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Scuola

Tra otto giorni, o quasi, si ricomincia la scuola. Ma che senso ha andarci ogni giorno? Scoprire che è possibile che chi non sa insegna a chi sa.

di Alter Ego

Tra otto giorni, ci risiamo. Ricomincia la scuola. L?unica certezza del Belpaese, in fondo. Non certezza della data d?inizio. Né della fine, a rischio ogni anno per i precari, i contratti a termine, le sostituzioni, gli incarichi che non arrivano, i calendari già federalisti. No, la certezza della scuola è quella della scuola. La scuola è un luogo per comprendere dove l?unico momento vero, importante, sensato, è quello in cui le parti si invertono, e chi non sa insegna a chi sa, costituisce la sua ragion d?essere, il suo senso e il suo scopo. Attenzione: la scuola non è il gioco delle parti, come volevano nel 1968, in cui tutti sapevano di non sapere, quindi tutti erano legittimati a dire, a fare, a insegnare. Senza davvero sapere niente. Nemmeno cosa davvero voleva dire sapere di non sapere. Ecco, la scuola è proprio questo. è il senso di un?esperienza, il senso delle cose che si apprendono, tutti insieme, ogni giorno. Scuola è un?attività, fatta di ritardi, di tramezzini, di interrogazioni (ahimé) programmate, di perdite di tempo, di inefficienze, di mancanza di prospettive, di algebra razionale, di tabelline. Scuola è la metafora dell?esistenza e di una cultura, di un mondo che crede nella trasmissione del sapere, un sapere tecnico (ovvero artistico), perché pragmatico e dedicato alle Muse, cioè a Dio. Scuola è bello, ci verrebbe da dire. Momento dell?essere insieme, dell?indifferenziazione che si apre alla meraviglia del mistero dell?essere. Il vero senso di andare, tutte le mattine, a scuola.

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