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Scajola si è dimesso “per difendersi”
Esplode il caso del ministro Pdl dopo le prime pagine dei giornali di oggi
“Non potrei come ministro della Repubblica abitare in una casa in parte pagata da altri”: è questa la motivazione con la quale Claudio Scajola ha rassegnato le dimissioni da ministro dello Sviluppo Economico “per potermi difendere”: Si conclude così a mezzogiorno questa fase di una vicenda clamorosa, esplosa nelle pagine dei giornali, in seguito a testimonianze precise relative al pagamento di un appartamento, nel 2004, con vista sul Colosseo, dal valore di mercato nettamente superiore rispetto a quanto lo stesso Scajola aveva nei giorni scorsi dichiarato di aver pagato. Una svolta preceduta da segnali inequivocabili di mutamento di rotta rispetto ai giorni scorsi, quando Berlusconi aveva respinto una prima volta le sue dimissioni. I giornali oggi in edicola testimoniano proprio questo passaggio, e le perplessità anche all’interno della maggioranza.
- In rassegna stampa anche:
- VELO
- IMMIGRAZIONE
- 8PERMILLE
- ACQUA
- DONNE
- AGENZIE DI RATING
- UNITA’ D’ITALIA
- MASS MEDIA
- IRAQ
Apertura (“Scajola sotto accusa, ora è in bilico”) e editoriale (“Chiarire subito” di Massimo Franco) del CORRIERE DELLA SERA sono dedicati al caso Scajola. Il quotidiano milanese annunciando il faccia a faccia di oggi fra il ministro e il Berlusconi scommette sulle dimissioni. Scrive Franco: «Non si possono ancora dare per scontate le dimissioni del ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola. Ma i tempi per decidere la sua sorte si stanno brutalmente accelerando. A pesare non è solo la saldatura delle opposizioni che con qualche ragione pretendono le sue spiegazioni di fronte al Parlamento. Il ministro appare sempre più in bilico all’interno della propria maggioranza. Il fatto che ieri sera sia tornato precipitosamente dalla Tunisia, dove doveva rimanere in missione per due giorni, segnala l’aggravamento della sua posizione». Continua Franco: «a nelle ultime ore qualcosa deve avere incrinato la certezza della coalizione di trovarsi di fronte ad un «processo mediatico » senza fondamento. E soprattutto, ha fatto capire che i tempi scelti da Scajola per andare dal magistrato come «persona informata dei fatti» il 14 maggio, e poi in Parlamento, risultano biblici: troppo lunghi rispetto allo stillicidio di notizie che filtrano quotidianamente; e capaci di rivelarsi controproducenti per la credibilità di un governo reduce dalla vittoria alle regionali di fine marzo ma in balìa delle tensioni interne. C’è da sperare che, oltre alle minacce di querele, il ministro offra una versione convincente e decisiva del suo operato: ai propri alleati, in primo luogo. Sta diventando sempre più chiaro che qualche dubbio corposo ormai si è insinuato nello stesso centrodestra. Il destino politico di Scajola dipende dalla sua residua credibilità nel governo». Intanto nel suo Dietro le quinte Marco Galluzzo anticipa in nomi dei possibili sostituti del ministro dello Sviluppo, fra questi Romani, Galan o un leghista, anche se il preferito del premier sarebbe Luca Montezemolo. Come al solito è invece Fiorenza Sarzanini ha firmare il servizio sull’inchiesta giudiziaria. Nel suo “le sorelle che hanno venduto al ministro: «Ecco le prove degli assegni per la casa»” si dà conto dei nuovi documenti bancari che smentiscono la versione del ministro Scajola: «Li hanno consegnati alla Guardia di Finanza le sorelle Beatrice e Barbara Papa, proprietarie dell’appartamento con vista sul Colosseo venduto il 6 luglio 2004. Estratti conto e altri attestati finanziari per dimostrare che non sono loro ad aver mentito sul prezzo, nè sulle modalità di consegna del denaro. Le testimonianze si incrociano con quelle dell’architetto Angelo Zampolini, l’uomo di fiducia del costruttore Diego Anemone che dopo aver rivelato di aver consegnato personalmente a Scajola gli 80 assegni circolari per un totale di 900.000 euro ha aggiunto: «Ero presente alla stipula e ho assistito alla consegna dei titoli alle venditrici».
