Welfare

Save the Children: «Bene il fondo di 20 milioni, ma non basta»

Il Governo ieri ha stanziato una cifra consistente per i Minori Stranieri non accompagnati. Per l'Associazione è solo il primo passo: non risolve tutta una serie di criticità.

di Francesco Mattana

Dopo la tragedia di Lampedusa, va riconosciuto al Consiglio dei Ministri il tempismo nell’affrontare il tema  immigrazione. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Filippo Patroni Griffi ha annunciato l’approvazione di un fondo di 190 milioni di euro per l’“eccezionale afflusso di stranieri", più 20 milioni per la tutela dei minori non accompagnati. Questo decreto arriva dopo che la Commissione europea aveva avviato nello scorso luglio una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia, per inadempienza nei confronti della direttiva UE 51 per l’estensione della protezione internazionale e il diritto d’asilo. Il premier Enrico Letta ha commentato: «È un intervento importante, cui seguirà una serie di misure per garantire un'integrazione e per consentire di avere maggiore certezza sul tema del diritto d’asilo».
 
Save the children è soddisfatta, perché questo decreto rappresenta una prima risposta – per quanto parziale – al Disegno di Legge organico per la protezione e la tutela dei minori non accompagnati presentato dall’Associazione lo scorso luglio, e che aveva raccolto consensi trasversali tra i partiti. La strada da percorrere però è ancora tanta, come sottolinea Michele Prosperi, Senior Media Officer dell’Associazione. 
 
Perché il Fondo di 20 milioni per i minori non accompagnati rappresenta una risposta ancora insoddisfacente?
È innegabile che si tratti di un primo passo in avanti, perché è stata riconosciuta la vulnerabilità particolare della categoria. Il problema, però, è che si continua ad affrontare la questione da un punto di vista emergenziale, mentre stiamo parlando di una costante che riguarda tutto l’arco dell’anno: tra gli stranieri che si imbarcano per fuggire dalla disperazione c’è sempre un 10-15% di minori non accompagnati. L’errore sta nel lasciarsi impressionare dall’episodio singolo di Lampedusa, che certamente ha avuto un impatto emotivo notevole, ma se il dolore per le centinaia di vittime non si accompagna a una politica di più largo respiro.
Quali sono le criticità maggiori che rimangono scoperte?
La non uniformità e chiarezza delle procedure di identificazione e accertamento dell’età dei minori migranti – che portano spesso all’errato riconoscimento di minori come maggiorenni e viceversa – è uno dei nervi scoperti. A questo si aggiunge l’assenza di una banca dati per governare l'invio dei minori che giungono in Italia nelle strutture di accoglienza dislocate in tutte le regioni; la presa in carico e un sostegno continuativo per i minori in condizioni di particolare vulnerabilità (come le vittime di tratta e di sfruttamento, i minori disabili o traumatizzati); un supporto per la mediazione linguistica: in maggioranza sono sbarcati bambini eritrei, c’è bisogno di interpreti che conoscano il tigrino. Inoltre, c’è la scarsa collaborazione di alcuni comuni siciliani.
A quali Comuni fate riferimento?
Campobello di Licata e Mineo hanno intimato alle comunità di non rendere disponibili i posti per l’accoglienza ai minori.
Quanti sono al momento i minori presenti nel Centro di Soccorso e Prima Accoglienza a Lampedusa?
153 in tutto: 41 i minori non accompagnati (di età compresa tra gli 11 e i 17 anni) e 112 quelli accompagnati (tra di loro anche bambini appena nati).
In quali condizioni versa il Centro?
Disastrose. Non è possibile prolungare oltre la permanenza dei minori nell’isola in queste condizioni del tutto inadeguate, tra sovraffollamento – la gente dorme in stanzoni con 40 posti letto, materassi sistemati ovunque per terra – e situazione igienica precaria. Non si riesce a garantire ai minori spazi autonomi e protetti rispetto a quelli riservati agli adulti, né tantomeno spazi ricreativi. In questo momento la priorità sono loro: soprattutto quelli sopravvissuti al naufragio hanno assoluto bisogno di un supporto, anche perché alcuni di loro raccontano di aver perso familiari nell'incidente.
 
 
 

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