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Sarah, la morte diventa “reality”

Commenti e ricostruzioni della tragedia di Avetrana

di Franco Bomprezzi

La morte annunciata in diretta, i particolari macabri della confessione dello zio rivelati senza alcun sussulto morale: una brutta pagina di giornalismo televisivo e non solo, è stata scritta in coincidenza con la svolta delle indagini per la morte di una giovane ragazza di Avetrana, Sarah Scazzi. Ecco come i quotidiani oggi affrontano il tema.

“Così ho ucciso Sara” titola abbastanza sobriamente il CORRIERE DELLA SERA in apertura, salvo aggiungere nel sommario: “La confessione dello zio: l’ho strangolata e poi violentata”.  I fatti sono noti, ormai. Molti i commenti e le ricostruzioni nelle pagine che seguono. Bello il commento affidato allo scrittore Donato Carrisi, a pagina 2: “Le indagini, gli errori, la gogna. Se la vittima «nasce» colpevole”. Leggiamo il passo iniziale: “Al girotondo del Mostro si partecipa tenendosi tutti per mano, intonando la sua canzoncina blasfema con il sorriso ben stampato in faccia a beneficio di telecamera. C’è un’innaturale impudicizia che prolifera intorno a questi drammi, come muffa pervicace e maleodorante”. E coglie acutamente: “Si è detto tutto di Sarah, che era una ragazza con una doppia vita e tre profili su Facebook: una specie di mostro multimediale. Un’ingannevole Lolita. La figlia che nessun genitore vorrebbe avere. Il primo giudizio è stato tranciante, ma sibilato con perfetta cattiveria. Se le è capitato qualcosa, se l’è cercata”. Mentre il racconto della confessione è affidato a Giusi Fasano, bello e articolato il ritratto dell’omicida, per la penna di Goffredo Buccini: “Naturalmente, adesso che Michele Misseri, zio Miche’ – questo cinquantasettenne dall’aria assieme furba e tonta, col suo inverosimile cappelletto da pescatore sempre calzato in testa, la camicia jeans impastata di terra e sudore sempre addosso – è ufficialmente il mostro del paese, a qualcuno viene in mente che il «ciuccio di fatica» era anche «un poco rattuso», sì, insomma, era uno che sbavava appresso alle femmine, «uno che molestava pure le figlie». Vero o falso, le voci corrono, come le calunnie, perché un mostro è facile da calunniare, s’intende”. Nell’edizione on line si segnala il commento di Aldo Grasso alla vicenda televisiva di “Chi l’ha visto?”. “Con le telecamere ormai accese 24 ore su 24, in una società organizzata attorno ai media, nella piena consapevolezza che ormai gli strumenti multimediali rappresentano il nuovo ambiente in cui viviamo, è inutile chiedersi se questo strazio collettivo in diretta andasse fermato o no. Da tempo viviamo nel post-Vermicino – scrive il critico televisivo -Quando la Sciarelli si premura di dire alla mamma di Sarah, Concetta Serrano, se desidera interrompere il collegamento compie un gesto di estrema delicatezza, ma manda, contemporaneamente, un’indicazione linguistica: questo non è un reality, questa è tv verità. Il fatto è che la verità non sembra mai vera, si vorrebbe dire di no alla verità dell’apparenza, spegnendo le telecamere, nella speranza che ci sia una verità diversa dell’essere”.

Anche LA REPUBBLICA apre con l’omicidio di Avetrana (“Sarah uccisa, poi violentata”) e rimanda alle pagine interne per i servizi. Inizia Mario Diliberto con il punto sulle indagini: individuato l’autore dell’omicidio, resta da vedere se vi siano stati sospetti da parte della madre e di Sabrina, cugina di Sarah. È solo una ipotesi suffragata dal racconto della stessa Sabrina (che ha detto che la cugina le aveva parlato di «stranezze» da parte dello zio). Impressionante la ricostruzione di quanto è avvenuto: «quel giorno ero in garage», ha raccontato l’assassino, «aggiustavo il trattore… Saranno state le 14.30 e ho visto Sarah che si è affacciata alla porta del garage…. Non so che cosa mi è scattato, all’improvviso Sarah mi intrigava è successo tutto in un momento» «Poco dopo, questione di minuti si è affacciata mia figlia Sabrina, lei era in casa, non ha visto niente. Mi ha chiesto di Sarah, mi ha detto se la vedi dille che la stiamo cercando. È andata via. Sarah era accanto a me, morta». C’è poi un pezzo su Chi l’ha visto, sul quale si è scatenata una bufera. Gabriella Carlucci, vice presidente della commissione Adulti e infanzia dice: «non avrei mai voluto assistere a una scena agghiacciante come quella». Anche Barbara Saltamartini, sempre del Pdl, parla di un «giornalismo che viola dignità e riservatezza, una ricerca sconsiderata dello scoop». Federica Sciarelli si difende («se ho sbagliato mi dispiace, si attacchi me non questo programma utilissimo alle persone scomparse»). Il direttore di Rai3 la difende: «ha cercato di gestire nel modo più delicato possibile una vicenda tragica e ci è riuscita». Il commento di Francesco Merlo (“La moviola del dolore”) non lascia dubbi: «è davvero odiosa la tv che non ha permesso a una mamma straziata di cercare la compostezza dei sentimenti, non le ha dato il tempo di dominarsi, di raccapezzarsi e l’ha esposta alla insana curiosità dell’Italia, ha degradato la sua pena non solo e non tanto a tecnica spettacolare dell’evento quanto soprattutto a distrazione dall’evento».

