Famiglia
Scrivere con la sola forza della mente
John, operaio di 54 anni tetraplegico, comunica e invia messaggi senza usare le mani. Grazie a un chip che consente al computer di leggere nel suo cervello.
J, o, h, lettera dopo lettera, lentamente, sullo schermo del computer appare un nome: John. A ?digitarlo?, senza usare le mani, è il suo proprietario. Un operaio di 54 anni completamente tetraplegico a causa dell?emorragia celebrale che dal 1998 l?ha imprigionato in un corpo ormai inutile. Con braccia e gambe immobili quanto il letto dell?Ospedale Antichi combattenti di Atlanta da cui John, in silenzio, col pensiero ?scrive? sul computer e comunica col mondo.
Possibile? Sì, da quando il dottor Philip Kennedy, neurologo irlandese di 51 anni, ha installato sul cervello di John l?invenzione cui lavora da una vita: un piccolissimo congegno che consente di agire sul mondo esterno col solo pensiero. Un elettrodo grande quanto la punta di una penna stilografica che con i suoi 1,5 millimetri di lunghezza e da 0,1 a 0,4 di larghezza sembra destinato a rivoluzionare la vita di chi, tagliato fuori dal mondo per gravi incidenti al sistema nervoso o alla spina dorsale, fino a oggi non aveva alcuna speranza di comunicare con l?esterno. «Il principio è semplice», spiega il dottor Kennedy prima di illustrare come funziona esattamente la sua invenzione da molti già ribattezzata ?l?elettrodo della telepatia?. «Tutta l?attività psichica ha una base fisica, il che nel cervello si traduce in scariche elettriche emesse dai neuroni. Tutte le azioni, per esempio un gesto della mano, cominciano con un impulso elettrico che provoca una reazione a catena dei neuroni della corteccia motore e invia dei messaggi lungo le terminazioni nervose ai muscoli da mettere in moto. Purtroppo in alcuni casi, per esempio in chi soffre di sclerosi a placche, le linee di comunicazione tra cervello e muscoli sono ?occupate?. È qui che interveniamo noi, captando i segnali che il cervello continua a emettere, interpretandoli e trasmettendoli al computer». Che, in pratica, diventa un prolungamento del cervello e consente di leggerne i pensieri.
Tutto grazie al piccolissimo elettrodo, un cono di vetro scanalato contenente sostanze organiche che aiutano i tessuti a ricostruirsi e collegato a due fili d?oro che registrano la presenza di corrente elettrica, inserito nella corteccia motore del cervello. Circa tre mesi dopo l?inserimento, le cellule nervose che circondano l?elettrodo si collegano con il tessuto che si è ricostruito sotto il cono di vetro creando una sorta di minicervello. Quando John immagina certi tipi di movimenti, l?elettrodo riceve i segnali emessi dai neuroni e, attraverso i fili d?oro isolati da una guaina di Teflon, li trasmette a un amplificatore-trasmettitore posto sulla scatola cranica, e alimentato per induzione, che li invia al computer come fa un telecomando con la televisione. È all?interno del computer che i pensieri di John vengono finalmente tradotti in azione da un cursore che si muove sullo schermo.
Per il momento John riesce a spostarlo da destra a sinistra e dall?alto in basso selezionando le lettere del suo nome e altre semplici parole. Ma di certo farà altri progressi. Insomma, diventando una protesi del cervello il computer consente di agire col pensiero. «In un anno l?impianto cervicale ha dato ottimi risultati e nessun segno di rigetto», spiega il dottor Kennedy che partecipa ad altre sperimentazioni analoghe presso le Università di Tubinga e New York. Ma rimane preoccupato per i finanziamenti dei suoi esperimenti: «L?ostacolo più grosso per il momento è stato lo scetticismo. Soprattutto del settore privato che non sembra intravvedere una nicchia di mercato per questa macchina, nonostante le persone che potrebbero beneficiarne siano davvero tante».
Più o meno 1 milione e 500 mila individui in tutto il mondo che, se le previsioni del dottor Kennedy e colleghi dovessero rivelarsi fondate, in 5 anni col pensiero potranno comunicare e perfino navigare in Internet.
Sconfiggi il “baco” e aiuta i bambini
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