Welfare

Sciopero della fame, ovvero cibarsi di quel che passa il carcere

di Redazione

Galera meno amara se a gestirla sono i detenuti
Si chiama Aiscrim, prigionieri del gusto un progetto che, nel carcere di Opera, trasforma i detenuti in gelatai, contribuendo, con una attività utile e mirata, ad acquisire una professionalità spendibile sul mercato del lavoro. Il progetto prevede la produzione di gelato e torte gelato con l’utilizzo di latte fresco pastorizzato proveniente da allevamenti italiani selezionati e di frutta fresca fornita direttamente dai coltivatori, e anche l’inserimento di persone detenute in punti vendita esterni.

Ucciardone, sciopero contro il modello 72
Sovraffollamento delle celle, prezzi troppo alti dei generi da acquistare in carcere, mancanza di igiene e pulizia: questi i motivi che hanno spinto 105 detenuti del carcere Ucciardone di Palermo a mettersi in sciopero. Ma è uno sciopero originale: dal primo luglio i detenuti si rifiuteranno di acquistare i prodotti dall’elenco per la spesa fornito in tutte le celle (il cosiddetto modello 72). Uno sciopero interessante perché punta su due effetti: rendere più trasparenti i prezzi e l’operato della ditta che fornisce i generi alimentari, ma anche far capire che, se davvero tutti i detenuti dovessero sopravvivere con i pasti del carcere, forse la situazione diventerebbe esplosiva.

La “marchiatura” di chi esce dal carcere
Sull’uscita dal carcere bisognerebbe investire più risorse, perché è il momento più faticoso e anche quello che può significare per la persona un cambiamento decisivo nella vita, e per la società una maggior sicurezza, se quel cambiamento avviene davvero. Un quadro di quanto sia difficile il reinserimento lo fa un detenuto, Enos, che la prima volta non ce l’ha fatta, e ora sta tentando davvero di dare una svolta alla sua esistenza: «Quando un detenuto lascia il carcere è come se si cimentasse in una arrampicata con un elevato grado di difficoltà per raggiungere la vetta del reinserimento, e molti non riescono nell’impresa. Chi esce dal carcere ha un marchio indelebile e non può fare nulla per nasconderlo. Questa “marchiatura” preclude ogni possibilità di svolgere un’attività lavorativa in cui sono richieste fiducia e responsabilità, quindi bisogna combattere contro un mare di pregiudizi».

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