IL GIORNALE dedica spazio al commento di Maurizio Caverzan sulla “ Morte in diretta: così la vita è solo reality” perché la madre di Sara ha appreso la notizia della morte della figlia mentre è in collegamento al programma televisivo “Chi l’ha visto”. Caverzan scrive: «la linea di confine si è spinta lontanissimo. E ora sarà difficile oltrepassarla. Francamente non si riesce a immaginare qualcosa  di più estremo. Ciò che è successo è l’ultima frontiera di una cultura che, come in un gigantesco e inconsapevole Truman Show, ha da tempo assegnato ai media il diritto e dovere di scandagliare tutto. Di entrare ovunque». IL GIORNALE mette in evidenza la drammatica sequenza che «la madre era a casa della sorella, moglie del carnefice, e quel tinello da cui veniva registrata la trasmissione era il tinello dell’assassino».

Nulla in prima pagina del SOLE 24 ORE sull’omicidio di Avetrana se non un breve rimando a pag 16 dove si trova un commento di poche righe non firmato. Il titolo è “A chi giova la verità”. Nel mirino l’insistenza di Chi l’ha visto nel raccontare l’assassinio: «la tv può e deve fermarsi a volte: le tragedie bastano a se stesse e vanno rispettate, non messe in scena. Non è moralismo, è uso consapevole del mezzo che si ha a disposizione. Potente, potentissimo. Al punto di prendere la mano anche a chi lo consoce e lo maneggia bene. 

«Sarah, la morte in diretta a reti unificate», IL MANIFESTO sceglie questo titolo per il corsivo di Micaela Bongi al caso di Avetrana. Nessun richiamo in prima, ma solo questo articolo in falsa apertura a pagina 3 per raccontare quanto accaduto. «Voleva andare via, Sarah. Dal piccolo paese, dalla famiglia. (…) È rimasta lì, in fondo al pozzo, sepolta dall’orrore domestico. La casa di “zio Michele”. Quella da dove non è riuscita a scappare nemmeno Federica Sciarelli, nella “terribile” serata (come la giornalista diceva ieri) della morte arrivata in diretta. Non è riuscita a scappare la mamma di Sara Scazzi, Concetta, catatonica nel tinello, davanti alle telecamere, una statua di gesso (…)». Il breve articolo continua: «L’altra sera “Chi l’ha visto?” non è stato un “reality show”, perché ai “reality” in fondo non ci crede nessuno. Chi non voleva credere nemmeno alla fine più brutta del giallo di Avetrana è rimasto incollato lì, davanti e dietro le telecamere, davanti al piccolo schermo, più di quattro milioni di spettatori. Come se, soltanto una volta spenti i riflettori e gli apparecchi, quella che ancora poteva sembrare una fiction crudele si sarebbe potuta trasformare in realtà. È soprattutto la destra a accusare il programma, speculando contro Raitre diretta da Paolo Ruffini. Ma lo “spettacolo” in questo caso è a reti unificate».
  
Tutta la pagina 13 di AVVENIRE, oltre a un richiamo in prima, è dedicata alla tragedia di Avetrana. Il titolo è “Il mistero di Sara è diventato orrore”, mentre il sommario riassume l’agghiacciante confessione dello zio: “l’ho uccisa, ho abusato di lei, l’ho gettata nel pozzo”. In un’intervista, lo psichiatra Eugenio Borgna sostiene che «la pazzia non sa pianificare e che il crimine è nato da una mente lucida». E sulla violenza dopo la morte Borgna sostiene che sia stata fatta «per tragica vendetta, per ritorsione orrenda dinanzi a chi, rifiutandosi di obbedire, lo aveva trascinato a commettere qualcosa per cui avrebbe dovuto pagare». Pioggia di critiche su Federica Sciarelli per la diretta tv che ha fatto il boom di ascolti, con la madre avvertita della morte di Sara durante “Chi l’ha visto?”. In seconda pagina anche un commento di Mirella Poggialini “Lo strazio fatto spettacolo” sulla tv spietata che mette in onda un devastante spettacolo: «Siamo tornati a Vermicino. Vergogna. La notte tragica e surreale di RaiTre, con la foga allucinata di giornalisti che in “Chi l’ha visto?” aizzavano i cronisti sul posto a interrogare la madre della ragazzina uccisa, ha segnato un momento nerissimo della coscienza e della pietà».