“Assedio a Scajola: «Si dimetta»: è l’apertura de LA REPUBBLICA che nel sommario riporta la posizione dell’interessato (“Il ministro: processo mediatico”) e l’appuntamento di oggi: l’incontro con il premier. Seguono tre pagine inaugurate da Giovanna Casadio che parte riferendo la posizione del titolare dello Sviluppo economico: si tratterebbe di «fango», «di un processo mediatico basato sulle dichiarazioni di terzi, dal contenuto ignoto, in cui il dato davvero certo è che non sono indagato». Avverte che querelerà ma intanto il ministro una qualche marcia indietro la fa: accetta di riferire in Parlamento (ma «dopo l’audizione come persona informata sui fatti», dunque dopo il 14 maggio). Le opposizioni chiedono le sue dimissioni e pensano a una mozione di sfiducia (da votare con scrutinio segreto). Dal canto suo Anemone fa sapere: «non ho contribuito ad acquistare le case di nessuno». Nel suo retroscena, Francesco bei riferisce di una telefonata tra Scajola e il premier. Il primo avrebbe chiamato Arcore: «Presidente come sempre farò quello che riterrai più giusto», avendo come risposta: «vai in Tunisia, continua a lavorare sereno, poi affronteremo insieme la questione» (Scajola doveva stare due giorni in Tunisia, è tornato dopo poche ore annullando vari impegni). La situazione però sarebbe precipitata. Il cavaliere è preoccupato: «i magistrati non gli stanno dando la possibilità di difendersi, sono scandalose queste rivelazioni a rate, e nessuno meglio di me sa cosa vuol dire passare attraverso questo calvario. Ma certo la situazione è difficile. La casa è un bene che colpisce molto l’immaginazione della gente» (come a dire: fossero stati contanti, sarebbe stata un’altra cosa…). Sul giudizio di Berlusconi pesa anche la protesta che sul sito del Pdl sta montando: sono molti gli elettori arrabbiati e che chiedono di fare pulizia. Stanno circolando anche i nomi di possibili successori: Paolo Romani (sottosegretario allo Sviluppo economico), Guido Possa, amico del premier e presidente della commissione Istruzione del Senato, Giampiero Cantoni senatore Pdl e presidente della fondazione Fiera di Milano.
“Caro ministro Scajola” inizia la lettera con cui Vittorio Feltri, direttore de IL GIORNALE, mette alcuni punti fermi alla vicenda dell’acquisto di una casa da parte del ministro dello Sviluppo economico che sabato era stato intervista dal GIORNALE. E il titolo della prima pagina anticipa il finale dello scritto “Scajola chiarisca o si dimetta”. Feltri infatti scrive: «è noto che l’acquirente privato tenda a denunciare meno del reale per risparmiar sulla tassa di registro. Se anche lei si fosse comportato così, a questo punto lo dica e buona notte. Non bello sfottere il fisco, ma diciamo che si usa». E ancora «è verosimile che lei non sapesse nulla degli assegni circolari incamerati dalle sorelle Papa nel suo studio? Mica tanto». E infine: «Prendo atto che lei non è neppure indagato e quindi è assurdo accusarla di aver commesso rati come hanno fatto parecchi quotidiani apertamente antigovernativi. Mi limito a riportare che su certi particolari c’è qualcosa di poco chiaro, per essere gentili. Tra una settimana dovrà rispondere a un magistrato come persona informata sui fatti. Non aspetterei quel giorno. Lo faccia subito o finirà male». E IL GIORNALE annuncia che il potenziale sostituto di Scajola sarebbe Paolo Romani, oggi viceministro proprio di Scajola. «Basterebbe un promozione per risolver il problema senza aprire il vaso di Pandora con una sostituzione tout court che con l’aria che tira potrebbe essere la premessa di un rimpastino di governo», scrive Adalberto Signore.
