Welfare

Scatta l’operazione “Ragazzi fuori”

Dopo l'indulto: la sfida del reinserimento vista da chi se ne occupa da sempre. Anteprima da VITA Magazine in edicola da venerd

di Sara De Carli

Sapesse come sono belli i piedi dei ragazzi che escono dalla galera, scriveva Adriano Sofri a Giovanni Paolo II. Oggi l?unico sentimento suscitato dai piedi dei 15mila detenuti che si apprestano a uscire dal carcere è un cinerea preoccupazione. L?altra faccia dell?indulto è l?emergenza. Secondo le stime, il 40% dei detenuti in uscita non ha una casa dove andare, né una famiglia o una rete sociale di riferimento. Mastella, dopo la pubblicazione della legge sull?indulto in Gazzetta Ufficiale, ha sguinzagliato i suoi cinque sottosegretari in giro per l?Italia a pianificare gli interventi necessari ad accompagnare il reinserimento degli ex detenuti «in condizioni di fragilità». Il sottosegretario Luigi Manconi però non è in grado di dire quanti siano e si limita a dichiarare che si sosterrà con forza il terzo settore. Il terzo settore, per parte sua, sa bene che «l?indulto è un atto umanitario che, senza pretese magicamente risolutive, sposta l?ambito dei problemi e delle soluzioni dall?istituzione penitenziaria alle istituzioni pubbliche e private del territorio » (sono parole di Valerio Luterotti, coordinatore di Federsolidarietà). Come dire: siamo in ballo, balliamo. Noi ci siamo, senza allarmismi, in continuità con il lavoro di sempre. Anche se con numeri enormi, tutti d?un botto. «La cooperazione sociale, in questa fase d?emergenza, accelererà i suoi percorsi», continua Luterotti, «ma nella linea della continuità. Non mancano le idee né i progetti, dall?inserimento lavorativo all?housing sociale. Non chiediamo risorse economiche aggiuntive ma un modo più integrato di operare, verso formule interistituzionali più partecipate e vincolate più ai risultati che alle procedure ». Intanto nelle carceri di Milano e provincia si passano al vaglio i fascicoli dei 2.405 detenuti che godranno dell?indulto, per individuare i bisogni di ciascuno e dare a ogni detenuto in uscita un indirizzo preciso a cui rivolgersi. Secondo Luigi Pagano, provveditore delle carceri lombarde, «un terzo dei detenuti non può rispondere ai bisogni elementari. Questo censimento qualitativo permette di individuare tempestivamente le risorse più adatte per aiutarli». Anche Patrizio Gonnella, di Antigone, parla di… […] L’articolo completo online per i soli abbonati e con VITA Magazine in edicola da venerdì

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