Formazione

Scuola: il caos abilitazioni. L’ultima cattedra

È guerra fra poveri per l’insegnamento alle superiori sullo sfondo dei tagli all’istruzione. di Luca Volponi

di Redazione

Tira un?aria da guerra civile nella scuola del Belpaese. Da un lato la ben nutrita schiera dei precari più o meno storici, gente che ha fatto della pluriennale panchina in graduatoria il proprio stemma araldico dall?alto del quale rivendicare il sacrosanto diritto al posto di lavoro. Dall?altro la erigenda categoria dei ?ssisini?, semplici abilitati all?insegnamento usciti dalle appena costituite Scuole di specializzazione all?insegnamento secondario (Ssis). Quelle scuole, volute dal ministero dell?Istruzione alla fine degli anni 90 e, di fatto, abortite dai tagli delle successive finanziarie. Palio principesco, gli ormai famigerati 30 punti accordati di default ai targati Ssis da spendersi in quella graduatoria permanente che permette agli aspiranti educatori di ottenere una cattedra e con essa il tanto agognato posto fisso. Gli abilitati Ssis sono scesi in piazza, anzi in viale Trastevere a Roma, sede del ministero, venerdì 15 novembre. È l?ultimo capitolo di una battaglia, questa, che alcuni non hanno errato a ribattezzare guerra tra poveri, fatta salva poi la capacità di far sentire al legislatore il proprio peso elettorale in sede di commissione Cultura al Senato dove recentemente è stato presentato un ordine del giorno nel quale si impegnava il governo a concedere «parità di trattamento» per tutte le categorie di abilitati. E dire che le Ssis sembravano recuperare un ritardo. Per la prima volta in Italia e con un ritardo, guarda caso, vistoso rispetto al resto dell?Europa, il mondo della scuola aveva cominciato ad affrontare il tema della professionalizzazione del corpo docente, imponendo ai futuri professori della secondaria un viatico di formazione con frequenza obbligatoria (1.200 ore in due anni) a corsi tenuti da professori universitari e docenti di lungo corso della scuola secondaria. In più un tirocinio ?osservativo?, (minimo 300 ore nei due anni), un esame di ingresso basato sui programmi del concorso ordinario, circa 12 esami universitari in itinere nei due anni di frequenza e un esamone finale costituito da una prova concorsuale a tutti gli effetti. Il tutto rigorosamente autofinanziato dai partecipanti e regolamentato da un numero programmato di futuro accesso alla scuola deciso in base alla previsione dei posti disponibili in ogni regione. Dall?altro lato della barricata, tra i precari storici, storie difficili, spesso umilianti, fatte di itineranza forzosa da una parte all?altra dell?Italia per cercare di fare quanti più punti possibili. In Italia, secondo il ministero, esistono oltre 400mila precari, 370mila dei quali quasi assolutamente senza prospettiva concreta di impiego a breve. La magagna sta nel sistema di reclutamento: le cattedre vacanti sono almeno 80mila. Come mai nessuno dei tanti ministri succedutisi in viale Trastevere non ha assunto nessuno degli aventi diritto? Le Finanziarie di diversi governi hanno approvato spesso tagli da rendere del tutto impraticabile qualunque tentativo, tanto di revisione del sistema scolastico che di riforma del reclutamento. Intanto per le Ssis, molti cantano (o vorrebbero cantare) il requiem. E non è detto che non ci riescano. Eppure si tratta di una esperienza votata a professionalizzare l?insegnamento dopo tanti anni di raffazzonamento e ?fai da te? che hanno contribuito all?agonia del sistema scolastico. Recentemente il sottosegretario Valentina Aprea è intervenuta ribadendo l?inviolabilità dell?esperienza Ssis, stando accorta però a non sbilanciarsi oltre la difesa del già assodato. Se per un verso la formazione è stata avviata e tenacemente difesa, dall?altro il sistema di reclutamento resta lo stesso. In un cerchio che non si spezza.


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