Disuguaglianze
Sapete qual è il passaporto più “potente” al mondo? Quello degli Emirati Arabi Uniti
La classifica stilata da “Passport index 2024” mostra come i documenti di viaggio siano spesso lo specchio delle profonde disuguaglianze esistenti tra i diversi Paesi del mondo. Italiani ed europei sono ai primi posti per possibilità di spostamenti, per trovare un Paese africano si arriva al novantesimo posto
Il passaporto permette al cittadino di uno Stato di allontanarsi dal territorio nazionale per entrare in quello di altri Paesi. Si tratta di un’invenzione recente – risale alla metà del XX secolo -, un documento che consente gli spostamenti e, al tempo stesso, attesta la nostra condizione sedentaria, perché quando ne siamo privati viaggiare per il mondo diventa difficile, se non addirittura impossibile.
Spostamenti, globalizzazione e mobilità
Con la globalizzazione e l’avvento delle nuove tecnologie l’atto dello spostarsi è diventato un concetto piuttosto “allargato” nel tempo e nello spazio e la mobilità delle persone è spesso al centro di questioni politiche e giuridiche. Le amministrazioni di tutti i Paesi del mondo sono oggi chiamate a gestire movimenti che coinvolgono persone con uno status inquadrato da visti, passaporti, residenze e cittadinanze, spostamenti motivati spesso da necessità di sopravvivenza – come la volontà di sfuggire a guerre, pandemie e carestie – ma anche da desiderio ti tanti di visitare luoghi esotici e lontani.
La classifica
«La conquista della globalizzazione per alcuni rappresenta una riduzione alla dimensione locale, mentre ad altri offre la possibilità di viaggiare in lungo e in largo sulla Terra», spiega Pierluigi Musarò professore ordinario di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università di Bologna. «Per inquadrare la questione è sufficiente dare uno sguardo al “Passport index power rank”, portale di Hanley & Partners che ogni anno valuta i passaporti di 199 Paesi e li mette in relazione a 227 possibili destinazioni in tutto il mondo».
Passaporti potenti e no
La classifica si basa sul numero totale di Paesi in cui si ha accesso senza visto, oppure con un visto all’ingresso. Scorrendola, scopriamo che il passaporto più potente è quello degli Emirati Arabi, che consente l’accesso senza visto a 179 Paesi. Tra le prime posizioni ci sono quelle di diversi Stati europei: il nostro documento ci permette di viaggiare senza visto in 177 Paesi e si posiziona al terzo posto insieme a quelli di Finlandia, Belgio, Danimarca, Paesi Bassi, Lussemburgo, Austria, Portogallo, Norvegia, Svizzera, Grecia e Irlanda.
Tra gli ultimi ci sono luoghi provati da difficoltà e guerre: Siria, Iraq Yemen, Pakistan, Somalia. Nell’arco di un decennio, dal 2015 al 2024 sono mediamente aumentate le destinazioni disponibili senza visti (da 89 a 112), ma anche le distanze fra passaporti più potenti e più deboli.
Documenti, specchio di disuguaglianze
Non si tratta soltanto di un problema burocratico, perché i documenti di viaggio rappresentano spesso lo specchio delle profonde disuguaglianze tra i Paesi del mondo e del divario tra popolazioni ricche e povere e valutare la propria libertà sulla base del passaporto consente di capire come il mondo sia diviso tra chi è privilegiato e chi non lo è.
Le limitazioni imposte ad alcuni passaporti costituiscono un modo per controllare i movimenti dei cittadini. Questa “gerarchia dei passaporti” è un processo che accompagna un sistema restrittivo di rilascio dei visti per persone che vivono in nazioni che attraversano gravi difficoltà, consentendo alle nazioni politicamente ed economicamente più forti di utilizzare la mobilità delle persone per rafforzare la loro influenza.
Il Golden Passport riservato ai ricchi
Per la maggior parte delle persone che vivono nei Paesi del sud del mondo viaggiare in Europa legalmente diventa una vera e propria corsa a ostacoli, fatta di procedure complicatissime.