«Caro ministro, non si dimetta» è questo il titolo del commento in prima pagina de IL MANIFESTO scritto come se fosse una lettera e firmato da Pietro Robecchi, dedicato al caso Scajola. «Egregio ministro Scajola, forse la stupirò: io non chiedo le sue dimissioni, e nemmeno chiedo che lei vada in Parlamento a discolparsi. Anzi le chiedo il contrario, non ci vada (…) Quel che vorrei comunicarLe anzi è il messaggio di tenere duro, di resiste. Ministro Scajola, resti al suo posto. Con la sua casa di 180 metri quadri vista Colosseo che sostiene di aver pagato un terzo del prezzo di mercato, la sua presenza in questo governo del fare non è soltanto giusta, ma necessaria, direi addirittura didattica, esemplare. Per parafrasare certi western e certi film di spionaggio, caro ministro, Lei ci serve vivo, al suo posto, ben visibile» scrive Robecchi che continua: «L’ottanta per cento degli italiani ha una casa in proprietà. Sa cosa vuol dire andare dal notaio, versare assegni, firmare un rogito. (…) Gli italiani saranno anche smemorati e ipnotizzati dalla propaganda del Suo Capo, ma sanno che quella casa lì, sua o della sua figliola, non la paga 610.000 euro nemmeno la Madonna di Medjugorje, che il mercato sarà scemo – io ne sono certo – ma non così scemo (…)». Il commento finisce a pagina 5 dove sono presenti gli altri articoli dedicati al tema in cui, accanto agli articoli sull’inchiesta e le prese di posizione di Scajola che non si dimetta ma «anticipa il rientro dalla Tunisia», si trova anche la notizia dello striscione di protesta esposto sul cavalcavia di fronte al Colosseo e sotto l’appartamento romano del ministro: «Cerchi casa? Chiedi a Claudio». Autori dell’iniziativa alcuni giovani dell’associazione Semplicerivoluzione.com. Nello stesso box si riporta la voce dei vicini di casa «il ministro è sempre gentile e si scusa a volte per i disagi dovuti alle rigide misure di sicurezza». Un altro sottolinea: «Ma vi pare che un appartamento del genere costa 600 mila euro? Qui c’è una vista unica al mondo, con il Colosseo di fronte a 50 metri: un privilegio del genere si paga a suon di milioni di euro».
Al caso Scajola IL SOLE 24 ORE dedica l’intera pagina 15. “Scajola prima dai pm e poi in aula” è il titolo del pezzo di cronaca. “Due settimane di attesa per i chiarimenti sono troppe” è invece il titolo del commento di Stefano Folli: «Nel clima di tensione che si è creato, due settimane sono davvero eccessive. Sia per il governo Berlusconi, sia per la maggioranza. Dove peraltro la solidarietà con Scajola è stata piuttosto fredda, per non dire avara. Coloro che sono andati al di là di qualche frase di circostanza si contano sulle dita di una mano. E questa è un’altra ragione che dovrebbe spingere l’uomo politico ligure ad affrettare i tempi. Può soltanto guadagnarne in credibilità personale. E se poi le sue ragioni risulteranno convincenti, meglio per tutti».
ITALIA OGGI dedica a Scajola un commento a pagina 2 e un articolo a pagina tre. Il commento è titolato “È prematuro chiedere le dimissioni di Scajola” a firma di Marco Bertoncini «Che Gianfranco Fini lanci i propri circoli, è scontato. Che Antonio Di Pietro presenti una mozione di sfiducia contro il ministro Scajola, è ovvio. Per dirla con Pirandello, ciascuno ha la propria forma che lo condiziona. Non sanno essere diversi da come, circostanze, politica, ambizioni li portano a essere. Una corrente è un micro partito. Logico che, fondatane una, Fini le conferisca quel minimo di organizzazione che gli consenta spazio nel Pdl. Soprattutto, deve attrezzarsi per il congresso. Che questo sia indetto presto o nel 2012, Fini deve disporre in periferia di un numero di seguaci sufficiente a non essere umiliato quanto a voti congressuali. Diciamo umiliato, perché ora come ora, l’area ricopribile dal presidente della Camera fra gl’iscritti del Pdl (quanti saranno, poi?) è, oggettivamente, oltremodo limitata. Raccattando un po’ di scontenti, cercando di fare qualche tessera, Fini può invece darsi una base tale, se non altro, da salvarlo da figuracce. In ogni modo, non può agire diversamente. Discorso simile vale per Di Pietro. Il suo scopo è semplice: attestare, nei fatti, di essere l’oppositore per antonomasia. La situazione di Scajola non è felice: lo stillicidio di notizie processuali non gli giova, la sua difesa non ha persuaso molti, nei palazzi romani c’è un’attesa, morbosa e malaugurante, per le mosse dei procuratori. Le dichiarazioni di Nicola Porro, che l’ha intervistato per il Giornale, di non credergli, sono una botta. Chiedere le dimissioni di un personaggio finora neppure indagato appare a molti fuori luogo. Per una caterva di giustizialisti, di antiberlusconiani, di estremisti, di grillini, di sfegatati, è, invece, un’iniziativa lodevole, da perseguire con