Welfare

Sbarchi, la prima volta di Ancona

Negli scorsi giorni sono sbarcati al porto del capoluogo marchigiano i 110 migranti che erano a bordo dell'Ocean Viking e della Geo Barents, le prime a doversi attenere alle nuove regole introdotte dal decreto legge del 2 gennaio, il cosiddetto "Codice anti-ong". Ecco come associazioni e istituzioni marchigiane sono riuscite a gestire la prima accoglienza dei naufraghi, spaventati e infreddoliti, dopo i molti giorni di navigazione. Undici minori, dei 39 accolti al Centro Caritas di Senigallia, si sono allontanati intorno alle 20,00

di Veronica Rossi

«Ci occupiamo di accoglienza da decenni, ma non ci era mai capitato di farlo in modo così diretto: vedere la sofferenza, lo smarrimento nei volti di chi è appena arrivato via mare in ci ha colpiti moltissimo». È grande l’emozione di Giovanni Bomprezzi, vice-direttore di Caritas Senigallia, dopo lo sbarco al porto di Ancona dei migranti a bordo della Geo Barents di Medici senza frontiere-Msf e della Ocean Viking di Sos Mediterranee, avvenuti ieri e martedì. «Quando si è saputo dell’arrivo delle due imbarcazioni, il prefetto ha chiesto chi avesse delle strutture da mettere a disposizione», racconta. «Noi ne avevamo una, così ci siamo resi disponibili di accogliere i minori che sapevamo essere a bordo, 17 nella prima nave e 22 nella seconda».

I due sbarchi sono i primi con le regole introdotte dal decreto legge del 2 gennaio, il cosidetto "Codice anti-ong", che impone alle organizzazione di chiedere alle autorità italiane il porto sicuro di sbarco in cui attraccare, appena dopo aver fatto il primo salvataggio. Negli scorsi giorni, Msf aveva domandato di potersi dirigere verso una meta più vicina alla sua posizione, per far scendere le 73 persone raccolte dalla Geo Barents, ma il Viminale aveva rifiutato, indicando il porto marchigiano. Così, la nave ha affrontato cinque giorni di navigazione aggiuntiva a velocità ridotta a causa del maltempo, che non ha dato tregua a operatori e naufraghi.

«Quando i volontari di Croce Rossa sono saliti a bordo delle navi hanno trovato i migranti molto provati dal viaggio, che è stato lungo e difficoltoso a causa delle condizioni metereologiche», afferma Emanuele Baio, responsabile delle attività legate allo sbarco dell’organizzazione, «erano infreddoliti e molti erano senza scarpe. Tra le prime attività che abbiamo svolto, quindi, c’è stata la distribuzione di calzature, té caldo, coperte isotermiche e scaldamani e il conforto a chi era preoccupato e spaventato». Alcuni dei naufraghi, anche i minori, erano in condizioni che richiedevano assistenza medica. «Uno dei ragazzi che abbiamo accolto deve essere medicato quotidianamente», dice Bomprezzi, «a causa delle bruciature dovute al trasporto sui gommoni insieme alle taniche di carburante».

Nonostante questa sia stata, per Ancona, la prima esperienza nell’accoglienza diretta di migranti salvati in mare, la società civile ha dato una risposta rapida ed efficace. «Sia le istituzioni che il Terzo settore hanno reagito positivamente», continua infatti Baio. «Tutto si è svolto correttamente, si è trovata una soluzione immediata per l’accoglienza delle persone in arrivo. La generosità degli italiani è grande: basti pensare che per entrambi gli sbarchi ho ricevuto la disponibilità a intervenire di 80 volontari, provenienti da tutta la Regione, nonostante fossero giorni lavorativi». Darco Pellos, prefetto di Ancona, sabato scorso aveva organizzato un tavolo di lavoro per concertare le attività di accoglienza, allestite nella banchina 22 del porto, in cui diverse realtà associative e di volontariato si sono riunite per dimostrare solidarietà ai naufraghi al momento dello sbarco. Dei 110 sopravvissuti delle due navi, tutti i minori tranne una ragazza sono ospitati nella struttura di Caritas; gli adulti provenienti dall'Ocean Viking sono stati invece smistati in centri in tutte le cinque province delle Marche, mentre quelli scesi dalla Geo Barents hanno preso la strada verso la Lombardia.

«I ragazzi che abbiamo accolto hanno delle storie di incredibile sofferenza e solitudine», afferma Bomprezzi. «Alcuni, pur essendo adolescenti, hanno affrontato viaggi lunghissimi, hanno subito maltrattamenti in Libia, nella situazione che purtroppo conosciamo. Uno di loro, quando è arrivato, non faceva altro che piangere, perché non vedeva i suoi familiari da tre anni». Gli adolescenti giunti alla struttura della Caritas hanno storie difficili alle spalle, ma anche tanta voglia di ripartire, di costruirsi una nuova vita. «Appena arrivati qui, si sono sentiti accolti in un posto sicuro», aggiunge il vide-direttore, «così, in poche ore, hanno ritrovato un po’ di serenità e sono tornati dei ragazzi, si sono messi a giocare a palla». Ora le istituzioni stanno lavorando per capire come organizzare al meglio i prossimi passaggi nell’accoglienza dei minori sul territorio. «Noi siamo un centro di primo arrivo, che lavora sull’emergenza», conclude Bomprezzi. «In questo periodo le autorità pianificheranno al meglio il percorso dei ragazzi; intanto, cerchiamo di fargli vivere dei giorni in cui possano riassaporare la bellezza della normalità e della tranquillità, per quanto possibile».

Aggiornamento delle 22,18: 11 minori dei 39 che erano stati accolti nel Centro Caritas di Senigallia (l'ex-albergo Massi), si sono allontanati poco dopo le 20,00.

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