Politica
Savino Pezzotta: alla buona politica serve un popolo
Il deputato dell'Udc risponde a Riccardo Bonacina
Il Palazzo non è in grado di autorinnovarsi. Ma anche la società civile non è del tutto sana. Non rimane che ricostruire la passione sociale che abbiamo perduto Caro Riccardo, ho letto con attenzione l’editoriale del n. 34 di Vita: «La politica? Si rinnoverà solo per uno stimolo dal basso». Confesso che il punto di domanda sulla politica mi ha profondamente interrogato. Sono tanti i quesiti che mi pongo. Il problema vero sta in quel punto interrogativo che tu hai posto e che nel suo porsi evidenzia che non riusciamo più a dire cosa è oggi la politica.
Da diverse parti si afferma che bisognerebbe partire da un profondo rinnovamento delle classi dirigenti. Ma anche su questo sI pone la domanda: Ma come? Una strada possibile sarebbe quella di riconsegnare ai cittadini la possibilità di scegliere e di sanzionare i rappresentanti, ma finché sarà in vigore questa legge i poteri resteranno saldamente nelle mani delle diverse oligarchie che dominano la scena e che traggono dalla loro possibilità di decidere e di scegliere il loro potere. Mi rendo conto che forse questo non basta e che ci sarebbe bisogno di una educazione alla politica, al bene comune e soprattutto di una nuova tensione civile, ma potrebbe essere un piccolo segno e aprire fessure in un mondo che si è conglobato su se stesso.
Oggi, non sempre questa logica è praticata e questo genera, lo si voglia ammettere o meno, delle dipendenze. Sono convinto che parte della malattia che investe la politica si possa rilevare anche dentro la società civile. Di fronte a certe vicende di corruzione, di malaffare, di malapolitica non ho visto il sorgere di quella indignazione civile che era necessaria e che non è per sua natura protestataria, ma costruttiva di visioni e proposizione di valori.
Siamo tutti avvolti in una sorta di nebbia che mi fa invocare un poco di buio, perché almeno potrei cercare le stelle del cielo per orientarmi. Nella nebbia, come tu da buon lombardo sai, non si coglie mai il senso del cammino, si procede per consuetudine.
C’è l’esigenza che tra le forze del sociale e della politica s’apra un confronto vero con consapevolezze nuove per costruire, nella reciproca autonomia, risposte alla disaffezione verso la politica che si è generata nella cosiddetta “seconda repubblica”.
Vedi, caro amico Riccardo, tu invochi, giustamente, «un popolo di attori protagonisti, di liberi e forti», ma forse oggi occorre ricostruire una dimensione di popolo e pertanto di forme e di modalità che generino coesione, solidarietà, capacità di accoglienza, di responsabilità e di professionalità. Se questo non avviene, la politica illanguidirà nei suoi rituali e sempre più diventerà preda dei poteri forti e il popolo diventerà sempre più una moltitudine di monadi. Da questo punto di vista le responsabilità vanno oltre la sfera della politica e ci richiamano ad un compito educativo che viene prima della dimensione dell’impegno sociale e di quello politico.
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