Per alcune categorie, invece, gli spostamenti sono più semplici e resi possibili: all’interno dell’area Schengen, il Golden Passport è un programma che garantisce l’acquisizione della cittadinanza e del passaporto del Paese in cui si investe, senza richiedere all’investitore di vivere nel Paese dove investe i suoi soldi.
Per ottenere questo “passaporto d’oro” in Europa occorre investire somme che partono da centinaia di migliaia di euro. Transparency International – organizzazione che si impegna “per far sì che i governi, le istituzioni, le imprese e gli enti pubblici adottino tutti gli strumenti necessari per prevenire la corruzione” – nel 2018 quasi 100mila cittadini stranieri hanno ottenuto la residenza Ue attraverso visti e passaporti d’oro.
I poveri bloccati alle frontiere
Così, mentre le persone più abbienti, imprenditori, uomini d’affari, godono del diritto alla libertà di movimento, le altre faticano a spostarsi, vengono bloccate alle frontiere, criminalizzate. Diversi Paesi in via di sviluppo hanno compiuto uno sforzo comune per rilanciare le loro economie anche allentando i loro confini.
Ma la reciprocità e la risposta dei Paesi ricchi è stata quasi inesistente e l’assenza di vie legali percorribili per ottenere passaporti e visti presso le ambasciate, per esempio, dei Paesi europei, portano alla creazione di un doppio binario: c’è chi è costretto a percorrere la pericolosa rotta del Mediterraneo oppure di provare a valicare i confini delle rotte balcaniche e chi, invece, viaggia in prima classe.
Da che cosa dipende il “potere” di un passaporto? «Dalle politiche di entrata e di uscita stabilite a livello governativo. E anche dai soldi», spiega il professor Musarò.
Leggi, denaro, accordi internazionali conclusi sopra le teste dei cittadini. In tanti Paesi africani, per esempio, entrare in possesso dell’ambito documento di viaggio è difficilissimo. In questi luoghi, per ottenerlo, spesso bisogna svolgere complicate trafile, presentare certificati e garanzie bancarie.
I Paesi africani? Dal novantesimo posto
Di fatto, passato il periodo colonialista di fine Ottocento/inizio Novecento costruito sul controllo politico, economico e militare, oggi viviamo un altro tipo di sorveglianza – meno evidente e più insidiosa – fondata sui confini.
Questo diventa evidente quando scorriamo il Passport Index e scopriamo che per trovare un Paese africano bisogna arrivare al novantesimo posto, a dimostrazione che i diversi accordi bilaterali, stipulati sulla base di convenienze commerciali, politiche ed economiche non avvantaggia le persone che provengono dal continente situato a sud dell’Europa.
Fortezza Europa?
Negli ultimi anni l’Europa ha aumentato le sue azioni di respingimento e di chiusura. Chi alla fine riesce arrivare nella “terra promessa” americana o europea si trova ad affrontare mille difficoltà.
«Assistiamo al quasi quotidiano respingimento di persone che cercano di approdare sulle sponde italiane dal mare in nome di una presupposta difesa del territorio», sottolinea Musarò, «tuttavia, i migranti che arrivano con i barconi rappresentano appena il 10 per cento del totale degli “irregolari”, richiedenti asilo. Gli altri sono persone entrate in Italia con un visto turistico, o allettate dalla promessa di falsi permessi di lavoro che poi non vengono mantenute».
Applichiamo la Dichiarazione dei diritti dell’uomo
Clandestinità e traffico di esseri umani potrebbero essere fermati rendendo i movimenti legali, fornendo a tutti gli stessi diritti di spostamento, un passaporto con uguale potere. Sarebbe sufficiente applicare l’articolo 13 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo che recita: “Ognuno ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni nazione. Ognuno ha il diritto di lasciare qualsiasi Paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio Paese”.
In apertura photo by mana5280 on Unsplash
Vuoi accedere all'archivio di VITA?
Con un abbonamento annuale potrai sfogliare più di 50 numeri del nostro magazine, da gennaio 2020 ad oggi: ogni numero una storia sempre attuale. Oltre a tutti i contenuti extra come le newsletter tematiche, i podcast, le infografiche e gli approfondimenti.