Salute

Sanità, senza riforma del Titolo V si va verso una tempesta perfetta

Il presidente dell'Istituto superiore di sanità Walter Ricciardi, presentando i dati fotografati dall’Osservatorio nazionale sulla salute delle regioni italiane ha chiarito: «Senza un intervento riequilibratore dello Stato centrale per 34 milioni di cittadini italiani l'offerta sanitaria e condizioni di salute sono destinati a peggiorare ulteriormente»

di Redazione

«L'articolo 117 consentirà allo Stato – grazie alla clausola di salvaguarda – di intervenire direttamente lì dove le Regioni non sono in grado di far funzionare la Sanità. Anche per le Regioni a statuto speciale. Occorrono linee guida comuni e indirizzi condivisibili per l'appropriatezza professionale e organizzativa. Se non passerà la modifica del Titolo V della Costituzione la forbice si divaricherà ulteriormente».

Così il presidente dell'Istituto superiore di sanità Walter Ricciardi, all'inaugurazione dell'anno accademico del Campus Bio-Medico di Roma ha spiegato il suo convinto Sì al referendum. Un si motivato in particolare dalla situazione dell’ambito sanitario fotografata dall’Osservatorio nazionale sulla salute delle regioni italiane.

«I problemi non dipendono dalla sola carenza di risorse perché a fare la differenza è invece la capacità di organizzare la sanità sul territorio, visto che in Regioni come Lazio e Puglia l’aspettativa di vita scende mentre la spesa resta stabile, al contrario delle Regioni settentrionali, dove a un contenimento delle spese ha fatto riscontro un aumento della stessa aspettativa di vita».

Un trend che si conferma anche guardando a un altro indicatore, quello della mortalità evitabile, che diminuisce al Nord, resta stabile al Centro, ma aumenta decisamente al Sud, con punte del più 20 per cento in Campania dal 2001. «Che vuol dire mortalità evitabile? – chiede Ricciardi alla platea – vuol dire che una donna in una regione muore di cancro al seno perché non ci sono gli screening e la diagnosi arriva in ritardo, che le vaccinazioni non sono erogate gratuitamente in tutte le regioni, che le terapie non sono adeguate e i malati sono costretti a spostarsi». Anche la mortalità in senso stretto è più alta al Sud e non perché ci sia una maggiore incidenza di malattie rispetto al resto del Paese, tant’è che al Nord, ad esempio, ci sono più casi di tumore alla mammella, che fa però più morti al Sud. Un andamento che i dati mostrati da Ricciardi all’Università Campus Bio-Medico di Roma mostrano inversamente proporzionali all’andamento della spesa.

L’autonomia regionale da superare
«I dati – ha detto ancora il presidente – dimostrano che la responsabilità attribuita alle Regioni in materia di sanità ha finito per creare 21 sistemi diversi. Ci sono i virtuosi e quelli che hanno speso tanto e male, non offrendo adeguati servizi sanitari ai cittadini». Il gap per Ricciardi è destinato ad aumentare, visto che «la pur maggior disponibilità di risorse prevista dalla Legge di stabilità non è in grado di tenere il passo della crescita dei bisogni di salute nel nostro Paese». I dati dell’Osservatorio mostrano, del resto, che al Sud e più in generale nelle Regioni in piano di rientro il personale sanitario e i finanziamenti scarseggiano più che altrove. «E senza un intervento riequilibratore dello Stato centrale– conclude Ricciardi – per 34 milioni di cittadini italiani offerta sanitaria e condizioni di salute sono destinati a peggiorare ulteriormente. Accentuando le differenze con il resto del Paese». E portando verso quella che il presidente dell'Iss, citando il titolo del suo ultimo libro, non esita a definire "una tempesta perfetta".

Un esempio: "In Campania e Sicilia si ha una speranza di vita alla nascita di 4 anni inferiore rispetto a Trentino e Marche: nelle prime due regioni siamo cioè a livelli di Bulgaria e Romania, nelle altre della Svezia".


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