Politica

Scola: no alla tentazione del disimpegno

di Redazione

Di fronte alla gravità della crisi economica in atto e ai problemi che si stanno manifestando, è necessaria una partecipazione “molto più pronunciata di quanto non sia avvenuto in questi ultimi anni”. Con queste parole il cardinale Angelo Scola, a pochi giorni dal suo insediamento quale nuovo arcivescovo di Milano, si congeda dalla diocesi di Venezia che ha guidato per dieci anni. Scola ha rilasciato un’intervista ad alcune testate cattoliche del Veneto che sarà diffusa nei prossimi giorni.

In merito al difficile momento che attraversa il Paese, il cardinale ha osservato: “Cosa può fare la Chiesa di fronte a questa drammatica situazione di crisi? Vedo un’analogia con il compito cui è chiamata, a breve termine, nei confronti degli immigrati. Noi dobbiamo lanciarci in una condivisione immediata, con l’impeto appassionato al grande bene che è la vita di ogni singolo uomo e al suo destino”. “Non sono mancati nella crisi – ha aggiunto Scola- aiuti economici anche consistenti da parte della Chiesa italiana alle famiglie e ai lavoratori. Ma nè tocca a noi come Chiesa, né abbiamo la possibilità di proporre soluzioni politiche al problema”.

“Attenzione – ha proseguito – qui c’è però un punto su cui dobbiamo essere chiari: ai cristiani, soprattutto ai fedeli laici cristiani, tocca partecipare a questo compito sociale e politico in maniera molto più pronunciata di quanto non sia avvenuto in questi ultimi anni. Il cristiano è cittadino e deve esserlo fino in fondo”.

“Anzi – proseguito il porporato – come diceva il grande Pèguy: il cristiano è cittadino per eccellenza, proprio perchè la prospettiva della vita eterna, lungi dal generare un disimpegno col quaggiù, offre la possibilità di edificarlo al meglio, con una solida distanza critica. Spesso comunque sulle questioni legate alla crisi dei posti di lavoro mi sono trovato di fronte ad un dilemma che mi ha angosciato: di non fare solo parole, di non pensare che due dichiarazioni rilasciate alla stampa possano risolvere il problema”.

Anche alla luce del “grande dono” della recente visita di Papa Benedetto XVI, Scola evidenzia che “il Nordest è anzitutto chiamato a ripensarsi nella direzione di un recupero, ovviamente adeguato all’oggi, degli orizzonti larghi che sono alla base della sua nascita e crescita. Dobbiamo ritrovare come Chiesa e come società, anzitutto, questo spazio più largo che farà bene all’Europa e all’Italia nello stesso tempo”.

 

“Il futuro del Nordest – ha detto l’arcivescovo – è legato anche al suo essere nuova cerniera tra Nord e Sud. E gli eventi che stanno capitando in tutta l’Africa del nord e anche in taluni paesi del Vicino e del Medio Oriente urgono ad assumere questa prospettiva”.

“Ancora una volta -ha spiegato – non solo a partire dalla nostra grande esperienza di commerci e di industria ma come sforzo di condivisione benefica di culture diverse e di edificazione di una civiltà che abbia un respiro effettivamente internazionale, che sia plurale ma che non rinunci all’unità. Senza unità non c’è civiltà”.

 

 


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