Lo cantavano i Csi qualche anno fa quanto è importante saper scegliere da che parte stare. Lì c’era la linea gotica di mezzo, oggi ci sono due fatti di cronaca che ben dimostrano cosa significhi e, anzi meglio, cosa implichi saper essere di parte. Il primo è il caso di Emergency che raccoglie in un lampo oltre centocinquantamila firme a sostegno dei loro operatori incarcerati in Afghanistan. E’ solo l’ennesima dimostrazione di un percorso di crescita organizzativa e reputazionale che al fondo si alimenta proprio nella capacità di affermare chiaramente da che parte si sta. Può piacere o non piacere, può risultare più o meno efficace, ma sul fatto che Emergency sappia scegliere e posizionarsi non ci sono dubbi. La cosa interessante è che la parte non è scelta tra una gamma preesistente, appoggiandosi su sponde definite come quelle della destra e sinistra politica ad esempio. Se così fosse lo standing dell’organizzazione ne sarebbe irrimediabilmente danneggiato. La linea (e chi vuole può ancora vederci vecchie citazioni musicali della stessa famiglia Csi) è spesso tracciata dalla stessa Emergency. E questa capacità – che sarebbe interessante sapere quanto deriva dal carisma del fondatore e quanto è cultura organizzativa – non riguarda solo azioni di advocacy come la raccolta firme, ma alimenta in modo molto consistente anche la parte business (raccolta fondi) e di coinvolgimento dei volontari. E’ un modo diverso di interpretare lo spazio umanitario come scriveva Marco Revelli qualche tempo fa su Communitas. Non neutrale o, se si preferisce, al di sopra delle parti come accadeva per organizzazioni storiche come la Croce Rossa, ma frutto di una opzione esplicita dalla quale discendono, nel bene e nel male, tutte le conseguenze del caso, forse anche i fatti di questi ultimi giorni. Un insegnamento utile anche per chi opera in contesti forse meno traumatici ma comunque caratterizzati dalla necessità di ricercare l’interesse generale senza per questo dover per forza far combaciare qualsiasi punto di vista. E qui giungo al secondo caso, quello dell’imprenditore di Adro che si è fatto carico del debito della mensa scolastica evitando che le famiglie morose fossero escluse dal servizio come proponeva l’amministrazione comunale di centro destra. Anche lui ha rotto gli indugi e ha scelto da che parte stare. Magari esagerando, magari correndo il rischio di coprire comportamenti opportunistici da parte di qualche debitore ma comunque ha scelto, spiazzando la sua stessa parte politica (e fin qui niente di trascendentale) ma soprattutto la sua comunità (che infatti non l’ha presa benissimo). E il terzo settore locale? Non credo manchino in quella zona associazioni, organizzazioni di volontariato, cooperative sociali. Forse però, stretto tra convenzioni, appalti, tavoli di concertazione ecc., si è dimenticato che il benessere e la coesione passa anche da una dose, consapevolmente giocata, di conflitto partigiano.
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