto vivere”. Brambilla chiosa: ” beata gioventù, per loro il primo corteo è un po’ come il ballo delle debuttanti, va bene che si facciano trucco e scelgano l’abito. Ma ciò che preoccupa è la pavida quiescenza degli adulti che dovrebbero educare e che venerdì – giorno della manifestazione – parleranno di spontanea mobilitazione di massa”.
Si punta alle università e al fatto che “Tira aria di occupazione”, come si legge nel richiamino in prima del manifesto alla pagina dedicata al tema (pag. 7) e dove il “non possumus” di Napolitano è in basso in un articoletto in piccolo intitolato “Napolitano risponde al mail bombing: «Non posso non firmare la legge»”. “Ha colto nel segno la campagna indirizzata al presidente della Repubblica per indurlo a non controfirmare la riforma Gelmini della scuola una volta che gli sarà sottoposta” e dopo avere riportato il comunicato del Quirinale continua: “Un segnale di attenzione, dunque, ma anche una chiusura (motivata dai limiti costituzionali al suo operare) alle richieste di genitori e insegnanti che proseguono con ogni forma la protesta contro la riforma. (…) L’iniziativa ha incassato ieri il sostegno anche della scrittrice Dacia Maraini(…)”.
Sulle università non ci sono dubbi: “Aria d’occupazioni” titola il manifesto l’articolo di Stefano Milani: “L’anno accademico è appena cominciato. Sulla carta. In realtà basta entrare in qualsiasi aula di una qualsiasi università italiana per rendersi conto che le lezioni sono partite a singhiozzo. Tra corsi bloccati, assemblee permanenti e minacce di scioperi. Nel mirino degli studenti la cosiddetta “controriforma Gelmini”, annunciata a mezza bocca dal titolare dell’istruzione sabato scosso insieme al famigerato decreto “ammazza-precari” ideato dal ministro Brunetta….” E via con il viaggio nelle facoltà in ebollizione: un centinaio di studenti occupa il rettorato e “se proprio la legge 133 non dovesse essere abrogata, almeno le dimissioni del rettore e del senato accademico, l’annullamento dell’inaugurazione dell’anno accademico, un pronunciamento chiaro sulla legge, la garanzia che non saranno aumentate le tasse universitarie né diminuiti i servizi”. E poi Firenze dove è occupata la facoltà di Matematica e gli studenti annunciano di voler fare lezione alla stazione ferroviaria di Rifredi. Manifestano i ricercatori di Pisa mentre slitteranno “quasi sicuramente” le cerimonie di apertura a Torino e alla Federico II di Napoli. Il giro d’Italia si conclude a Roma alla Sapienza dove un migliaio di studenti ha sfilato all’interno dei viali dell’ateneo, anche i docenti sono al fianco degli studenti: l’obiettivo è bloccare la didattica. E il ministro? “Tutto questo non tocca viale Trastevere – scrive Milani – deciso ad andare avanti per la sua strada: in settimana il ministro Gelmini dovrebbe rendere pubblica la sua controriforma. Quel che resta dell’università già trema”. Sullo sciopero delle scuole del 17 c’è la lettera aperta del coordinamento dei genitori della Iqbal Masih di Roma che invita a sostenere anche quello del 30 ottobre.
E inoltre sui quotidiani di oggi:
Il rialzo delle Borse
Il Sole 24 Ore – Grandi entusiasmi, dopo giorni e giorni di depressione, sul rimbalzo record di Wall Street (+11%) e sui rialzi anche delle Borse europee, tanto che il Sole si spinge a parlare di «rally globale». Positivi anche i commenti sul piano italiano, che però per essere veramente efficace dovrebbe portare in tempi brevi a una diminuzione dell’Euribor, mentre oggi i tassi sono ancora sopra il 5%. Interessante focus sul caso Svezia, dove nei primi anni 90 si ebbe una tempesta finanziaria simile a quella di oggi: per recuperare, spiega l’attuale governatore della banca centrale del paese, ci vollero anni e l’impiego di fondi pubblici pari al 4% del Pil. Quindi prepariamoci… Segnaliamo poi ancora altri due pezzi, entrambi in prima pagina: uno si intitola «La superpotenza che non c’è più» e si riferisce evidentemente agli Usa e a questo secolo «postamericano». In questa crisi, si nota, l’unica superpotenza è stata «delegittimata», si attenua la fiducia che aveva indotto tanti a mettere i loro risparmi nelle mani americane. «Tramontano le vecchie forze produttive, esplodono nuove forme di ricchezza», e si apre anche un nuovo ruolo per l’Europa: sarà in grado di mettere in campo un “new deal” continentale per rianimare il processo di convergenza degli stati membri? L’alternativa è una «fuga disordinata» verso il caos. L’altro pezzo è ovviamente un ritratto del neo Nobel Krugman, polemista e teorico, unico tra gli economisti scientifici ad avere un vero «seguito popolare» a causa delle sue battaglie contro le disparità e disuguaglianze.
