Volontariato
Sanremo: tutto ciò che ci dice sull’Italia di oggi
A Sanremo quest’anno la canzone italiana ha portato in scena lo smarrimento di una generazione, la violenza della banalità a cui è esposta, ma anche il desiderio di tornare a sognare
Stormi di adolescenti che restano a bocca asciutta, hanno votato in massa Ultimo, ma Ultimo è secondo. Solitamente non funziona così, solitamente sulla rete chi comanda sono i numeri: le visualizzazioni, il numero di volte che viene scaricata una canzone, gli inserimenti in spotify. Nel mercato del web nulla sfugge ai numeri ed i clienti hanno sempre ragione, il più gettonato ( si dice così dai tempi dei juke box) è Ultimo. Ma questa volta chi arriva primo sulla rete non ha vinto nella realtà.
E subito la si butta in politica, perché è questo il tempo che viviamo. Un grande ritorno della politica nelle discussioni quotidiane, anche quelle più banali anche quelle su Sanremo. La vulgata è la seguente: Mahmood ha vinto perché favorito al voto della giuria tecnica non perché bravo ma perché straniero. Alessandro Mahmoud ha 26 anni, è milanese, madre italiana e padre egiziano: la ricerca della sua biografia e delle sue origini non perfettamente italiane hanno spopolato sul web più che della sua stessa canzone vincente.
Non poteva finire meglio questa edizione del sacro Festival della musica italiana. Alessandro ha partecipato ad X-Factor nel 2012, ha vinto Sanremo giovani nel 2018 ( sono innumerevoli le volte che “un giovane” dell’edizione precedente vincesse tra i big all’edizione successiva), ma nel 2019 è tutto diverso ed in un colpo solo il giovane cantante è entrato nel sancta sanctorum della canzone italiana e del dibattitto politico: chi è l’Italia e cosa sono le canzoni italiane?
Se si lascia da parte l’artista e si ascolta il pezzo si resta stupiti da un file rouge. A Sanremo quest’anno la canzone italiana ha portato in scena lo smarrimento di una generazione, la violenza della banalità a cui è esposta, ma anche il desiderio, il sogno di tornare a sognare. Se si leggono insieme alcuni brani importanti del Festival ne vien fuori un bozzetto. Vince Mahmood con una storia di “Soldi”: un bimbo perso tra i tradimenti dei suoi genitori, il padre in particolare, coinvolto in una lotta intestina degli adulti basata sui “soldi”, i protagonisti indiscussi dei migliori dibattitti familiari, del dibattitto europeo ed oggi vincitori a Sanremo.
La canzone vince a Sanremo con la rabbia ed il dolore, in un ritmo che non ha niente a che vedere con la Solitudine di Pausini né con il Karma scanzonato di pochi anni fa, un rap duro che non protesta contro ciò che accade in strada, come solitamente dovrebbe fare un rapper, ma contro le assenze che popolano la casa. Rabbia e rancore sono certamente anche gli elementi della canzone premiata dalla critica, Argentovivo di Daniele Silvestri. L’ironia ed il balletto di “Salirò” hanno lasciato il posto alla denuncia di un bimbo per una scuola-carcere, una famiglia-carcere ed una solitudine esistenziale davanti allo schermo. Il ragazzino urla, denuncia la sua perdita di vita, era un bambino distratto, ora è un ragazzo tremendamente solo con un scuola che insegna cose che da venti anni non servono più a vivere.
Un altro giovane, Enrico Nigiotti, sogna di parlare con il nonno ( un personaggio nuovo per il Festival), sente la sua mancanza e la mancanza dei cortili, della semplicità, non sa più se credere, se vale la pena avere fede in qualcosa. Per Irama, tra i più popolari, l’adulto è un mostro abusante.
C’era anche l’amore a Sanremo, ma non è stato il protagonista.
L’Italia sta cambiando e mai come questa volta il Festival ne è stata una fotografia onesta. C’è molto da fare per il futuro degli italiani e la difesa della razza non interessa a nessuno, per fortuna il paese è già arricchito da decenni dalla presenza di matrimoni misti, come le migliori civiltà, ed i nuovi italiani vincono nello sport come nelle canzoni. Sanremo è stato un buon programma politico: all’Italia servono nuovi adulti. Chissà se la canzone verrà ascoltata davvero.
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