Mondo
Scienziati informatici: al lavoro per prevedere le prossime mosse del Coronavirus
Lo studio dei dati su viaggi e viaggiatori diventa un fattore determinante per comprendere se ci saranno nuovi focolai della malattia
di Marco Dotti
È un informatico della Northeastern University di Boston e ha sviluppato modelli predittivi dell'epidemia. Alessandro Vespignani, con il suo tema, ha inoltre messo a punto un sistema chiamato EpiRisk. Che cosa fa EpiRisk? Stima la probabilità che individui infetti diffondano la malattia nei loro viaggi intorno al mondo. Intervistato dalla rivista IEEE Spectrum, Vespignani ha fatto il punto sulla diffusione di COVID-19.
Negli ultimi giorni, spiega Vespignani, «abbiamo visto alcuni segnali positivi in termini di riduzione dei casi segnalati in Cina. Il timore ora è la possibilità di catene di trasmissione in altri Paesi vicini alla Cina che non stiamo rilevando». Luoghi come Hong Kong hanno istituito interventi forti come la limitazione dei trasporti e la chiusura delle scuole. Ma altre regioni non lo stanno facendo, per cui «se questi Paesi cominciano a vedere casi che non sono stati importati dalla Cina, questo potrebbe indicare che l'epidemia si sta diffondendo in altri luoghi. Ed è possibile che queste regioni possano diventare nuovi epicentri».
Per studiare i modelli di diffusione della malattia, prosegue il professor Vespignani, «abbiamo bisogno di un approccio a tutto campo». Al momento Vespignani e il suo team si sta concentrando sui dati di sorveglianza provenienti dalla Cina e dai Paesi vicini, compresi i dati provenienti dai social media».
In primo luogo, «modelliamo l'epidemia per ottenere una consapevolezza della situazione, in particolare al di fuori della Cina. Poiché sappiamo quante persone viaggiano dalle regioni colpite dall'epidemia in Cina, è possibile dedurre la dimensione dell'epidemia altrove dai casi di COVID-19 rilevati a livello internazionale. Siamo in grado di fare queste previsioni prima dei sistemi di segnalazione sul campo, poiché questi spesso si basano su conferme ufficiali. Poi abbiamo i modelli che esaminano come interventi come le restrizioni di viaggio influenzano la trasmissione della malattia. Intorno a Wuhan, gli aeroporti sono chiusi, i trasporti a lungo raggio sono chiusi, le scuole sono chiuse. Stiamo cercando di capire la probabilità che queste misure possano contenere l'epidemia in Cina, e la probabilità di vedere casi al di fuori della Cina».
Il modello elaborato da EpiRisk sembra suggerire che le limitazioni di viaggio servano per contenere la diffusione e il contagio. Purtroppo, spiega Vespignani, «quando il divieto di viaggio è stato emanato a Wuhan era troppo tardi. La malattia si era già diffusa in molte altre province. Ma il divieto di viaggiare da e verso la Cina, emanato dagli Stati Uniti, sta avendo un grande effetto sulla riduzione del numero di casi importati dalla Cina. Questo ci fa guadagnare un po' di tempo per prepararci, sperando che la Cina sia in grado di contenere la malattia in quel Paese. Purtroppo una limitazione dei viaggi di questo livello non può essere mantenuta a tempo indeterminato a causa del suo enorme costo economico. E se l'epidemia si diffonde in altri Paesi, a quel punto le restrizioni di viaggio hanno poco impatto, perché non si può congelare il mondo».
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