Avvenire – Per quanto riguarda la crisi, Avvenire ce l’ha con la scuola del Nobel Friedman. Già i giorni scorsi aveva dedicato spazio a qualche intervista in cui lo si metteva sotto accusa. Oggi gli si dedica una pagina intera con un’intervista a Marco Vitale (pag. 27) e un pezzo dedicato al libro di Naomi Klein “Shock economy. L’ascesa del capitalismo dei disastri” (“Finanzia, è crisi anche di idee”) in cui sostiene che il liberismo economico sia un’ideologia tanto quanto quella comunista.
Corriere della Sera – Alla crisi il corriere oltre alle misure italiane (1.copertura al 2009 per il nuovi debiti delle banche nell’arco di 5 anni, 2.possibili swap banche-titoli di stato, 3.garanzia del tesoro sui prestiti di titoli) dedica l’editoriale a firma Michele Salvati: «Se da questa crisi finanziaria usciremo in tempi ragionevoli e con danni limitati – è un esito possibile, forse il più probabile, nonostante la gravità della situazione – quale sarà il modello di capitalismo nel quale entreremo dopo la crisi?». Questa la risposta dell’economista della Statale: «Il modello in cui ci troveremo a vivere non sarà molto diverso da quello che è prevalso in questo ultimo quarto di secolo, un modello neoliberale, come alcuni lo chiamano. Nella sua forma più estrema, si tratta di un modello nel quale i capitali sono liberi di cercare i massimi rendimenti scorrazzando per il mondo intero».
Manifesto – Sulle borse che esultano per i rialzi il manifesto si affida alla matita di Vauro. In copertina a colori la vignetta che ritrae due manager con ventiquattrore in stile zombie in un cimitero con la scritta “A volte ritornano… la notte delle borse viventi”. “I governi europei intervengono contro il grande crack e la borsa s’impenna. Centinaia di miliardi di euro per salvare i bancarottieri di Berlino, Londra, Parigi e Madrid. Il governo italiano vara «garanzie a condizioni di mercato», pensando pure di guadagnarci qualcosa. I drogati della finanza tirano un respiro di sollievo e sperano di salvare la pelle. All’orizzonte, la più grande recessione dagli anni Trenta. Che non sarà evitata dai «geni degli affari»” è la sintesi in prima pagina dei temi affrontati alle pagine 4 e 5 dove si dà notizia di un rapporto Fillea Cgil sul dimezzamento delle risorse per le infrastrutture del Sud, viene osservato che al sud erano state promesse nell’arco di 10 ani (dal 2002 al 2012) risorse pubbliche superiori al 40% dell’ammontare complessivo dei costi, invece a oggi per i progetti delle otto regioni del sud (quelli della legge obiettivo e nel piano delle opere prioritarie) sono state stanziate risorse pubbliche pari al 29,9% con “la beffa di aver inserito nei finanziamenti disponibili anche quelli europei (9 miliardi di euro) che dovrebbero essere «aggiuntivi» e non «sostitutivi»”.
Pizzo pugliese
La Repubblica – A pagina 14, il film: “Niente ciak senza pizzo, Wertmuller via da Taranto”. Non volendo pagare 50mila euro (per girare nei vicoli della città) la regista va a Brindisi. Il film si intitola “Mannaggia alla Miseria”. Puntuali le scuse del governatore Vendola.
Formaggi avariati
La Repubblica – A pagina 19 la bufala: “Rivolta in fabbrica «così ci fanno vendere i formaggi avariati»” a denunciarlo sono i dipendenti della Galbani. Costretti a cancellare le date di scadenza superate e ad aggiornarle. Il risultato? Dal 2000 in poi tonnellate di merci scadute immesse sul mercato…
Nessuno ti regala niente, noi sì
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