Politica

Sansicce e non salsicce, crescia e non piadina, per favore

Due specialità tipiche marchigiane: sancicce e crescia.

di Gino Girolomoni

Il maiale era il re sulle tavole del nostro Duca di Montefeltro. Da un maiale si ricavavano due prosciutti, due o tre lombate, salamini, costarelle, cotiche (buonissime nella pignatta a cuocere sul fuoco lento coi fagioli), la coppa (con tutte le carni meno preziose). E poi il lardo, una parte del quale messo nel paiolo a fuoco lento diventava strutto e la carne ciceri. (Avviso importante dei nostri patriarchi: prima di mettere il lardo a salare staccarne un pezzo da appendere senza sale, che sarebbe servito per ungere il cuoio degli scarponi). E le salsicce, che noi in dialetto chiamiamo sancicce non perché sante ma perché provengono da portatori sani, cioè bestiole allevate liberamente e che mangiano crusca e farina di mais, o le ghiande al pascolo sotto le querce dei ranchi (i boschi dissodati in cui si lasciavano crescere le querce). Infine la crescia, che troppo spesso qualche mio commensale chiama piadina, offendendo il marchigiano fiero di opporre alla Romagna una trovata migliore. La piadina è un?impasto di acqua e farina ridotta in una ciambella piatta cotta sulla piastra. La crescia, invece, è un?elaborazione più raffinata che i discendenti di Raffaello e Rossini hanno messo a punto con maestria. Acqua e farina sì, ma anche uova e strati sottili sovrapposti con una bella unzione di strutto. Inutile raccomandarvi la provenienza biologica: quando non c?è, le carni sono un disastro e i vini una sofferenza, da cui ti salvi solo con i grandi nomi. Di questa provenienza biologica non ne parlerò sempre, ma ricordatevene. I vini di questa terra sono il Sangiovese e il Bianchello del Metauro.


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