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Scalfire

Ode agli 80 anni di Eugenio Scalfari. Uomo che nella vita è stato un po’ di tutto, ma che sarebbe sciocco scalfire, malgrado l’assonanza.

di Alter Ego

Scalfire. Non semplicemente toccare, incidere, graffiare, plasmare ma scalfire. La notizia, la realtà, la politica, l?attualità. Scalfire. Non scoprire, scovare, seguire. Né illustrare, descrivere, tratteggiare. Quanto piuttosto scalfire. Ovvero scheggiare, scavare, deturpare, affossare, disossare.
Era qualcosa di più di un programma politico, e qualcosa di altro di un tipo di giornalismo. Era il destino, il fato che gli dei Mani avevano voluto per Eugenio Scalfari. Il fondatore, il fenomeno più significativo del panorama massmediatico degli ultimi quarant?anni. L?uomo che ha creato la Repubblica. Il giornalista di mostruoso talento che prima aveva intuito e fondato anche L?Espresso. L?uomo che in questi giorni ha compiuto ottant?anni.
Scalfire. Più che un programma di lavoro, più che il baricentro di una vita, un destino. Il fato di Scalfari, iscritto a tutto tondo in quel gioco di parole che si è ritrovato addosso fin dalla nascita, casuale, a Civitavecchia. Scalfari è stato tutto e il contrario di tutto. Fascista (anzi, bottaiano di ferro), antifascista, democratico (ma nel 1946 votò monarchia), repubblicano, liberale, radicale, azionista, socialista, filocomunista, demitiano, pattista, riformista, antiberlusconiano? Allo scoccare dei settant?anni, poi, quando gli interlocutori del teatrino della politica non gli bastarono più, si fece filosofo e interlocutore di se stesso. E cominciò a pensare a Dio, sebbene in chiave pseudoilluminista.
Scalfire Scalfari sarebbe impossibile. E stupido. Che il cielo ce lo mantenga, invece. Integro. Così com?è.

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