Welfare

Scoperto un farmaco contro la sclerosi multipla

Due i farmaci, ha spiegato il ricercatore del S. Raffaele di Milano, risultati efficaci nel ridurre la frequenza degli attacchi

di Gabriella Meroni

Si stima che in Italia ci siano circa 50.000 malati di sclerosi multipla, molti dei quali purtroppo già disabili. E? stato scoperto un farmaco, il glatiramer acetato, che ha avuto conferma della sua efficacia da uno studio internazionale coordinato dal Centro Sclerosi Multipla dell’Ospedale San Raffaele di Milano. Giancarlo Comi, ordinario di Neurologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e direttore del Centro milanese, spiega: “Esami di risonanza magnetica dell’encefalo, effettuati in pazienti trattati col farmaco, già noto come “copolimero”, “hanno dimostrato che esso riduce significativamente il numero delle nuove lesioni demielinizzanti e il volume di tessuto cerebrale danneggiato. Inoltre la frequenza degli attacchi viene ridotta di circa un terzo”. Il glatiramer acetato, già disponibile in Stati Uniti, Canada, Australia e in alcuni Paesi europei, dovrebbe esserlo presto anche in Italia. La sclerosi multipla è una malattia gravemente invalidante, caratterizzata dall’attacco del sistema immunitario dell’organismo contro la guaina mielinica che protegge le fibre nervose di cervello e midollo spinale. Nella maggioranza dei casi, la malattia evolve con l’alternarsi di fasi di attacco e fasi di recupero, ma se non curata porta frequentemente a una grave disabilità. Due i farmaci, ha spiegato Comi, risultati efficaci nel ridurre la frequenza degli attacchi: l’interferone beta e ora il glatiramer acetato. “Il loro meccanismo d’azione è diverso, il primo riduce l’alterazione di permeabilità della barriera ematoencefalica e l’entità del processo infiammatorio. Il secondo fa sì che i linfociti attivati contro la guaina assumano invece un’ attività anti-infiammatoria. Entrambi i trattamenti riducono la frequenza degli attacchi di circa un terzo. Prima del presente studio”, ha rilevato, “non vi erano dimostrazioni che la minor frequenza di attacchi dipendesse da una riduzione del numero di lesioni demielinizzanti, mentre tale relazione era stata individuata per l’interferone beta”.


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