Normalizzare il cancro
Sanremo, gli esempi da (non) seguire
Una raggiante Bianca Balti conferma che la malattia è compatibile con la vita, integrandosi nell’esistenza di ciascun malato. Lo insegna da sempre la psiconcologia, che chiede attenzione nell'uso dei termini. La retorica della lotta contro il nemico va abbandonata, bisogna però sempre lasciare al paziente la libertà di definire il proprio vissuto
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La bellissima Bianca Balti, la testa rasata e la cicatrice sull’addome in vista, il suo sorriso e il suo entusiasmo, come da previsioni, hanno scatenato i commentatori del giorno dopo. Si riflette su come la persona non vada considerata la sua malattia, di come non ci sia niente di vergognoso nell’essere malati, condizione che non deve emarginare nessuno, e di come divertimento e leggerezza non siano disdicevoli in chi sta affrontando una situazione drammatica. «È la “nuova” narrazione del cancro che vuole normalizzare la malattia, mettere in evidenza che essa deve essere compatibile con la vita, che sempre porta trasformazioni. E, allora, chi lavora come modella può continuare a farlo ed è bene che porti sé stessa in passerella. Rispetto al passato, molto è cambiato: le persone e le modalità con cui affrontano e parlano della propria malattia, un tempo taciuta e finanche nascosta con vergogna» riflette Claudia Borreani, responsabile della psicologia clinica dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano. La normalizzazione è certamente favorita dall’epidemiologia del cancro (alzi la mano chi non ne ha esperienza diretta o indiretta), che ha accelerato l’inversione di tendenza nella sua percezione sociale: «Sugli scaffali delle librerie, quanti libri raccontano il proprio vissuto di malattia? È proprio quel bisogno di significato, che provano tutti di fronte a una diagnosi di tumore, a essere il motore di trasformazione della narrazione. In passato non si condivideva, oggi invece orgogliosamente si afferma che anche dopo una chemioterapia si può presentare Sanremo. Un bel cambiamento».
Ogni caso è diverso, ma «questi esempi aiutano a capire che si può convivere con una malattia e affrontare pesanti trattamenti e continuare a vivere, senza rinunciare ad esperienze che possono essere gratificanti e importanti, il lavoro, un amore o i figli. È importante vedere l’esperienza di malattia come qualcosa che può capitare nella vita e che non necessariamente distrugge le relazioni, le aspettative e il corpo ma che è un percorso che si può affrontare con alcune risorse» spiega la psiconcologa, che insiste: «Si cerca di integrare questa esperienza all’interno della vita e renderla compatibile con le esperienze che facciamo, senza mai dimenticare che non sempre i percorsi vanno verso la guarigione». C’è, infatti, chi non risponde ai trattamenti: puntualmente, ogni controllo diventa una conferma di progressione. Sentir continuamente elogiare chi ha, spesso senza alcun merito personale, un percorso diverso diventa ragione di ulteriore sconforto.
E, su questo, ci sono le gaffe di Carlo Conti, e quegli inopportuni appellativi “guerriera” e “madre”, come se fosse disdicevole non esserlo: questa attenzione alle parole, ci spiega Borreani, è importante proprio per evitare di far sentire inadeguato, non altezza o, peggio, responsabile della propria condizione chi non riesce proprio a sentirsi in un’arena pronto a ingaggiare una lotta all’ultimo colpo. Dipingere il cancro come un killer feroce che “ci vuole distruggere”, anche al fine eventualmente di dare un senso alla nostra eventuale “sconfitta”, è controproducente quando finisce per nuocere a molte donne già esauste dal dolore e sofferenza. Anche perché il cancro non ha un’intelligenza, è privo di volontà, è un’evoluzione del nostro organismo, non gli è estraneo. «Attenzione, qui, perché bisogna essere molto chiari» mette in guardia la psicologa «Ogni persona che convive con una diagnosi di cancro ha il diritto di ricorrere alle parole e alla narrazione che crede, anche alle metafore belliche, per parlare della sua propria personale esperienza».
Di nuova narrazione, nuovo linguaggio e nuova semantica e diritto del paziente a continuare a essere considerato una persona si parla da molti anni, anche al di fuori dei congressi scientifici. La speranza è che ciò venga definitivamente acquisito e che si passi a gioire per il godimento di altri diritti, come quello di decidere completamente di sé stessi in ogni fase del proprio percorso di malattia, anche quella finale. Infatti, la malattia oncologica rimane una delle principali cause di morte e i nuovi casi diagnosticati ogni anno superano le 390 mila.
Sul cancro, per ora, Sanremo due cose ci ha forse insegnato: che prendere tempo di fronte un test genetico positivo ha delle pesanti conseguenze e che la vita non finisce nel momento della diagnosi o delle cure.
Foto di Marco Alpozzi/LaPresse. Cristiano Malgioglio,Bianca Balti and Carlo Conti during the second evening of 75th edition of the Sanremo Italian Song Festival at the Ariston Theatre in Sanremo, northern Italy
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