Cultura

School Bonus, ecco cos’è e come funziona

È la novità di quest'anno. Chi fa erogazioni liberali ad una scuola (statale o paritaria), ha un credito di imposta pari al 65% per le donazioni effettuate negli anni 2016 e 2017 e al 50% per il 2018: si chiama school bonus. Ecco come funziona

di Gabriella Meroni

Da quest’anno si può sostenere una scuola con una donazione che rientra al 65% con crediti d’imposta. Una misura che potenzialmente vale 20 milioni di euro. La Buona Scuola ha varato anche un incentivo fiscale per chi decide di donare agli istituti scolastici, il cosiddetto “school bonus”. Identico nel meccanismo al più noto “art bonus”, il provvedimento è diventato operativo con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale lo scorso 23 maggio, e per questo deve ancora farsi conoscere. In questi giorni è partita la campagna di comunicazione istituzionale di Miur e Presidenza del Consiglio dei Ministri sullo School Bonus, con una pagina facebook e un hashtag, #GrazieScuola.

Lo school bonus è una misura di cui possono avvantaggiarsi sia le persone fisiche sia gli enti non commerciali e i titolari di reddito di impresa. Tutto bene dunque? Non esattamente. Se vantaggi e finalità sembrano convincere, le perplessità sorgono sul meccanismo: la donazione del cittadino, infatti, non viene indirizzata alla scuola ma finisce in un apposito fondo del Miur, che poi la stornerà per il 90% alla scuola indicata e per il 10% agli istituti destinatari di erogazioni per cifre inferiori alla media nazionale (per una tutela nei confronti dei territori meno ricchi).

Le scuole beneficiarie provvederanno poi a comunicare, sul proprio sito, l’ammontare delle somme ricevute, la loro destinazione ed effettivo utilizzo. «Peccato, un’ottima idea realizzata male», è il commento di Carlo Mazzini, esperto di fiscalità e legislazione degli enti non profit. «Meglio sarebbe stato assegnare i fondi direttamente alle scuole, evitando il passaggio dall’amministrazione pubblica che, come insegna l’esperienza del 5 per mille, rallenta i tempi di erogazione e rende difficile la programmazione degli interventi. I singoli istituti avrebbero poi potuto versato il 10% di quanto ricevuto al Miur, per sostenere gli istituti meno abbienti».

Burocrazia a parte, questo strumento si aggiunge agli altri già in vigore per donare fondi privati alle scuole italiane, rafforzandone di fatto il ruolo di nuovi protagonisti del fundraising. Ma dirigenti e personale, già travolti (piacevolmente, nella maggior parte dei casi) dalle tante novità della Buona Scuola, sono pronti a cogliere l’ennesima opportunità? «Molte scuole si sono lanciate da tempo nella raccolta fondi, chiedendo alle famiglie i contributi volontari», osserva Massimo Coen Cagli, direttore scientifico della Scuola di Roma FundRaising, «ma questi fondi sono stati presentati male, come una sorta di sovrattassa semiobbligatoria. Il fundraising è altro: è dare innanzitutto le ragioni di una scelta. E poi bisogna specificare gli obiettivi: a mio parere chiedere fondi per le strutture e la manutenzione non paga, perché il cittadino pensa di aver già fatto la sua parte con le tasse. Meglio puntare sulle iniziative per l’occupabilità».

«Di per sé lo school bonus, pur essendo un’ottima iniziativa, potrebbe non portare un euro in più alle scuole», è l’opinione di Luciano Zanin, presidente di Assif-Associazione Italiana Fundraising. «La donazione arriva se la si sollecita, non si crea da sola, neanche se esiste un incentivo. Bisogna poi evitare quello che è successo con l’art bonus: si è scelto di farlo utilizzare a chi era già donatore per “premiarlo”, anziché sfruttarlo per cercare nuovi sostenitori. Ma un bonus dovrebbe attivare risorse che prima non c’erano».

Ma esiste una platea di donatori ben disposti, in attesa soltanto di scegliere l’istituto migliore da finanziare? «Certo che esiste», risponde Coen Cagli. «Secondo le nostre stime calcolate su un ipotetico 5 per mille all’istruzione, a questo scopo gli italiani destinerebbero 20 milioni l’anno». «Assolutamente sì», gli fa eco Zanin. «Gli italiani credono nella scuola, ma sono poco informati su come sostenerla concretamente. Dobbiamo aumentare questa consapevolezza costruendo relazioni sul territorio: da lì passa il successo di qualunque campagna di raccolta fondi».

Ma esattamente cosa prevede e come funziona lo school bonus? A chi effettua una donazione ad un istituto di sua scelta (statale o paritario) spetta un credito d’imposta pari al 65% per le erogazioni effettuate nel 2016 e 2017 e del 50% per quelle disposte nel 2018. L’importo massimo ammesso all’agevolazione fiscale è pari a 100.000 euro per ciascun periodo d’imposta. Il credito d’imposta è ripartito in tre quote annuali di pari importo. I contribuenti scelgono liberamente la scuola a cui fare la donazione. Quest’ultima riceverà il 90 % dell’erogazione, il restante 10 % confluirà in un fondo perequativo che sarà distribuito alle scuole che risultino destinatarie di erogazioni liberali in un ammontare inferiore alla media nazionale. In arrivo anche un kit promozionale per le scuole. Info www.schoolbonus.gov.it.

Nessuno ti regala niente, noi sì

Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.