Welfare

Sardegna, regione per turisti ma non per i dializzati

Centinaia di richieste da tutta l'Italia e persino dall'estero, ma i 35 centri dialisi riescono a soddisfare a fatica i 1.500 pazienti sardi. Asnet e Aned denunciano le gravi inadempienze della Regione, che non riesce a far fronte alla carenza di personale soprattutto tra gli infermieri. «Abbiamo cercato di parlare con l'assessore della Sanità ma non risponde alle mail e alle nostre telefonate», dicono i rappresentanti delle due associazioni. Il caso di un sardo che si è recato a Bologna per un intervento chirurgico e che non ha più il posto al centro dialisi di Olbia

di Luigi Alfonso

C’è da liberare un ostaggio. Il più presto possibile. Si chiama Aldo Manzanares, risiede a Budoni ma da oltre un mese si trova a Bologna e non riesce a far rientro a casa. La sua vicenda surreale è la fotografia di ciò che sta accadendo da un po’ di tempo a questa parte nell’Isola. I centri dialisi sono 35 (erano 38 sino a poco tempo fa), è un numero sufficiente per far fronte a tutti i 1.500 dializzati sardi e anche di più. A patto che ci sia personale a sufficienza per gestire le terapie. «La carenza riguarda soprattutto gli infermieri, più che i medici», spiegano Bruno Denotti, presidente dell’Asnet (Associazione sarda nefropatici emodializzati e trapiantati), e Annibale Zucca, segretario dell’Aned Sardegna (Associazione nazionale emodializzati), che questa mattina hanno convocato una conferenza stampa per chiedere un intervento urgente della Regione, magari con una legge ad hoc che dia continuità al servizio.

«Vacanze in Sardegna per molti, ma non per tutti. Soprattutto se sono dializzati», accusa Denotti. «Puntualmente ogni anno, con l’approssimarsi del periodo estivo, ci ritroviamo a fronteggiare questa situazione di piena emergenza. Ad oggi, nella sede dell’Asnet, sono più di un centinaio le richieste d’aiuto arrivate da quei malati che, desiderosi di trascorrere un periodo di ferie nell’Isola, si sono visti negare un posto dal centro dialisi contattato. Molti di questi, addirittura, a fronte della richiesta di disponibilità a poter essere sottoposti al trattamento dialitico durante la vacanza, non hanno neppure ottenuto una risposta».

Non è un problema di cattiva gestione legata alla pandemia: il problema esiste da prima, spiegano Denotti e Zucca. «La grave carenza di organico nella sanità sarda non risparmia neppure i nefropatici», sottolinea il primo. «Un problema che d’estate, con l’arrivo delle ferie anche per i lavoratori del comparto sanitario, si fa ancor più allarmante e contro cui non ha sortito effetto neppure la previsione di prestazioni aggiuntive di medici e infermieri, rendendo di fatto inattuabile l’attivazione dei cosiddetti “progetti dialisi vacanza”, che quest’anno la Regione non ha nemmeno previsto».

«Dopo aver ricevuto una risposta negativa, e in alcuni casi neppure quella, i pazienti dializzati che desiderano venire in vacanza in Sardegna richiedono il nostro intervento per garantirsi la possibilità di un posto dialisi», è il commento di Zucca. «Dispiace constatare che la nostra regione, nonostante si professi a vocazione turistica, non sia in grado di offrire una programmazione adeguata del servizio e di rispondere alle numerose richieste che pervengono non solo dalla penisola e dai residenti, ma anche da turisti provenienti dall’estero. «A farne le spese sono ovviamente i malati che purtroppo non potranno arrivare in Sardegna, se non grazie a quei pochi centri dialisi che hanno dato la loro disponibilità all’inserimento degli stessi, in turni destinati ai pazienti in carico stabile. La nostra Costituzione garantisce a tutti il diritto alla salute, ma evidentemente non a chi purtroppo risulta essere attaccato ad una macchina per poter continuare a vivere».

La Regione, in verità, ha tentato di porre rimedio due anni fa con un provvedimento che però si è rivelato un autentico flop. Nel giugno 2021, la direzione sanitaria dell’Ats – Azienda tutela salute della Sardegna aveva diramato una delibera per promuovere i progetti dialisi vacanza. Il costo orario per il personale infermieristico delle Unità ospedaliere di Nefrologia e dialisi era stato fissato in 35 euro lordi all’ora. Nessuno aveva risposto all’invito. Nel successivo mese di luglio era arrivata una seconda delibera, con la quale si prendeva atto “che, per mero errore materiale, nella deliberazione n. 472 sopra richiamata il costo orario delle prestazioni aggiuntive per il personale infermieristico è stato fissato in euro 35,00 anziché euro 45,00”, quindi si rettificavano le “disposizioni per l’erogazione di prestazioni di dialisi a pazienti nefropatici provenienti da altri territori nel periodo estivo”. Nonostante ciò, il risultato non è cambiato.

Denotti e Zucca precisano di aver più volte cercato di parlare con l’assessore regionale della Sanità, Carlo Doria, «ma non ha mai risposto alle nostre mail congiunte e neppure alle telefonate». Più passano i giorni, più la situazione diventa ingestibile. «Quella dei non residenti che si vedono negata la possibilità di proseguire per un tempo limitato le loro cure in Sardegna, non è che la punta dell’iceberg di una situazione ancor più grave che ormai colpisce anche i dializzati sardi: 1.500 persone che, per sottoporsi alle terapie, fanno riferimento a uno dei 35 centri dialisi presenti nell’Isola. Chi, per esempio, è costretto a recarsi in un’altra regione d’Italia per sottoporsi a cure o a interventi chirurgici, al suo rientro in Sardegna può avere difficoltà a trovare un posto in un centro dialisi», spiegano i rappresentanti delle due associazioni.

La vicenda di Aldo Manzanares, citata in apertura, è la più emblematica. Dopo essersi sottoposto a dialisi per un certo periodo all’ospedale di Olbia, si è recato a Bologna per effettuare cure, esami e interventi chirurgici. Da più di un mese sta cercando di programmare il rientro nel suo paese senza riuscirci, col rischio di non poter neppure votare alle amministrative del 28 maggio. «All’ospedale di Olbia mi dicono che non hanno letti e personale disponibile, per cui rimandano di settimana in settimana il mio rientro», ci racconta al telefono un furente Manzanares. «Ma è normale questo rifiuto a una prestazione per un nefropatico residente?».

«Un vero sequestro di persona», dice Denotti. «È agli arresti domiciliari senza aver commesso alcun reato», incalza Zucca. Ecco invece la testimonianza di un altro dializzato, residente nella provincia di Frosinone, il quale preferisce mantenere l’anonimato: «Possiedo una casa a Badesi, mia moglie è nativa del posto. Per la prima volta, in cinquant’anni di matrimonio, non potremo venire in Sardegna perché la mia condizione di dializzato non me lo consente. Ho inviato a febbraio una mail alla Asl Gallura per prenotare la dialisi all’ospedale di Tempio Pausania, anche per una sola settimana nel periodo a loro scelta, ma non ho ottenuto risposta. Stessa cosa al San Camillo di Sassari. Non è questione di vacanza, ci sono amici e familiari che non potrò più vedere».

I problemi più grandi si registrano a Olbia, dove maggiore è l'afflusso di turisti in estate: almeno 80 i dializzati che si sono visti respingere la richiesta. Asnet e Aned si riservano ora di studiare altre forme di protesta, anche dure. I malati in dialisi non possono più attendere i tempi della politica sarda.

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