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Scacco alla cooperazione

La Ragioneria congela i fondi per i volontari. E intanto il Consiglio dei ministri svela il suo progetto: tra politici e tecnici nessuna separazione e per le crisi comando ai militari

di Paolo Giovannelli

In Spagna per chiedere più fondi per la cooperazione con il terzo mondo ha sfilato per le vie di Barcellona un manipolo di ragazze nude. Gli italiani hanno guardato i corpi ma ignorato i cartelli. Da noi infatti è passato inosservato l’ennesimo ridimensionamento della cooperazione da parte del governo. Scacco in due mosse. La prima: alla vigilia dello scorso Natale, la Ragioneria centrale dello stato ha bloccato, a firma del suo ragioniere capo Andrea Monorchio, gli anticipi di finanziamento alle associazioni di volontariato internazionale (enti senza fini di lucro) sui programmi di sviluppo già approvati dalla Farnesina.
La seconda mossa invece riguarda la cooperazione governativa. Viste le premesse non c?era da aspettarsi troppo. E oggi c?è la conferma: è pronta infatti la versione definitiva della proposta di legge governativa sulla nuova disciplina dell?Aiuto pubblico allo sviluppo pensata dal governo Prodi. Per mesi erano circolate bozze di riforma più o meno clandestine: la rinnovata cooperazione era stata più volte prefigurata dal sottosegretario agli esteri, Rino Serri, mentre le associazioni di volontariato, ultima in ordine di tempo l?AdOcs, intimavano allo stesso di accelerare i tempi.
Ovviamente il testo del disegno di legge governativo approvato dal Consiglio dei ministri, deve subire ancora un lunghissimo iter parlamentare. E sopratutto dovrà reggere il confronto con le proposte da tempo depositate alle camere di varie forze parlamentari. Inoltre, secondo quanto più volte dichiarato dal presidente della Commissione Esteri del Senato, Giangiacomo Migone e dagli esponenti di varie forze politiche, questo disegno di legge è solo uno dei tanti disegni di legge in discussione e non costituisce un punto di riferimento. Così, di primo acchito, si può solo dire che il governo è arrivato ultimo.
Se si analizzano i contenuti poi, la posizione in classifica non migliora. Viene prevista una sola agenzia (esterna e con compiti tecnici) mentre dovrebbe scomparire la Direzione per l?Aiuto pubblico allo sviluppo. Ma il vero nodo è questo: rimane indefinita la separazione tra l?indirizzo politico della cooperazione allo sviluppo e quello attuativo: infatti a un ministero degli Esteri formalmente ?detecnicizzato? sarebbero lasciati compiti prettamente tecnici, a partire dall?individuazione dei cosiddetti programmi-Paese e dalla vigilanza delle rappresentanze diplomatiche tricolori ?sulla buona attuazione dei progetti e dei programmi finanziati? (articolo 5). Detto altrimenti, i nostri politici e diplomatici della Farnesina, oltre a indirizzare la politica di cooperazione (cosa che hanno il dovere di fare perché per legge la cooperazione allo sviluppo è parte della politica estera), interverrebbero ancora , come in un triste passato, sul ?cosa? e sul ?come?.
Ancora. Il progetto di legge del governo è globalmente fondato su una forte concezione economica: come spiegare altrimenti il ?patto d?acciaio? tra la Farnesina e il ministero del Tesoro? .
Infine una perla: l?art. 6, secondo il quale, durante le crisi in un Paese straniero, il personale delle associazioni umanitarie italiane presenti può in pratica essere coordinato dai generali delle Forze Armate italiane operanti sotto egida sovranazionale. Una buona ricetta per il caos.

Un testo da cambiare
Quello che non mi piace del disegno di legge governativo è che il ministero degli Esteri appare praticamente ?commissariato? dal ministero del Tesoro. E questo è, senza ombra di dubbio, un aspetto preoccupante per le sorti della nostra cooperazione allo sviluppo. Inoltre è troppo evidente la subalternità dell?Italia alle azioni decise dagli Stati più industrializzati: il nostro Paese, solo e sempre, dall?articolo 3 in giù, ?contribuisce? o ?partecipa? all?azione di altri. Insomma, i nostri governanti non si preoccupano di costruire, all?interno della politica estera italiana, una politica particolare di cooperazione. Positivo invece è che questo disegno governativo ci sia, perché il Parlamento è rimasto in sua attesa per oltre un anno. Spero solo che, per i termini comunque vaghi di un testo che non pone evidenti punti di rottura, specie con le proposte avanzate da forze politiche appartenenti alla maggioranza, in Parlamento ci sarà la possibilità di tirare fuori una decorosa riforma. direttore Osservatorio
delle regioni italiane sulla cooperazione allo sviluppo

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