Famiglia
Santorso, l’accoglienza è l’occasione del cambiamento
Santorso, provincia di Vicenza, è diventato un modello di governance. Le scelte politiche nella gestione dell'acqua, la visione sovracomunale, la sanità sociale pubblica, la partecipazione e l'ascolto dei bisogni, le progettazioni Pnrr rivolte alle generazioni future, ma soprattutto il sistema territoriale di accoglienza delle persone migranti. Dialogo con il sindaco Franco Balzi
Siamo quasi alla fine del nostro viaggio in questa Italia dei piccoli comuni dai grandi sindaci, mancano ancora sei puntate. Oggi ci fermiamo nel vicentino e scopriamo cosa succede quando un Comune "diventa" tanti Comuni che messi insieme fanno sistema.
Non può essere definito tecnicamente un "piccolo comune" perché supera di 600 unità il limite dei 5mila abitanti, ma la nostra rubrica non poteva non fare tappa a Santorso, in provincia di Vicenza. Santorso è famosa per la gestione delle acque: giardini pluviali, trincee drenanti, pavimentazioni permeabili, un’aiuola fiorita di bioritenzione, tetti verdi, serbatoi collegati alle grondaie, uno stagno con vegetazione palustre, un laghetto agricolo, una "città spugna" insomma in grado di assorbire l'acqua piovana in eccesso, farla defluire lentamente, ricaricare la falda conservandola per i periodi di siccità. È un progetto europeo e prima di tutto una scelta politica. Ma Santorso, in pieno Veneto, è punto di riferimento anche dell'accoglienza delle persone migranti. Incontriamo il sindaco, Franco Balzi, soltanto online. Balzi, 62 anni, guida il Comune dal 2014, capello più sale che pepe che fa pendent con la barba.
Sindaco Balzi, per lei secondo e ultimo mandato: Santorso supera i 5mila abitanti, quindi non è previsto il terzo mandato…
Esatto, ma vede fin dal primo giorno del secondo mandato ho lavorato per un percorso che guarda ad una continuità del nostro gruppo perché i processi non devono bloccarsi fissandosi sulle singole persone. La mia idea è proprio quella di dare valore ai cambiamenti, come ho fatto anche in passato con le mie esperienze precedenti.
Nella cooperazione sociale, giusto?
Sì, ho lavorato per 30 anni nella cooperazione sociale, sono stato anche presidente di un consorzio di 60 cooperative sociali ed ho sempre pensato che fosse un valore creare le condizioni perché dopo un po’ di anni ci si fermi per non essere ingombrante.
Insomma, ha lavorato “dall’altra parte del tavolo”…
Sì e quando interagivo con gli Enti locali ho sempre pensato che questo patrimonio del terzo settore fosse da valorizzare. In questo senso ho cercato di lavorare partendo dall'idea che l’amministrazione comunale deve essere un soggetto che fa quasi un passo indietro, che lascia spazio alla vitalità e alle competenze. Un’altra idea sulla quale ho cercato di lavorare fin da subito è la sovracomunalità.
Ce la spiega? Santorso in questo è diventato un modello…
Ho sempre ritenuto che sia assolutamente indispensabile lavorare in modo trasversale, al di là dei confini territoriali. Nel 2014 quando mi sono insediato c'era l’Associazione “Buona pratica” in cui i cittadini ragionavano sui beni comuni, in quel momento si stava ragionando sul fotovoltaico insieme a 30 famiglie del paese. Quel modello di “sportello per la sostenibilità” è stato poi premiato anche a livello europeo ed oggi Santorso è capofila di 13 Comuni che collaborano tra di loro: è uno sportello itinerante che ogni giovedì si sposta da un comune all'altro. Quindi: i cittadini dal basso spingono e trovano un'amministrazione che da un lato dà spazio e valorizza, dall’altro allarga ai comuni del territorio. Da questo, siamo arrivati al progetto “Life bewere” che partiva dall’evento tragico dell’alluvione vicentina del 2010 ed è stato co-finanziato per due milioni di euro dal Programma LIFE dell’Unione Europea. L’obiettivo era attuare una strategia di adattamento al cambiamento climatico e al rischio di alluvioni nelle aree urbane e rurali con l’utilizzo di piccoli invasi diffusi. Questo per spiegare come da un'esperienza molto micro dei cittadini un'amministrazione comunale riesca ad avere anche una visione su un tema mondiale come quello dell'acqua.
Però lei ha trovato un sistema territoriale che l’ha ascoltata, sindaco, è stato facile…
Non è così. Purtroppo l’abitudine ad “uscire” dal proprio ristretto ambito non è una cosa scontata tra sindaci e ancora oggi è una fatica che devi in qualche maniera affrontare per convincere che non si va da nessuna parte da soli, Santorso compreso. Certamente bisogna lavorarci tanto, ma bisogna avere anche una buona struttura del personale all’interno del Comune ed io ho la fortuna di averla: i miei dirigenti non mi hanno mai frenato, credo che senza di loro avrei fatto poco. Il terzo ingrediente fondamentale è una comunità che elabora, che dà “spinte”: il compito del sindaco secondo me è ascoltare, stare un passo indietro, coordinare, accompagnare senza protagonismi individuali, senza ambizioni da copertina di giornale. Lavori in concreto e così costruisci fiducia e consenso.
