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Sanità per tutti, cioè non profit

In crisi le strutture statali e quelle private, possono essere gli enti senza scopo di lucro a proporre un nuovo modello di servizi sanitari puntando su costi concorrenziali e su qualità?

di Giorgio Fiorentini

IDecreti Bindi sono un’opportunità di consolidamento del non profit al di là delle polemiche, giuste, contro tale riforma. Ciò avviene se si accetta la sfida. Il Terzo settore si deve inserire come protagonista funzionale e critico nel cambiamento del sistema sanitario nazionale mettendo a disposizione la sua funzionalità operativa e la sua presenza ineludibile. Ciò per far valere e ribadire il suo ruolo cardine come insieme di aziende accreditate a fornire alla popolazione qualità e quantità di offerta di salute. Il sistema delle aziende a scopo non lucrativo può fare la “differenza” non solo nella gestione del welfare, anche per il vantaggio collegato al contesto sociale e alle condizioni metaeconomiche di servizi di utilità pubblica indispensabili per lo sviluppo economico e per la generazione di ricchezza. La risposta alla domanda di salute è una delle attività di servizio a utilità pubblica che caratterizza il welfare. A fronte di una capacità delle aziende sanitarie pubbliche spesso insufficiente per dare una risposta efficace, è indispensabile il ruolo operativo delle aziende socio sanitarie private non lucrative che hanno un costo per lo stato sicuramente inferiore rispetto a quello privato profit e statale. Ciò per evidenti costi di gestione inferiori e per una motivazione del personale che è superiore a quella del privato profit e del pubblico. Questa impostazione di sviluppo in una logica di operativa sussidiarietà è risposta responsabile alla legittima esigenza di diminuire progressivamente la spesa pubblica. È legittimo domandarsi come mai i Decreti Bindi tolgono con la mano sinistra cio’ che danno con la destra, e cioè non mantengono le agevolazioni fiscali della L.460/97 per le aziende non lucrative che erogano offerta di servizi sanitari. Tutto questo è probabile sia stato deciso su pressione legittima e comprensibile del privato profit che intravede nel non profit un possibile concorrente sui prezzi e sulla qualità di offerta del convenzionamento con la pubblica amministrazione o della risposta sanitaria alla domanda privata, spesso assicurativa, nel settore sanitario e in nome della “par condicio” tra i concorrenti. Questa situazione sfidante deve essere accettata dal non profit. Nel contempo, non si continui ad affermare che il sistema Italia non è competitivo nella globalizzazione dei mercati solo per la “zeppa” della spesa pubblica, perché in questa occasione ove ci sarebbe stata la possibilità di diminuirla non si è permesso che ciò avvenisse. – L’art 2 punto 16 dei Decreti Bindi chiarisce che “le istituzioni e gli organismi a scopo di lucro concorrono alla realizzazione dei doveri costituzionali di solidarietà” e “svolgono attività nel settore dell’assistenza sanitaria e socio sanitaria”. Questa affermazione implica una traduzione di istituzione e organismo in “azienda non a scopo di lucro” al pari di aziende pubbliche e imprese private profit. Esse partecipano al sistema sanitario nazionale integrandosi con l’offerta complessiva non solo iscrivendosi all’elenco gestito dalle Regioni (si veda art 2 punto 1-2 septies) ma creando una continuità di servizio sanitario collegato alla domanda locale in logica anche di efficacia sociale. – A fronte anche dell’art 3 punto 1-1 ter le aziende sanitarie pubbliche, emanato l’atto aziendale di diritto privato, avranno maggiore flessibilità di acquisto di servizi sul mercato; infatti sotto la soglia dei 200.000 ECU, si potrà appaltare o contrattare direttamente i fornitori secondo le norme di diritto privato. Questa è una opportunità per il Terzo settore che deve trovarsi preparato all’appuntamento. – Una ulteriore opportunità collegata con l’esperienza operativa maturata dalle aziende non profit è rappresentata dall’art.3-3 septies, ove si sottolinea il valore dell’integrazione socio-sanitaria e si specificano “le aree materno-infantile, anziani, handicap, patologie psichiatriche e dipendenze da droga, alcool e farmaci, patologie per infezioni da HIV e patologie in fase terminale, inabilità e disabilità conseguenti a patologie cronico-degenerative” come focalizzanti tale integrazione. In queste aree il Terzo settore ha dimostrato una capacità di innovazione gestionale e di pionierismo operativo ineguagliabile da altri settori dell’offerta sanitaria. – Una sfida per il Terzo settore sarà l’accreditamento istituzionale presso le Regioni. Ciò implica una gestione orientata alla qualità dei servizi erogati con la propensione al raggiungimento di risultati di servizio coerenti con i requisiti richiesti. In alcuni casi contemperare lo spontaneismo con l’organizzazione aziendale di cui si dovrà dotare la cultura dell’azienda non profit (si veda art.8-art.8 quater punti 1 e 2). – La programmazione e il controllo di gestione saranno due funzioni aziendali che non dovranno mancare nelle aziende non profit, che dovranno adeguarsi all’equilibrio fra la la domanda e l’offerta di servizi sanitari nel quadro del rispetto dei tetti di attività pattuiti (si veda art. 8-art 8 quater-punto 8). – La tutela dei diritti dei cittadini e la partecipazione alla tutela del diritto alla salute, sono richiamate dall’art. 11-bis. Esse sono in parte custodite dalle organizzazioni dei cittadini e del volontariato tramite il monitoraggio della programmazione, del controllo e della valutazione dei servizi sanitari a livello regionale, aziendale e distrettuale. Queste organizzazioni sono tipicamente del Terzo settore. Vale la pena accettare anche questa sfida.


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