«Sarah, l’Italia sotto choc» è il titolo di apertura della prima pagina de LA STAMPA. Il quotidiano dedica le prime quattro pagine alla notizia. Si parte dalla ricostruzione da Avetrana di Carmine Festa: «Sarah si è ribellata. Lo zio: l’ho uccisa e poi violentata». Il «reportage» di Maria Corbi si occupa delle famiglie della vittima e dell’assassino: «Nel giorno di Sarah, del dolore per una vita spezzata e violentata, si fa fatica a provare pietà per qualcun altro. Ma quando una folla di ragazzini si affolla davanti alla casa di Sabrina, la figlia del «mostro», e le gridano «esci se hai coraggio» e ogni genere di insulto, non puoi non avere pietà anche per lei». Pagina 4 invece è tutta su Michele Misseri. Sotto l’occhiello «Personaggio» il titolo è «le finte lacrime del killer». Nella foto un dettaglio del volto dell’assassino, con la didascalia «occhi criminali». I servizi sul caso si chiudono con la pagina sulla «Tragedia in diretta tv. Ed è boom di ascolti»: «Chi l’ha visto ha toccato picchi attorno al 50%». Le opinioni a confronto di due giornalisti: per Bruno Vespa «Le notizie corrono più veloci dell’etica», secondo Giovanni Minoli sono scelte da «Schiavi dello share, non è servizio pubblico». Al trattamento mediatico della vicenda è dedicato l’editoriale in prima pagina di Massimo Gramellini: «Siamo tutti vittime della stessa macchina. La macchina del dolore, che si nutre di casi umani e in cambio macina numeri dell’Auditel». Secondo il vicedirettore Federica Sciarelli «ha mancato di freddezza», avrebbe dovuto dare alla madre di Sarah la notizia fuori onda. «Una questione di rispetto, ma in questa società di ego arroventati chi ha ancora la forza e la voglia di mettersi nei panni del prossimo, guardando le situazioni dal suo punto di vista?». Anche il direttore Mario Calabresi ne scrive nella sua rubrica delle lettere: «Non riesco a togliermi dagli occhi quello strazio e penso che per il rispetto di tutti noi sarebbe stato giusto e coraggioso chiudere il collegamento con quella casa pugliese. Ogni giorno di più penso che la questione cruciale del giornalismo oggi non sia più l’urgenza di pubblicare ogni cosa che ci passa per le mani o di far vedere tutto ma la capacità di sapersi fermare, di rinunciare, di saper fare un passo indietro».

E inoltre sui giornali di oggi:

ROM
LA REPUBBLICA – “Rom, Tettamanzi sfida la Moratti”. Uno scontro senza precedenti fra la Curia e il municipio sull’impegno già condiviso e sottoscritto di dare le case ai rom. Il dietro front elettorale del comune sta creando una polemica sempre più accesa. La Curia annuncia «conseguenze economiche e legali» per la rottura degli accordi presi.

IL MANIFESTO – «Schedati in quanto rom. Nuovi guai per Sarkozy, atteso oggi in Vaticano» è il titolo del piccolo richiamo all’articolo a pagina 6 dove si parla di «Un’altra grana per il presidente francese, che dopo gli sgomberi e le espulsioni dei rom oggi sbarca a Roma per farsi perdonare dal Vaticano. “Le Monde” svela la denuncia di alcune associazioni per la lista di membri delle “minoranze etniche non stanziali”, segreta e soprattutto illegale, conservata dalla gendarmeria. Polemiche anche sulle nuove leggi repressive allo studio del parlamento». 

LAVORO
IL GIORNALE – Un accordo fra comune e azienda  stabilisce che l’impresa può costruire la fabbrica in cambio di contratti di lavoro riservati a chi è residente in paese da almeno cinque anni. Accade a Godega in provincia di Treviso, ma soprattutto paese di origine di Luca Zaia, governatore del Veneto. I protagonisti sono Giuseppe Da Re, produttore di grissini, che ha sottoscritto l’accorso  «per un mix  di convenienza e condivisione» e che in ogni caso riguarda «operai e non i dirigenti. E il sindacato, la cgil ad esempio? IL GIORNALE  riporta dichiarazioni rese da Paolo Barbiero al Corriere del Veneto: «non ci vedo nulla di cui strapparsi le vesti».

