Non profit

Sarajevo: pace in cooperativa

Un consorzio di coop multietnico con dentro ortodossi, musulmani e cattolici. Un miracolo che siamo andati a conoscere da vicino

di Daniele Biella

Un consorzio multietnico di tre cooperative, il primo del suo genere mai realizzato in Bosnia Erzegovina, nato proprio nei momenti in cui il paese ex jugoslavo è in fermento per l’arresto, dopo 13 anni di latitanza, di Radovan Karadzic, considerato il principale responsabile dei crimini della guerra che ha sconvolto l’area dal 1992 al 1996. Un importante risultato, quello del consorzio, realizzato con un progetto di cooperazione internazionale che l’ong italiana Gvc, Gruppo di volontariato civile ha appena concluso nel paese, in particolare nelle campagne circostanti a Doboj, cittadina situata a 150km a nord di Sarajevo. Un intervento iniziato a inizio 2006, del valore complessivo di 996mila euro, svolto in collaborazione con la Cooperazione italiana allo sviluppo, attraverso un finanziamento del Mae (Ministero affari esteri) di 500 mila euro, e realizzato con il costante sostegno tecnico di esperti di settore italiani come la Legacoop di Reggio Emilia e il consorzio di 27 cooperative emiliane Borea.

Il progetto ha raggiunto due importanti obiettivi. In primo luogo ha contribuito al miglioramento delle condizioni sociali ed economiche degli almeno 300 beneficiari tra famiglie di piccoli imprenditori agricoli e gruppi di profughi rientrati dopo la sanguinosa guerra del decennio scorso, tramite la concessione in microcredito di macchinari utili alle proprie attività. Sono state avviate o, laddove già presenti, potenziate, produzioni legate più o meno direttamente al mondo dell’agricoltura: Desa Cvijanovic, 60 anni, ad esempio, ha potuto aprire un negozio di conserve di frutta e verdura; Tinde Kojic, 42 anni, potenziare la produzione di imballaggi per fieno; Hodzic Hasan, 37 anni, ha acquistato il bestiame necessario per una piccola produzione di latte, destinata alla vendita a soci delle cooperative e non.

L’altro obiettivo raggiunto dal progetto del Gvc è di carattere sociale. Ognuna delle tre cooperative, infatti, appartiene a una delle altrettante etnie presente sul territorio bosniaco. Etnie che poco più di un decennio fa si erano combattute in una guerra fratricida: quella serba, ortodossa (che ha creato la cooperativa Trebava); bosniaca, musulmana (cooperativa Zelena Polja), e croata, cattolica (cooperativa Agrousora). “L’intervento ha permesso, tramite la costituzione di un consorzio comune da cui si diramano le tre cooperative, la possibilità di scambio commerciale e umano tra le varie etnie, ancora oggi spesso assente nonostante siano passati anni dalla fine delle ostilità”, ha spiegato Patrizia Santillo, presidente dell’ong italiana, che è attiva dal 1971 e ha sede a Bologna.

Il progetto si è concluso con un convegno internazionale la scorsa settimana a Sarajevo, alla presenza dell’ambasciatore italiano in Bosnia Alessandro Fallavollita. “Quella della storica presenza cooperativistica sul territorio italiano”, ha detto l’ambasciatore, “è un esperienza che, esportata come in questo caso, porta indubbi benefici ad altre popolazioni”.

Info: www.gvc-italia.org

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