vigore. Ancora una volta, Di Pietro dà voce a simili stati d’animo, che non sono mirabili, ma esistono. Pirandellianamente, Di Pietro riempie di contenuti la loro (e la propria) forma». A pagina 3 invece Franco Adriano firma “Nel Pdl si tratta sul dopo Scajola”. «Nel Pdl si discute sull’eredità della poltrona numero uno del dicastero dello Sviluppo economico, mentre il legittimo titolare, Claudio Scajola, pur stando ancora sulla graticola, è vivo e vegeto e sembra ben deciso a non passare la mano. Secondo quanto risulta a Italia Oggi finiani e berlusconiani starebbero già trattando in vista della peggiore delle ipotesi: le dimissioni del ministro». Ecco lo scenario in caso di dimissioni. «In panchina si starebbe già scaldando il presidente del gruppo Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto, ma i recenti scontro con il suo vicario, poi dimissionato, Italo Bocchino non rende facile la trattativa con gli uomini di Gianfranco Fini. Se dovesse verificarsi questa ipotesi già si fa il nome di Maurizio Lupi per prendere il suo posto a Montecitorio. In alternativa a Cicchitto si fa il nome del presidente della commissione Affari costituzionali, Donato Bruno. Una personalità che potrebbe mettere d’accordo le due fazioni in lotta». Intanto sul caso dell’appartamento di 180 metri quadrati al piano ammezzato di un palazzo affacciato sul Colosseo, che Scajola avrebbe acquistato a prezzo di favore per sua figlia, si sta verificando un braccio di ferro tutto interno alla cricca. «Uno contro l’altro sono contrapposti il titolare dell’impresa punto di riferimento della cricca dei lavori pubblici (G8 e mondiali di nuoto), Diego Anemone, e il suo architetto Angelo Zampolini. Quest’ultimo sostiene di aver portato nel giorno del rogito una provvista di assegni circolari per la quota in nero (900mila euro) direttamente al ministro, presso il dicastero, dove si doveva stipulare l’atto. La parte venditrice, le sorelle Papa, hanno già confermato la circostanza. Anemone, invece, sostiene di non aver dato denaro a nessuno, tanto meno a Zampolini, e di non aver contribuito ad acquistare la casa. Chi dice la verità?».
“Io vittima di un processo mediatico”, dice il ministro Scajola nel titolo di AVVENIRE. L’articolo parte con un «arrivano nel pomeriggio i primi segni di cedimento» ed è corollato da un’infografica di foto e commenti brevi del “fronte ostile” a cominciare da Franceschini, Granata e Casini. Il «segnale» del fatto che Scajola sia «in bilico» arriva dal blog di Nicola Porro, vicedirettore di Il Giornale, che dice: «io l’ho intervistato e non gli credo». Anche Berlusconi starebbe prendendo atto del fatto che «la protesta monta anche sui siti dei supporter azzurri» e c’è già chi ipotizza nomi per il successore. In testa Brunetta e Lupi.
LA STAMPA apre con un titolo sull’unità d’Italia e l’opposizione di Fini alla Lega, citando nel sommario il caso Scajola. Tutta l’apertura dell’edizione di oggi è però poi riservata al ministro che «vede appesantirsi giorno dopo giorno la sua posizione» scrive Marcello Sorgi in un editoriale intitolato “La sfiducia e l’effetto boomerang”. «Nel linguaggio colorito dei corridoi parlamentari» scrive Sorgi, «quando un ministro si trova in guai del genere si dice che “è cotto”. C’è però – c’è sempre stato – un modo sicuro per rafforzare o consolidare la posizione di un membro del governo coinvolto in uno scandalo: presentare contro di lui una mozione di sfiducia», fino a «provocare una stretta di solidarietà della maggioranza in favore della vittima». La mozione l’ha presentata ieri l’Idv di Antonio Di Pietro. Ora bisogna vedere se il Pd seguirà a ruota o lascerà più furbamente «rosolare» il ministro, «per portarlo a poco a poco al giusto punto di “cottura”». “Il premier frena le dimissioni del ministro” è il titolo a pagina 2 e a pagina 3 un pezzo analizza verbali e documenti frutto delle indagini della procura di Perugia e dei militari della Guardia di Finanza. Nella pagina seguente LA STAMPA ricostruisce la rete di potere del ministro a Imperia, a partire dalle sue parentele e amicizie. «Dipanare la rete di collegamenti familiari e familisti di Scajola, significa radiografare il sistema di potere sui cui si regge la politica e buona parte dell’economia a Imperia» scrive LA STAMPA. Il fratello Alessandro è diventato vicepresidente della banca Carige dopo che Scajola ha deciso a un certo punto di puntarvi e occupare «posizioni chiave d’intesa con il diessino e poi Pd Claudio Burlando». In Carige è arrivato anche l’amico delle elementari, «nonché generoso sostenitore», nonché consuocero, Pietro Isinardi. Il figlio Marco è stato eletto consigliere regionale del Pdl, e così via LA STAMPA ricostruisce le relazioni in quell’Imperia che nel titolo viene chiamata “la capitale di Scajoland”.
