Formazione

Scienza, scuola, giovani cioè Fattore J

Janssen Italia e Fondazione Mondo Digitale insieme per portare il pensiero scientifico e il valore della ricerca nelle scuole. Presentata a Roma la terza edizione dell'iniziativa. L'a.d. della casa farmaceutica Sturion: «Tra i giovani di oggi ci siano i ricercatori del futuro, che tra 10, 20 anni riusciranno a contribuire al progresso scientifico con soluzioni terapeutiche per molte malattie oggi purtroppo ancora senza risposta»

di Barbara Polidori

Come ritrovare fiducia nel futuro e in un mondo post-pandemia, quando per anni si è dibattuto sull’utilità sociale della ricerca scientifica e sulla mancanza di empatia? Circa 200mila ragazzi in tutta Italia hanno tentato di rispondere a questa domanda attraverso “Fattore J”, progetto formativo ideato Janssen Italia, l’azienda farmaceutica del Gruppo Johnson & Johnson, con Fondazione Mondo Digitale e con cui gli studenti di 111 scuole secondarie di secondo grado hanno decretato che, per rigenerarsi, il Paese debba ripartire da “più fiducia, più salute e più futuro”.

Non è sicuramente facile, considerando che gli ambasciatori di questo cambiamento sono sì le nuove generazioni, ma secondo il 55° rapporto Censis il 71% degli adolescenti si avvia all’età adulta con inquietudine. Ecco perché Janssen Italia e Fondazione Mondo Digitale tentano di dissipare dubbi e paure dei più giovani con “Fattore J”, iniziativa che attraverso attività formative, contest creativi e volontariato aziendale connette gli studenti con le più importanti associazioni scientifiche e i professionisti della salute del Campus Biomedico di Roma. L’obiettivo è accrescere la fiducia delle nuove generazioni nella scienza, garantendo la formazione online per 3.000 giovani delle scuole secondarie e risaltandone l’intelligenza emotiva, necessaria per riprogettare un mondo sostenibile.

«I ragazzi dai 18 ai 36 anni oggi rappresentano il 19% della popolazione: gli stili di vita sono talmente cambiati in questi anni che i trentenni di oggi sono considerati ancora giovani», spiega Ketty Vaccaro, responsabile area Welfare e Salute Censis. Ci si può permettere di sentirsi “giovani” anche a 30 anni, ma ciò non vuol dire che l’Italia sia un paese di adolescenti, anzi – «Se fino a 15 anni fa c’era un giovane ogni cinque persone in Italia, adesso ne contiamo uno ogni 24. I giovani sono diventati rarità e se non investiamo sul loro potenziale verrà presto a mancare la materia prima per il nostro futuro. Oggi l’Italia è il Paese con il tasso di occupazione giovanile tra i più bassi in Europa, la pandemia ha disvelato le fragilità generali del sistema e del mercato del lavoro, così la precarizzazione del lavoro ha condannato anche alla precarizzazione esistenziale. Eppure dalle nostre ultime indagini, risulta che i giovani abbiano ancora fiducia nell’università e nella scuola, la generazione Z è la più colta e le più inclusiva che abbiamo mai avuto nel nostro Paese».

Ed è per questo che gli adolescenti di oltre 16 Regioni italiane hanno stilato con il patrocinio dell’Istituto Superiore di Sanità un Manifesto della Salute, un vademecum che suggerisce al Paese da dove ripartire per un futuro dignitoso, riconoscendo il benessere come diritto universale.

«Siamo nati nel progresso. Siamo e saremo il progresso. La nostra responsabilità, come nuove generazioni, è quella di cambiare le cose. Ci hanno consegnato un mondo al tracollo e noi siamo la speranza di un futuro migliore. Per questo avere consapevolezza dei rischi per il nostro pianeta, per la nostra salute, per la nostra società è importante. Per cambiare le cose in meglio», racconta Tommaso, studente di 17 anni che aderisce al progetto.


Presentato oggi all’Accademia dei Lincei a Roma e giunto alla sua terza edizione, “Fattore J” si articola in momenti di formazione in presenza e a distanza, contest creativi, incontri con le associazioni di pazienti e laboratori pratici. Il progetto evidenzia come manchino prospettive chiare sui progetti di vita dei ragazzi (secondo il 76,8% dei dirigenti scolastici coinvolti nel progetto) e sempre di più si diffonda la sindrome del ritiro o del "biancore", nella definizione del sociologo David Le Breton. Ovvero, quel “torpore” che avvolge l’individuo quando non riesce più a reggere le pressioni del proprio personaggio e le costrizioni della propria identità.

«In questi anni Fondazione Mondo Digitale ha svolto delle indagini che hanno dimostrato come i giovani siano empatici, responsabili e abbiano fiducia nella prevenzione, nonostante tutti gli sforzi che abbiamo richiesto loro in pandemia», spiega Mirta Michilli, direttrice generale di Fondazione Mondo Digitale.

«Il livello di emotività della nostra generazione è altissimo e questo progetto ci ha aiutato a sviluppare fiducia nel futuro», aggiunge Benedetta, studentessa del Plauto. Facendo leva sul desiderio di scuola dei ragazzi, il progetto “Fattore J” vuole colorare il "biancore" con i progressi della scienza della salute e le storie di cura, affinché la ricerca scientifica diventi "abilitatore di fiducia nel futuro".

Gli istituti che aderiscono al progetto, saranno coinvolti in sessioni pratiche su tecniche di podcasting, video making, grafica e storytelling, per potersi cimentare in un grande contest che li vedrà protagonisti nel loro racconto della “salute del futuro”. I lavori dei giovani saranno selezionati e giudicati da una giuria d’eccezione composta da professionisti del mondo della comunicazione e della scienza. I vincitori nelle singole categorie saranno poi premiati in un grande evento finale a maggio 2023 e vedranno i propri capolavori promossi sulle diverse piattaforme disponibili.

«Con Fattore J abbiamo costruito un grande network fatto di associazioni pazienti, società scientifiche e istituzioni che credono come noi nell’importanza di diffondere la fiducia nella scienza, vogliano aiutare i giovani a comprenderne il valore e ad averne fiducia», dichiara Mario Sturion, amministratore delegato di Janssen Italia, «la scienza basata sull’evidenza è nel nostro Dna: vogliamo portare il prima possibile ai pazienti le cure che stanno aspettando. Crediamo che tra i giovani di oggi ci siano i ricercatori del futuro, che tra 10, 20 anni riusciranno a contribuire al progresso scientifico con soluzioni terapeutiche per molte malattie oggi purtroppo ancora senza risposta».

Se il futuro è imperscrutabile, la consapevolezza degli studenti sulle sfide e responsabilità che li attendono è fin troppo chiara.

«Troppo spesso siamo identificati dall’opinione pubblica come risorsa, ma vogliamo essere percepiti prima di tutto come persone», racconta Marina, anche lei studentessa al Liceo Plauto, «Contrariamente a quanto dicono gli adulti, non concepiamo lo Stato come un’entità distante, ci sentiamo parte e vogliamo contribuire, ma abbiamo bisogno di stimoli per farlo».

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