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Sbagli, governo magro

Lugi Bobba(Acli):"È insensato aver messo la formazione nel nuovo super ministero del Welfare".

di Francesco Maggio

Snellire la macchina amministrativa, ridurre sprechi e privilegi, eliminare l?insopportabile burocrazia e sostituirla con una pubblica amministrazione efficiente ed amica dei cittadini. Fino a non molto tempo fa si trattava ?semplicemente? di un sogno, bellissimo ma irrealizzabile. Poi cominciarono ad arrivare i cosiddetti decreti Bassanini, uno, due, ter, quater. Molti certificati inutili scomparvero così come qualche coda agli sportelli degli uffici pubblici. Ma la ?madre? di tutte le riforme, quella che avrebbe sancito in modo inequivocabile la volontà del governo di fare della lotta alla burocrazia e alle inefficienze un suo ?punto d?onore?, si preannunciava ancora lontana da venire. Venerdì scorso, invece, la ?rivoluzione?. L?esecutivo, al termine di un lungo e a tratti difficile consiglio dei ministri, approva un decreto legislativo che modifica radicalmente le strutture ed il numero dei ministeri. Quelli ?con portafoglio? passano da diciotto a undici, vengono accorpati l?Agricoltura, il Commercio estero, le Comunicazioni con l?Industria, le Finanze con il Tesoro, l?Università con l?Istruzione, i Lavori pubblici in parte con l?Ambiente, in parte con i Trasporti e, ?dulcis in fundo?, Sanità, Lavoro e Solidarietà sociale in un unico grande ministero per il Welfare. Inoltre, viene prevista la costituzione di dieci Agenzie, ciascuna con particolari competenze. Davvero un bel risultato, come sostiene anche il professor Sabino Cassese, conoscitore come pochi della nostra Pubblica amministrazione, degli annosi mali che l?affliggono ma anche dell?enorme importanza che essa, se efficiente, riveste per lo sviluppo del Paese: «Da un minor numero di ministeri traggono vantaggio sia l?attività del governo, che semplifica i suoi processi decisionali, sia quella amministrativa, grazie al trasferimento alle periferie di competenze statali». Tutto bene, dunque, se non fosse che, come spesso accade quando si concentrano in un breve arco di tempo cambiamenti che normalmente richiederrebbero anni per essere realizzati, il rischio serio che si corre è quello di buttare con l?acqua sporca anche il famoso bambino. Il quale, stavolta, rischia di essere ?interpretato? proprio dal Terzo settore. «Ritengo alquanto insensato», esordisce Luigi Bobba, presidente nazionale delle Acli, «aver previsto una agenzia per la formazione alle dipendenze del ministero del Welfare. A mio avviso, invece, andrebbe posta alle dipendenze del ministero dell?università e dell?istruzione, come avviene in Inghilterra. La formazione», continua Bobba, «è da intendersi come un investimento, innanzi tutto culturale, per le nuove generazioni e non invece alla stregua di una sorta di ammortizzatore sociale. Almeno lo spero. Condivido la necessità di snellire il numero dei ministeri e di renderli più efficienti, ma attenzione a non rendere in alcuni casi il rimedio peggiore del male». Gianfranco Marzocchi, portavoce del Forum del Terzo settore, si dichiara invece piuttosto rammaricato del fatto che il Forum non sia stato consultato dal governo prima di approvare provvedimenti così influenti sul futuro dell?economia civile: «Abbiamo scritto al Presidente D?Alema una lettera nella quale gli rivolgiamo il nostro auspicio di discutere insieme al più presto della riforma che, sebbene di indubbia importanza, ci lascia perplessi su alcuni punti. Per esempio, in tema di riordino del servizio civile. La riforma prevede che l?attuale ufficio competente in materia, in forza alla presidenza del Consiglio, venga spostato alle dipendenze del cosiddetto ministero del Welfare. Il grosso rischio che si corre è quello di paralizzarne l?attività per almeno sei, sette mesi provocando così un caos generale. Rimangono così in balia dell?incertezza circa 60-70 mila giovani che hanno già presentato domanda e non sanno chi sia il loro referente istituzionale». «Il mio timore», conclude Marzocchi, «è che si costruiscano accorpamenti funzionali alla politica ma non alle reali esigenze dei cittadini». La riforma suscita poi perplessità anche nel mondo della protezione civile: «Sono almeno due le questioni che non ci convincono», afferma Enrico Luchi, direttore dell?Ufficio emergenze di massa delle Misericordie d?Italia (la più antica organizzazione di volontariato del mondo che, nel nostro Paese, può contare su un milione di soci e 650 sedi). «La prima, riguarda il passaggio dell?Agenzia della Protezione civile dalla Presidenza del Consiglio agli Interni. Sarà così molto più difficile dialogare trasversalmente con le strutture dell?Ambiente, dei Lavori pubblici, della Sanità. Un?altro motivo di insoddisfazione deriva dal fatto che il corpo dei vigili del fuoco rimane agli Interni e non viene trasferito alle dipendenze dell?Agenzia. Essi, quindi, rimarranno equiparati alle forze di polizia e non diventaranno un corpo dello Stato che si occupa prevalentemente della salvaguardia del territorio e della salute delle persone». Insomma, la grande riforma va ancora riformata.


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