E inoltre sui giornali di oggi:
VELO
CORRIERE DELLA SERA – “In giro con il velo, multa da 500 euro”. Francesco Alberti da Novara ricostruisce la vicenda di una donna islamica fermata in compagna del marito (entrambi immigrati regolari) a cui per la prima volta è stata applicata l’ordinanza del sindaco: «Rischia di pagare cinquecento euro per aver indossato il burqa. La malcapitata è una donna musulmana, fermata e identificata dai carabinieri di Novara nei pressi delle Poste centrali e in applicazione di un’ordinanza del sindaco leghista Massimo Giordano…L’ordinanza del sindaco (che è anche neo-assessore regionale allo Sviluppo Economico nella Giunta Cota) era stata firmata all’inizio del 2010 ed era stata suggerita dal fatto che lo stesso primo cittadino si era imbattuto in una donna con il burqa e aveva richiesto l’intervento dei carabinieri perché la riconoscessero. L’ordinanza, prima di essere firmata, era stata inviata al ministero degli Interni che ne aveva vagliato il contenuto e proposto alcune osservazioni formali. «Il ministero -ha spiegato Cortese – è entrato negli aspetti puramente tecnici dell’ordinanza limitandone l’applicazione alle scuole, agli ospedali e agli edifici pubblici in genere. Nel caso specifico l’ordinanza verrà applicata proprio perché la donna si trovava all’ufficio postale, cioè in un edificio pubblico». La sanzione prevista è di 500 euro». Conclude Alberti: ««L’applicazione di questa ordinanza è l’unico modo a nostra disposizione per ovviare a comportamenti che rendono ancora più complesso il già difficile percorso d’integrazione» è il commento del sindaco di Novara, Massimo Giordano. «Con questa sanzione – aggiunge il sindaco – si passa dal provvedimento assunto all’inizio dell’anno con finalità di dissuasione all’applicazione concreta dell’ordinanza, sintomo che c’è ancora qualcuno che non vuole capire che la nostra comunità novarese non accetta e non vuole che si vada in giro in burqa».
IMMIGRAZIONE
IL SOLE 24 ORE – Il premio Nobel Paul Krugman inizia la sua collaborazione con la testata di Confindustria. Avrà uno spazio sul sito e anche sul cartaceo. Il primo è dedicato all’immigrazione: “L’immigrazione divide entrambi i partiti Usa”: «I democratici individualmente sono lacerati (come me) perché sono favorevoli ad aiutare chi ne ha bisogno, e questo li induce a guardare con simpatia agli immigrati, e in generale sono anche più favorevoli a una società multiculturale e multirazziale. Quando guardo gli immigrati di oggi, mi sembrano fondamentalmente simili ai miei nonni, che vennero in America per cercare una vita migliore. Sul versante opposto, però, l’immigrazione libera non si concilia con una forte rete di sicurezza sociale: se l’obiettivo è garantire la copertura sanitaria e un reddito decoroso per tutti, non si può estendere l’offerta al mondo intero. Per questo i democratici hanno sentimenti contrastanti sull’immigrazione: e d’altronde non è un argomento semplice. I repubblicani, da parte loro, o amano l’immigrazione o la odiano. L’ala filoimprenditoriale del partito ama la manodopera a buon mercato, e sarebbe felicissima di avere politiche migratorie che garantiscano l’afflusso di questi lavoratori e al tempo stesso facciano in modo che non possano né votare né, di fatto, organizzarsi sindacalmente. Ma la destra culturale, in molti casi di tendenza xenofoba, non ama avere sul suolo patrio gente culturalmente diversa, nell’aspetto e nella lingua. E dunque l’immigrazione è un argomento che spacca in due anche i repubblicani, ed è una frattura che riflette la storia del partito».
