Politica

Scanzano. Caso senza soluzione? Le scorie, débacle del nucleare

Tutti i Paesi che hanno scelto l'energia atomica, sono alle prese con questo problema. E stanno facendo marcia indietro, Usa in testa.

di Ida Cappiello

Un cubo di 43 metri di lato, un condominio di 12 piani. Questa è la dimensione ?compattata? di tutte le scorie nucleari con cui l?Italia avrà a che fare, secondo una proiezione attendibile, nei prossimi dieci anni: gli 80mila metri cubi stimati dalla Sogin, la società pubblica che ha ereditato dall?Enea la gestione di quanto resta del nucleare italiano. Sembra poco, a prima vista, per scatenare una ribellione come quella di Scanzano. Ma che cosa c?è davvero dentro questo ?cubo? virtuale? Abbiamo cercato di capirlo. I rifiuti radioattivi possono essere distinti in due grandi categorie: quelli a bassa attività e quelli ad alta attività. I primi “perdono quasi completamente la loro radioattività in un tempo relativamente breve, dell?ordine di qualche secolo” si legge in un interessante sito dell?Enea (waste), mentre per i rifiuti ?longevi? si parla di migliaia di anni: ordini di grandezza che sfuggono a qualsiasi possibilità di pianificazione politica… La maggior parte dei rifiuti radioattivi rientra nella prima categoria, ma questo non consola molto gli umani. Per tutte le scorie, lo smaltimento significa stoccaggio, in attesa che, per i nostri pronipoti, diventi possibile distruggerle. Attenzione, però: prima di stoccarle bisogna ?condizionarle?, ovvero inglobarle in blocchi di cemento, con la funzione di isolante della radioattività. Il blocco, che può essere anche molto grande nel caso di residui costituiti da parti di impianto contaminate, a sua volta viene imballato in fusti di acciaio. Infine, i rifiuti più pericolosi, ad alta attività, devono essere inglobati in blocchi vetrosi fusi a oltre 1000 gradi. Il risultato è che il ?cubo? di partenza diventa molto più grande: nel sito citato lo stimano in oltre 200mila metri cubi. L?inglobamento, per quanto riguarda i blocchi vetrosi, deve essere fatto all?estero: “In Italia non abbiamo impianti di vetrificazione. Dunque, prima di trasportare le scorie nell?eventuale deposito centralizzato, bisognerà mandarle in altri Paesi europei”, spiega Elio Calligarich, ricercatore dell?Istituto nazionale di fisica nucleare presso l?università di Pavia. Una logistica pesantissima, indicata dal Wwf come una ?pietra tombale? per il futuro del nucleare, più ancora dei rischi legati all?esercizio delle centrali. “I Paesi industrializzati, Stati Uniti in testa, hanno abbandonato il nucleare, anche se la cosa si dice poco in giro”, dice il direttore scientifico del Wwf, Gianfranco Bologna. “E il motivo principale è proprio la gestione delle scorie. Ci ricordiamo che ogni centrale si esaurisce dopo quarant?anni? Dopo comincia il bello, si fa per dire, cioè anni e anni di decontaminazione, che è solo il trasferimento dei rifiuti altrove. è anche un problema di costi spropositati, non solo ecologico”. Il presente però va gestito e nemmeno gli ambientalisti si oppongono al deposito centralizzato, che sembra davvero la soluzione adeguata. “Le scorie devono essere stoccate in Italia, non c?è dubbio”, conclude Bologna. “Ma bisogna riaprire un tavolo di confronto ampio, che del resto era partito bene qualche anno fa, con una commissione bicamerale e un gruppo di lavoro che comprendeva tutti gli interessati, istituito dal ministro dell?Industria, Bersani. A un certo punto è calato il silenzio. E ora, questa decisione quasi militaresca”.


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