Cultura
Scade il Contratto di servizio Rai
Il 31 dicembre scade il Contratto di Servizio della Radio Televisione pubblica. Un'occasione per scrivere una pagina nuova, suggerisce Luca De Biase. Il nuovo Parlamento ne sarà capace?
Il contratto di servizio che definisce la missione pubblica della Rai scadrà il 31 dicembre. È un’occasione per prendere decisioni innovative. ce n’è bisogno: lo sviluppo economico nell’epoca della conoscenza, soprattutto in un periodo di crisi, richiede anche un forte investimento in cultura, intelligenza e senso civico. Il contributo della televisione pubblica è decisivo: come centro di produzione, come sistema di trasmissione, come generatore di momenti di aggregazione della popolazione, come polo di modernizzazione, co-me laboratorio di ricerca e sperimentazione per l’evoluzione crossmediale dell’ecosistema dell’informazione, come strumento di educazione e di inclusione per le fasce della popolazione che non sono entrate in contatto con le opportunità offerte da internet, come mercato e supporto per le startup, come nucleo attivo delle capacità di esportazione della cultura italiana. Questi obiettivi possibili per la Rai possono diventare parte in-tegrante della strategia necessaria allo sviluppo del Paese: vanno definiti, mo-nitorati, collegati a incentivi e sanzioni.
I princìpi del vigente contratto di servizio della Rai sono chiari, ma espressi in modo tanto generico che i risultati sono difficili da giudicare: «La missione di servizio pubblico consiste nel garantire all'universalità dell’utenza un’ampia gamma di programmazione e un’offerta di trasmissioni equilibrate e varie, di tutti i generi, al fine di soddisfa- re, con riferimento al contesto nazionale ed europeo, le esigenze democratiche, culturali e sociali della collettività, di assicurare qualità dell’informazione, pluralismo, inclusa la diversità culturale e linguistica intesa nel quadro della più ampia identità nazionale italiana e comunque ribadendo il valore indiscutibile della coesione nazionale. Parte integrante della missione del servizio pubblico è quella di valorizzare le esperienze provenienti dalla società civile in un'ottica di applicazione del principio di sussidiarietà orizzontale. In particolare, verrà riservato adeguato spazio ad enti ed organizzazioni non profit…».
Già. Ma, tanto per fare un esempio, quanto è grande uno spazio “adeguato”
per gli enti e le non profit? In questi termini, è difficile valutare se questa parte della missione sia stata realizzata o me- no. E di conseguenza è difficile premiare o punire il management.
Le dichiarazioni di principio del resto lasciano il tempo che trovano. Il vigente contratto di servizio, ne è ricco: stabilisce che la Rai deve «garantire il pluralismo, rispettando i principi di obiettività, completezza, imparzialità, lealtà dell'informazione», oppure che deve «valorizzare la rappresentazione reale e non stereotipata della molteplicità di ruoli del mondo femminile», o anche «garantire l’informazione, l’apprendimento e lo sviluppo del senso critico, civile ed etico della collettività nazionale» e «stimolare l’interesse per la cultura e la creatività, l’educazione e l’attitudine mentale all'apprendimento». Si ha l’impressione che tutto questo non sia stato fatto abbastanza. Ma, come passare dall’impressione alla decisione? Sarebbe assurdo dire che esiste una soluzione facile.
Forse si può ripartire da una proposta di metodo. È chiaro per esempio che alcune iniziative di politica economica richiedono un supporto culturale forte da parte della più grande centrale di produzione pubblica di contenuti italiana. Facciamo il caso delle misure in favore della nascita di nuove imprese adottate dal governo: il progetto economico sotteso da quelle misure va reso attraente, le persone hanno bisogno di educazione e modelli, la discussione va approfondita. In generale, niente impedisce di collegare in modo misurabile una parte del lavoro e delle risorse della Rai al suo contributo, per esempionei progetti per sviluppare smart city, per modernizzare il sistema dei libri di testo digitali, per la nascita di nuove imprese, per includere più donne e più giovani nella fascia di popolazione occupata o disponibile a cercare un’occupazione, per sostenere le nuove forme di welfare basato sul concetto di beni comuni e sulla pratica del non profit.
La politica economica e la politica culturale sono destinate a convergere.
Per la Rai può essere un’opportunità.
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