Tutti i temi del sociale lei li sta affrontando anche da presidente della conferenza dei sindaci dell’Azienda sanitaria Ulss dell’alto vicentino…
Siamo 55 comuni dell'alto vicentino e tutti i temi del socio-sanitario integrato li gestiamo insieme perché altrimenti non c'è futuro, ma era così già negli anni ’80: minori, anziani, disabilità, salute mentale, dipendenze devono essere gestite insieme in maniera integrata.
Come nasce, invece, il Sistema Accoglienza Integrazione-Sai di Santorso?
Santorso fa accoglienza da, quando sono arrivato nel 2014 c'era questo progetto per 35 posti in realtà attivato con l'accoglienza diffusa su 13 comuni. Gli arrivi delle emergenze Nord-Africa, Siria, Afghanistan, Ucraina hanno potenziato il modello Sai di Santorso, ora abbiamo 89 posti sui 13 comuni. Nel 2016 abbiamo sperimentato credo per primi in Italia un protocollo di intesa tra Prefetto e Santorso capofila dei 32 comuni: se ognuno si impegnava ad accogliere tre persone migranti ogni mille abitanti, il Prefetto si impegnava a non mandarne più. Questo si è poi trasformato nella “clausola di salvaguardia” dell’allora Ministro dell’Interno Angelino Alfano. Un’altra azione forte che abbiamo fatto è stata l'anno scorso con “La tenda di Abramo”: nell'impossibilità di aspettare i tempi di ampliamento del Sai, ci siamo rassegnati a gestire un Centro di Accoglienza Straordinario-Cas diffuso sempre sui nostri 33 Comuni per conto del Prefetto con Santorso capofila. Risultato: 130 posti per l'emergenza Ucraina, 30 dei quali in famiglie. Sulla nostra scia, adesso sono nati progetti Sai anche a Vicenza, Valdagno e Marano e l’obiettivo è di farne nascere altri in un sistema in cui si scongiura che qualcuno possa venire a fare “business” sull’accoglienza delle persone migranti.
La sanità sociale a Santorso?
È gestita da “Villa Miari”, l'istituzione comunale, cioè un soggetto giuridico che è in capo al comune e che è nel nostro bilancio comunale. Si occupa di persone con disabilità, di anziani e anche di riabilitazione neuro-cognitiva. Credo molto al servizio pubblico, mi spendo perché questo avvenga all'interno dell'azienda Ulss, in questo caso invece c'è una titolarità diretta del comune.
Progettazioni Pnrr?
Sette-otto progettualità, con circa 10 milioni di euro di finanziamenti. Sei milioni e mezzo vanno sul polo dell'infanzia dove metteremo il nido e la scuola dell'infanzia, con particolare riguardo alle condizioni ambientali ed energetiche. Le politiche di sostegno alla famiglia e il problema demografico li affronti anche attraverso i servizi: è un investimento che guarda ai prossimi 30-40 anni e fa sì che la gente a Santorso venga a viverci volentieri. Un altro finanziamento è sui giardini storici, poi sul dissesto idrogeologico, la digitalizzazione e la ristrutturazione degli edifici storici.
Non le hanno mai contestato un conflitto di interessi?
Quando è nata l’idea della mia candidatura a sindaco io non ero più presidente del consorzio da mesi, non avevo alcuna esperienza amministrativa. Era ancora il periodo della crisi economica, della disoccupazione che anche qui si faceva sentire. C’era un forte bisogno del sociale, di una visione sovracomunale e di reti: elementi che avevano spinto verso la mia candidatura. Era doveroso in quel momento collaborare, in una posizione di terzietà: si doveva lavorare insieme alle realtà “sane” del territorio, "blindando" in maniera assolutamente limpida le procedure col metodo della co-programmazione e della co-progettazione.
Sindaco ma non rischiamo di avere troppa “politica del fare” e poca “politica di visione”?
È un bel tema. Sono abbastanza convinto che, ad esempio, l'esperienza amministrativa e operativa della Tenda di Abramo nell’affrontare l'accoglienza dell'Ucraina, in realtà avesse un pensiero politico dietro molto, molto profondo. Vede, le condivido una provocazione che faccio fatica a spiegare anche a me stesso: credo che l’accoglienza sia veramente un'occasione di cambiamento per noi, prima che per loro. Rimettere in discussione un sistema occidentale, capitalistico, liberale attraverso l'accoglienza dello straniero e del povero è un'occasione storica che ci arriva per ripensarci come paesi occidentali.
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