UNIVERSITA’
IL MANIFESTO – La foto di una lezione di protesta alla Sapienza di Roma campeggia nella prima pagina de IL MANIFESTO a sovrastare il titolo «Ricercati». Nel sommario di lancio degli articoli a pagina 5 si legge: «La Commissione di garanzia sugli scioperi chiede ai rettori quali attività professori e ricercatori “si rifiutano di svolgere” e se intendono astenersi dalla docenza. “Un attacco al diritto costituzionale della libertà di ricerca e dell’autonomia dell’università”. A Torino 210 docenti dichiarano lo sciopero contro la riforma Gelmini. Oggi studenti in piazza». Tre gli articoli dedicati alla mobilitazione, tra questi uno firmato dal Coordinamento insegnanti precari di Roma dal titolo «Dietro la facciata del merito la realtà del risparmio» che si conclude con queste parole: «Nella scuola che vogliamo la crescita dell’insegnante si realizza nella sicurezza, nello stimolo del confronto, nella assoluta libertà del suo agire culturale ed educativo. Riteniamo invece che il merito vero di un docente sia il raggiungimento degli obiettivi che gli prefigge la Costituzione, formare i cittadini portatori di un sapere critico, realizzare la promozione sociale, promuovere un’idea di lavoro fondata sui diritti e la dignità».

OBIEZIONE DI COSCIENZA
AVVENIRE – “Vince la coscienza” è il titolo di apertura in prima pagina sul voto dell’Assemblea del Consiglio d’Europa che ribadisce il diritto a opporre l’obiezione di coscienza ad aborto ed eutanasia. Strasburgo, capovolgendo la risoluzione che voleva limitarne l’esercizio, sancisce che l’obiezione di coscienza resta un diritto di libertà. Sventato il tentativo di indurre tutti i 47 Paesi dell’istituzione a limitare la libertà dei medici e del personale sanitario. Il capogruppo del Ppe Volontà parla di “giornata storica”, mentre per la socialista inglese McCafferty è stata “una giornata di vergogna”.

ACQUA
LA STAMPA – Il titolo a pagina 39 è «Coop apre la guerra del rubinetto». La catena della grande distribuzione «lo fa attraverso un’innovativa campagna di comunicazione (costo 1 milione di euro), incentrata anche su spot televisivi con la testimonial Luciana Littizzetto, che invita gli italiani a consumare più acqua del rubinetto. O a scegliere l’acqua minerale delle fonti più vicine a casa. L’obiettivo, dichiaratamente ecologista, è quello di ridurre i costi e l’inquinamento che derivano dal trasporto dell’acqua, ma la campagna Coop non si dimentica certo degli affari».

BIG SOCIETY
SOLE 24 ORE – Andrea Romano si intrattiene sul nuovo corso dei Tories nel suo “Cameron e l’equivoco della big society”. Secondo Romano l’idea del premier non si riferisce alla sussidiarietà come è intesa in Italia, ma a una società che scommette su se stessa. Quella di Cameron «è una retorica del piccolo e piccolissimo imprenditore nella quale si leggono echi del populismo democratico thatcheriano, che non fu mai ideologia del Big business, ma fiducia nella capacità di ogni singolo cittadino di cimentarsi con la produzione di ricchezza «… «quindi non una sussidiarietà di matrice cattolica, ma piuttosto l’indicazione di un percorso pienamente liberale». 

SOLDI PUBBLICI
ITALIA OGGI –  “La Russa e Frattini danno le mance”. Il quotidiano dei professionisti dedica un pezzo sui decreti con cui, Ignazio La Russa e Franco Frattini ripartiscono 1,7 milioni di euro tra 72 organizzazioni. 11 di queste erano state definanziate dal Tesoro. Alcuni esempi: 76.500 euro all’Associazione Italiana Combattenti e Reduci; 65 mila euro alla Federazione Italiana Volontari della Libertà; l’Associazione Italiana Combattenti Volontari Antifascisti di Spagna e l’Associazione Nazionali Veterani e Reduci Garibaldini prendono entrambi 10.000 euro. Per quanto riguarda le associazioni che si sono salvate della scure di Tremonti, spiccano la Fondazione Alcide De Gaspari a cui vanno 20mila euro e il Centro Studi Americani con 10.000 euro. All’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale) e all’Iai (Istituto Affari internazionali) andranno rispettivamente 100 mila euro. 

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