8PERMILLE
IL GIORNALE Rilancia il tema che ieri si affacciava nell’editoriale del direttore che porta avanti la sua “campagna”: continuare a devolvere parte delle tasse ai sacerdoti perché il male commesso da pochi è molto inferiore al ben fatto da molti. E Oggi sotto al titolo “L’otto per mille ai preti: ma lo meritano ancora?” ospita due interventi. Il primo è di Maurizio Gasparri, capogruppo PdL al Senato che scrive: «In un’epoca di forte disorientamento la difesa degli ideali cristiani è preziosa anche per i laici». L’altro è una lettera di un lettore Norberto Ferretti che ribadisce : «L’Italia a rischio collasso senza l’aiuto dei religiosi».
ACQUA
IL MANIFESTO – La foto di apertura è dedicata alla campagna referendaria sull’acqua. «Acqua chiara» è il titolo sfondare una suggestiva immagine dell’acqua. «Come un fiume in piena, la campagna referendaria per l’acqua pubblica rompe gli argini e travolge la sinistra che ama le liberalizzazioni: 250mila firme raccolte in appena dieci giorni, il Pd che ad Ancona disobbedisce alla linea ufficiale e firma con i movimenti. E la Sicilia vota per stracciare i contratti in scadenza con i gestori privati» la sintesi che rimanda a pagina 6 dedicata al tema e dove l’articolo principale traccia un primo bilancio dell’andamento della raccolta firme e la posizione del Pd esposta da Roberto Della Seta che ha «una perplessità sullo strumento referendum perché negli ultimi anni non è mai stato raggiunto il quorum».
DONNE
LA REPUBBLICA – Focus R2 sulle mamme: “Quando la mamma copia la figlia”, ovvero il rapporto fra amiche, quasi sorelle, che si scambiano libri e vestiti: una rivoluzione dentro le famiglie e un nuovo mercato pubblicitario. «La figlia è il modello, la madre invece una rivale» ha scritto Le Monde. Conferma Giampaolo Fabris: «le campagne di marketing si allineano a un target di vent’anni più giovane. Per vendere un prodotto alla 40enne si sceglie una 20enne che a sua volta avrà come modello di riferimento una preadolescente…. La madre imita la figlia perché è un modo di essere aggiornata e inserita socialmente».
AGENZIE DI RATING
ITALIA OGGI – “Il bluff delle agenzie di rating” è un bel articolo di Sergio Luciano che rende più chiaro chi siano e cosa facciano queste società. Dopo aver riportato le critiche pesanti piovute su di esse da parte della BCE di Angela Merkel e Christine Lagarde, ministro dell’economia francese il giornalista si chiede « Ma cos’è successo, di così grave e di così nuovo, a parte l’improvvida uscita sulla Grecia? Cos’hanno fatto, o non fatto, le tre agenzie?». La risposta è semplice «niente di nuovo». Infatti Premesso che le agenzie di rating sono un triopolio globale di fatto chiuso a qualunque minaccia concorrenziale, va detto che negli ultimi dieci anni si sono prodotte in una serie clamorosa di topiche che avrebbero demolito una fortezza. Basti pensare al caso clamoroso della Lehman Brothers, che pochi giorni prima di dichiarare fallimento sfoggiava ancora una bellissima tripla A su molte delle sue emissioni, tanto che tutti i network internazionali di investimento (compreso l’italiano Consorzio Patti Chiari che addirittura omise di apportare subito dopo il crac la necessarie correzione ai propri documenti) fidandosi dei rating avevano continuare a prendere sul serio l’idea che la Lehman fosse solida. Ma c’era stata anche la crisi delle “tigri asiatiche”, che i tre big del rating avevano ignorato; e la “bolla” della new economy, che avevano bellamente mancato di prevedere… e il default dell’Argentina, e via e via, in base a un principio non detto ma lampante, e consolidato». Un principio comune a molti ambienti economico-politici « Se il soggetto da valutare è un potere forte, e finché lo è, lo si tratta con i guanti gialli; se è un pesce piccolo, oppure se è forte ma è inciampato ed è caduto in ginocchio, allora dagli addosso». Ma non è tutto «c’è un’altra questione sostanziale, dietro tutte queste