Famiglia

Scoppia il caso Biederman

A libro paga dei Big Pharma: «sperimentazioni favorevoli agli interessi commerciali spacciate per indipendenti»

di Redazione

La vicenda si è conclusa nel peggiore dei modi. Dopo alcuni mesi contrassegnati da aspre polemiche sui giornali e all’interno del mondo accademico, Joseph Biederman, uno dei più illustri e rinomati psichiatri infantili e professore al Massachusetts General Hospital, istituto legato all’Università di Harvard, ha ammesso pubblicamente di essere stato al libro paga di importanti case farmaceutiche violando le regole accademiche e gettando un’ombra sugli studi che aveva condotto fino a quel momento. Biederman avrebbe ricevuto 1,6 milioni di dollari da aziende quali  Eli Lilly, Johnson & Johnson, Pfizer, GlaxoSmithKline e Bristol-Myers Squibb e per questo è stato al centro di due controversie: la prima lo vede coinvolto nell’uso di farmaci antipsicotici su bambini, la seconda riguarda il conflitto di interessi in campo medico. Biederman è infatti riconosciuto come il più noto esponente mondiale nella diagnostica dei disturbi bipolari anche nei bambini più piccoli, ed è fautore dell’uso di psicofarmaci antipsicotici per trattare questo disturbo, ma molto del suo lavoro è stato sostenuto da produttori di farmaci, ai quali lui fornisce privatamente delle consulenze.

A rendere nota l’intera vicenda in Italia è stata l’allaenza “Giù le mani dai bambini” promossa da organizzazioni non profit come Agesci e Acli e sindacati come Cisl e Ugl giovani. «Siamo di fronte all’ennesimo caso di corruzione e di grave conflitto di interessi – ha commentato Luca Poma, giornalista e portavoce nazionale della campagna di farmacovigilanza per l’età pediatrica in Italia – con ricerche apparentemente indipendenti sull’efficacia e sicurezza di psicofarmaci per i bambini che erano in realtà studiate a tavolino in collaborazione con i produttori della molecola stessa, cui veniva garantito un risultato positivo, a beneficio delle vendite dello psicofarmaco. Questa vicenda fa riflettere anche e soprattutto se pensiamo a quanti medici quotidianamente – spesso in buona fede – si affidano a studi scientifici come quelli di Biederman per sostenere l’opportunità di terapie a base di psicofarmaci sui minori. La ricerca scientifica non è affatto indipendente – conclude – dobbiamo arrenderci a questa evidenza». Mentre Paolo Roberti di Sarsina (Dirigente di Psichiatria all’AUSL di Bologna) commenta: «Il venir meno della sorveglianza etica da parte di tutti noi ha queste esatte conseguenze: serve più attenzione e vigilanza preventiva da parte degli enti regolatori e dei comitati di bioetica rispetto a questi eventi, che nonostante quello che si possa pensare non sono affatto rari. Biederman ha fatto scuola per noi psichiatri: è desolante scoprire a posteriori su quali elementi non genuini erano costruite queste false certezze – conclude Roberti di Sarsina – sulle quali peraltro si sono basate molte prescrizioni di antipsicotici ai bambini, anche in Italia».

D’altra parte Biederman è diventato anche un testimone chiave in una serie di processi intentati dai Procuratori Generali dello Stato, secondo i quali le ditte farmaceutiche avrebbe frodato i programmi statali Medicaid attraverso una commercializzazione indebita dei propri farmaci (la polemica si riferisce al fatto che sollecitando i medici a prescrivere farmaci oltre il necessario, le case produttrici abbiano contrubuito ad aggravare il deficit federale della sanità, ndr).

Nella lettera di scuse da parte di Biederman e colleghi (di seguito l’originale) si legge: «Ci assumiamo la responsabilità delle nostre azioni e le conseguenti azioni correttive imposteci: astensione da tutte le attività esterne sponsorizzate dalle industrie farmaceutiche per un periodo di un anno, con un ulteriore periodo di monitoraggio di due anni durante i quali dovremo ottenere l’approvazione dai funzionari istituzionali della HMS e del MGH prima di impegnarci in una qualsiasi attività retribuita, presentando al termine una relazione sulle suddette attività; ulteriore formazione; infine, promozioni o avanzamenti di carriera saranno presi in considerazione solo a conclusione di questa vicenda».

La vicenda non ha lasciato indifferenti l’opinione pubblica e men che meno i diretti interessati. L’agenzia della sanità nazionale, ad esempio, ha provveduto ad emanare nuove regole per gestire il conflitto di interessi in questo settore due settimane fa, mentre la stessa Università di Harvard, ha fatto sapere per bocca del professor Eric G. Campbell che i rapporti con l’industria sono cambiati: «Per molto tempo in medicina, e non solo ad Harvard, ma ovunque, c’era l’abitudine per cui i medici erano intitolati a ricevere benefit da parte dell’industria, ma oggi quella prassi sta completamente sparendo» ha affermato Campbell. «Oggi i medici ritengono che non sia né un diritto né un dovere accettare benefit dal privato».


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