Si chiude con questa domanda il comunicato stampa che riassume i contenuti dell’incontro dell’Intergruppo parlamentare sulla sussidiarietà. Traspare una vena di scetticismo nonostante tutti, a parole, siano d’accordo: la riforma del non profit richiede di metter mano al codice civile. Un cambio di paradigma rispetto alla strada fin qui percorsa che si basava su una legislazione “a canne d’organo” (organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, cooperative sociali, ecc.), lasciando inalterate le basi del diritto. Una sfida di notevole portata che presuppone un dialogo tra stakeholder consapevoli e maturi: dalla classe politica alle rappresentanze del settore. Quella stessa consapevolezza e maturità che portò i portatori di interesse di un paio di decenni fa a introdurre una legislazione settoriale attenta a cogliere tempestivamente gli elementi di innovazione sociale all’epoca emergenti (quando ancora il concetto non era così in voga). Un approccio forse limitato, ma pragmatico. Oggi si deve fare affidamento su una politica che invoca “riforme istituzionali” ormai da anni senza aver raggiunto particolari risultati a riguardo. Forse perché molte di queste proposte di riforma sono state scritte su una pagina bianca (magari in qualche “buen ritiro” estivo) tenendo in scarsa considerazione l’impatto degli assetti istituzionali precedenti. La sede dell’incontro dell’Intergruppo – il meeting di Cl – era il posto giusto per una verifica su una riforma recente e fin qui di stentata attuazione: quella sull’impresa sociale. La legge infatti è di portata innovativa: introduce una chiara demarcazione tra attività produttive e non in ambito non profit. Ma fa di più: introduce addirittura un’ulteriore distinzione tra attività imprenditoriali esplicitamente orientate in senso “sociale”, contribuendo così al pluralismo delle forme d’impresa. Non è forse questa una riforma istituzionale? Per di più promossa, qualche anno fa, proprio da Comunione e liberazione e attuata da una maggioranza parlamentare simile a quella attuale. Eppure, stando agli atti dell’incontro, nessuno ne ha parlato e soprattutto nessuno ha fin qui scritto l’agenda delle policy per questa riforma. Nè la politica, nè il non profit. A fronte di questo disimpegno, il carattere dubitativo della domanda in calce alla nuova proposta di riforma appare più che adeguato.
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