polemiche. La verità è che, finora, le agenzie di rating sono andate bene a tutti così come hanno funzionato, o non funzionato. Sono andate bene così, perchè fanno parte del sistema e non hanno alcuna sostanziale natura “antagonista” e caratura d’indipendenza, come invece, in teoria, dovrebbe avere qualunque organo preposto al controllo preventivo dell’operato di amministratori di società e di governanti pubblici. Le agenzie di rating sono il tipico fiore di quella serra dell’”autoregolamentazione” che tante piante avvelenate a diffuso sui mercati finanziari del mondo. Accanto ad esse è prosperata la malapianta della revisione contabile privata, ma in fin dei conti degli stessi collegi sindacali di tradizione civilistica italiana. Tutte le volte in cui, insomma, si affida al privato l’onere di autoregolarsi, ci si affida di fatto esclusivamente alla sua buona fede e buona volontà. Perchè, al di là delle chiacchiere rimbombanti e vuote che hanno riempito e riempiranno mille aule convegnistiche, non s’è mai visto un controllato che paghi il suo controllore per essere davvero incalzato, messo alle strette e se necessario sanzionato per i suoi comportamenti». Un articolo da leggere.
UNITA’ D’ITALIA
LA STAMPA – “Ma perchè il Pdl sta a guardare?” è il titolo di un’intervista a Gianfranco Fini a pagina 7. «Ovviamente depreco questo atteggiamento di sostanziale negazione dell’unità nazionale» dice Fini della Lega, «però non mi meraviglia affatto». L’amarezza è rispetto al Pdl: «Avendo contribuito a fondarlo, considero molto grave che il Pdl non prenda sue iniziative per celebrare l’unità». Secondo Fini questi centocinquant’anni dall’unità d’Italia andrebbero celebrati «usando il meno possibile lo specchietto retrovisore e proiettando avanti lo sguardo. Puntando alle sfide del domani, alle riforme strutturali di cui abbiamo bisogno. Tentando di riconciliare la politica e la società». Le celebrazioni secondo Fini sono l’occasione per riparlare di «diritti e doveri». «Perché qui a volte si ha l’impressione di vivere nella società del Grande Fratello, dove tutto è lecito a condizione di farla franca». «Invece dovremmo mostrare ai figli che rende più l’onestà della disinvoltura. Mi piacerebbe che il Pdl indicasse degli italiani anonimi, gente normale e meritevole, come modelli di riferimento di un nuovo patriottismo: l’artigiano che non evade le tasse, la madre che tira su i figli, i “fessi” che vincono per una volta sul mondo dei “furbi”».
MASSMEDIA
IL GIORNALE – Intervista a Derrick Kerckhove, allievo di Marshall McLuhan che dice che non è una novità che i giornali siano in pericolo, il calo delle vendite è permanente e irrecuperabile. La rete ha accelerato un processo iniziato con la televisione. E sull’iper localismo? «è una delle tendenze ma non la sola. I giornali potranno salvarsi quando davvero capiranno di doversi trasformare in any media, un medium unico versatile con contributi allargati su carta, tv, radio e web. Un ruolo importante per mantenere in buona salute i giornali potrebbe essere svolto dalle università che potrebbero finanziarli».
IRAQ
AVVENIRE – L’apertura di AVVENIRE è dedicata alla strage di studenti cristiani uccisi da un attacco ai quattro bus su cui viaggiavano, diretti all’università: quattro morti e 171 feriti, ma in sette anni sono 700 i cristiani uccisi in Iraq per via della loro fede. Monsignor Emil Nona, arcivescovo caldeo di Mosul, lamenta che nessuna autorità locale ha espresso una parola di solidarietà, «sono tutti occupati a trattare per il governo». Ma a suo parere «è una questione politica più che religiosa», anche se certo «i cristiani in Iraq hanno bisogno di protezione». L’editoriale di Andrea Lavazza lamenta anche il silenzio occidentale ed europeo su questa «pulizia confessionale»: un occidente che è «selettivamente distratto quando si tratta di difendere i cristiani presi di mira in quanto tali».
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