Famiglia
Save the children: Ecco le nostre proposte per il Fondo contro la povertà educativa
Oggi martedì 5 aprile a Roma, istituzioni e Fondazioni di origine bancaria, promotrici dell'azione da 100 milioni di euro in tre anni, incontreranno l'ong e altri enti per capire come strutturare il fondo sperimentale, novità assoluta per l'Italia: "è fondamentale agire in concreto nei territori più deprivati con interventi specifici per ciascun bambino", spiega Raffaela Milano di Save the children, "i risultati dovranno essere concreti in modo tale che al termine della sperimentazione le politiche pubbliche si basino su di essi per i loro interventi successivi"
Un fondo sperimentale di 100 milioni di euro in tre anni, alimentato dalle Fondazioni di origine bancaria, per il contrasto alla povertà educativa minorile: “è uno strumento che può incidere a fondo contro la povertà educativa di migliaia di bambini e adolescenti”, spiega Raffaela Milano, direttore Programmi Italia-Europa di Save the children, ong che martedì 5 aprile alle ore 10 alla Biblioteca del Senato partecipa a un incontro ad hoc con le autorità – presenti, tra gli altri, il presidente del Senato Pietro Grasso e il sottosegretario della presidenza del Consiglio Tommaso Nannicini – e tutti gli altri attori coinvolti nella gestione del fondo. In Italia la povertà educativa è una realtà preoccupante: Quasi la metà dei minori tra i 6 e i 17 anni (48,6%) non ha letto neanche un libro oltre a quelli scolastici nel corso di un anno, il 55,2% non ha visitato un museo, il 45,5% non ha svolto alcuna attività sportiva e sono circa 425 mila i “disconnessi” da Internet, ovvero che non hanno mai avuto accesso alla rete. Il 15% degli adolescenti non prosegue gli studi dopo il diploma delle medie.
Qual è l’obiettivo dell’incontro?
In primo luogo capire a che punto è il Protocollo con le Fondazioni: è un occasione importante per accendere i riflettori sul problema della povertà educativa minorile e per questo ci aspettiamo che i promotori del fondo ci spieghino tempi e modalità di avvio dell’iniziativa. Noi come enti interessati, per esempio Save the children ma anche il Forum del Terzo settore, faremo proposte in merito all’utilizzo concreto di questi fondi.
Quali proposte porterà avanti Save the children?
Si tratta di azioni condivise con esperti contro la lotta alla povertà come Chiara Saraceno e Maurizio Ferrero. In primo luogo daremo l’indicazione di partire dai territori più deprivati: fa impressione pensare che oggi la spesa sociale per un bambino di Crotone è 18 euro all’anno mentre per un omologo di Trieste è 363 euro. Partire dai luoghi di maggiore tasso di povertà educativa è fondamentale, e non stiamo parlando solo del Sud Italia, ma anche delle periferie urbane, delle aree in cui sono concentrati migranti di prima generazione, e delle aree interne in spopolamento di varie regioni italiane. Poi ci teniamo a evitare che il fondo sperimentale dia luogo all’ennesimo “progettificio”.
In che senso?
Sarebbe sbagliato che, di fronte a un probabile bando per la distribuzione dei fondi, ognuno andasse per la sua strada ricevendo contributo a pioggia come spesso accade ma senza una regia generale: in questo caso più che mai, ci vogliono degli obiettivi comuni, anche pochi ma condivisi da tutti gli enti coinvolti. Uno di questi potrebbe essere proprio l’attenzione alla creazione di comunità educanti nelle zone più a rischio, secondo un modello di collaborazione tra soggetti pubblici e non profit che sta funzionando bene in altri Paesi, per esempio in Francia, in cui tutta la popolazione, su vari livelli, si sente coinvolta nel migliorare l’accesso a educazione e cultura per i minori. A fianco della creazione di queste comunità, comunque, rimane prioritaria la personalizzazione dell’intervento, ovvero adattare l’azione educativa a ogni singola situazione di ciascun bambino coinvolto – come già sperimentato positivamente da Save the children con le “Doti educative” – per farlo uscire dalle situazioni di assoluta povertà.
Quali le azioni mirate più efficaci?
Non si tratta di dare soldi alle famiglie ma di investirli in attività che coinvolgano su più livelli il piano educativo del minore: adesione a uno sport, corsi in piscina, apprendimento di strumenti musicali, soggiorni di più giorni in luoghi diversi dal proprio contesto. Tutto questo per fare aumentare nel bambino la fiducia in sé e nelle proprie capacità. In questo senso l’azione del fondo sperimentale potrebbe andare a braccetto con il nuovo Sia, Sostegno all’inclusione attiva, di cui si sta discutendo a livello politico in questo periodo: nell’ambito famigliare generale tale collaborazione potrebbe generare ulteriori occasioni di promozione educativa verso i minori. Un ulteriore azione mirata, infine, potrebbe essere quella di rafforzare l’infrastruttura socio-educativa di ciascun contesto, ovvero creare un sistema informativo che raccolga in una specifica lista elementi fondamentali come le buone prassi, l’elenco dei beneficiari e di chi opera, per ottimizzare gli interventi e non disperdere energie future nel reperimento di dati che potrebbero, appunto, essere già messi a sistema.
C’è una fascia d’età dove più di altre è prioritario impostare un lavoro contro la povertà educativa?
Ogni fascia ha le sue urgenze e quindi l’opera va impostata verso tutti, ovviamente in modo differenziato. I primi sei anni di vita, per esempio, sono decisivi per lo sviluppo della propria vita futura e quindi sono necessari servizi il più possibile di qualità. Allo stesso modo, la povertà educativa esplode spesso nell’adolescenza e quindi servono azioni mirate per questa fase della crescita. È importante che la collaborazione avvenga su più livelli e con tutte le istituzioni coinvolte, in particolare la scuola, sia perché la povertà è collegata alla dispersione scolastica, argomento trasversale che può rientrare anche nel fondo sperimentare pur avendo poi proprie linee d’azione.
Come si valuterà l’efficacia del fondo sperimentale?
Chiediamo che qualunque sia il sistema di valutazione che i promotori dell’iniziativa metteranno in atto, esso sia forte e concreto, ovvero sulla base di quanto verrà fatto in questi tre anni poi possa essere da spunto per ogni politica pubblica sul tema. Sia a livello locale che nazionale: i 100 milioni del fondo sono un importo importante, un’occasione da non sprecare, perché ora più che mai è necessaria un’azione innovativa di contrasto alla povertà educativa che sia concreta e con risultati tangibili.
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.