Mondo
Sanità, Obama vince ai punti
Approvazione sofferta alla Camera per la riforma sanitaria voluta dal presidente
La riforma sanitaria che il presidente Usa Barack Obama definisce storica ha passato il primo scoglio, il voto della Camera. Ma il cammino è ancora lungo, e l’approvazione è stata possibile solo dopo un compromesso sull’assistenza per le donne che decidono di abortire.
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- CRISI
- FAMIGLIA E WELFARE
- MURO DI BERLINO
- VOLONTARIATO
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“Sanità, vittoria di Obama. La Camera approva la riforma” è il secondo titolo di oggi del CORRIERE DELLA SERA sotto quello dedicato al dibattito interno alla maggioranza sul tema giustizia. «Decisione storica da parte della Camera degli Stati Uniti: per la prima volta in decenni i deputati americani hanno detto sì alla riforma del sistema sanitario. La Camera, in una rara seduta di sabato conclusasi a notte fonda, ha votato a favore della riforma fortemente voluta dal presidente, Barack Obama. Il testo è passato nonostante l’opposizione compatta di tutti i deputati repubblicani tranne uno e di un certo numero di deputati democratici moderati: 220 i voti a favore, 215 i contrari». Ora il testo passerà al Senato. «Affinchè la riforma diventi legge, tuttavia, è necessario che si esprima anche il Senato, dove la maggioranza democratica non è affatto data per scontata. Nello stesso tempo, però, il sì della Camera rappresenta una vittoria politica di straordinaria portata per l’amministrazione Obama. Lo stesso presidente, infatti, nell’imminenza del voto si era recato al Congresso per esortare i deputati ad esprimersi a favore della riforma». L’analisi è affidata alla penna di Massimo Gaggi: “America e Italia: modelli lontani”. Ragiona Gaggi: «Le cure mediche sono un diritto o una responsabilità? Quando glielo chiesero un anno fa il candidato Obama rispose con riluttanza, dopo una pausa: «Più un diritto». Riluttanza giustificata dalla consapevolezza che, nell’America dello «Stato minimo» — un Paese restio a limitare le libertà civili ed economiche — la solidarietà verso i deboli trova un limite nell’ostilità all’assistenzialismo. Figli dei pionieri, influenzati dalla cultura protestante, gli americani restano convinti, in maggioranza, che ognuno è responsabile del proprio destino; che in nessun settore, nemmeno nella sanità, possono esserci «pasti gratis». Ancora Gaggi: «La riforma approvata l’altra notte dalla Camera (che sicuramente sarà ridimensionata dal Senato) modifica in modo significativo questa situazione, ma, dal punto di vista di un europeo, non giustifica l’enfasi retorica di Obama («oggi si fa la storia») né il linguaggio estremo usato dal capo dei repubblicani alla Camera, John Boehner («questa riforma è la più grande minaccia alle libertà degli americani che ho visto nei miei 19 anni di lavoro a Washington»). Il sistema che esce dalla riforma appena approvata è sempre largamente basato sulle assicurazioni private. Tre le principali novità: a) non potrà più essere rifiutata una polizza a persone in precarie condizioni di salute; b) l’«opzione pubblica », cioè l’introduzione di una formula assicurativa offerta dallo Stato da mettere in concorrenza con quelle private con l’obiettivo di «calmierare» il prezzo delle polizze; c) obbligo, per cittadini e imprese, di sottoscrivere una polizza sanitaria, con agevolazioni e sussidi per i cittadini meno abbienti e un limite agli impegni richiesti alle aziende più fragili. L’innovazione più significativa e i maggiori costi aggiuntivi (la riforma della Camera costerà 1042 miliardi di dollari in dieci anni) vengono proprio da questo obbligo. Che, però, non è affatto perentorio, visto che può essere aggirato pagando una multa». Il commento infine è affidato al cardiochirurgo Lorenzo Menicanti che dice: “«È meglio ammalarsi qui in Europa. Si vive più a lungo»”.
“Obama: sì storico sulla sanità”. La Camera americana approva la riforma ma niente aiuti sull’aborto. È l’apertura odierna di LA REPUBBLICA. Riferisce a pagina 4, Angelo Aquaro: il presidente parla di «voto storico» ma la riforma voluta da Barack e passata per soli 5 voti di scarto adesso dovrà affrontare il Senato. È solo il terzultimo atto per dare copertura sanitaria ai 47 milioni di statunitensi che non l’hanno. Obama ha dovuto impegnarsi personalmente per tentare i convincere un manipolo di democratici riluttanti (che alla fine hanno votato no). Di contro un repubblicano, un giovane deputato fuggito da Saigon all’età di 8 anni, ha votato sì: «ho sempre detto che avrei scelto nell’interesse della mia gente senza preclusioni di parte». Cosa prevede la riforma: copertura sanitaria per 36 milioni di americani in più; multa per i privati e le aziende che non si dotano di assicurazione; divieto alle compagni di limitare o far pagare di più a quelli che hanno una storia di malattia; la possibilità di scegliere tra copertura privata e copertura statale con l’istituzione di un borsino in cui confrontare tariffe e prestazioni. Il tutto per la cifra di mille e cento miliardi di dollari. In appoggio un ritratto di Nancy Pelosi, la speaker della Camera e la vera vincitrice: grazie a lei, chiamata Nancy Botox (per i ritocchini) o Nancy Mussolini (per il caratterino non proprio malleabile) la riforma ha avuto una maggioranza, risicata sì ma maggioranza (ha mediato sui fondi per gli aborti terapeutici). Il commento di Vittorio Zucconi, “Una vittoria di misura”, sottolinea che si tratta della vera prima vittoria di Obama, che però dovrà ancora lavorare molto per far arrivare in porto la riforma. Una riforma perfettibile, scrive Zucconi, che però trasforma la salute da prodotto a diritto. Un passaggio rivoluzionario per un paese in cui l’abitudine era comprare la salute come fosse un frigorifero.
Già ieri, alla vigilia della votazione, il SOLE 24 ORE dedicava ampio spazio alla riforma sanitaria, che per la Casa Bianca è «una priorità interna». Obama infatti ha incontrato a porte chiuse i leader democratici, «una rara campagna di lobby faccia a faccia da parte di un presidente» e ha detto che «l’opportunità di grandi riforme arriva forse una volta ogni generazione». Il SOLE riassume tutte le trattative sull’aborto, anticipando la soluzione trovata da Nancy Pelosi e poi effettivamente votata dalla maggioranza: copertura pubblica per le interruzioni di gravidanza solo in caso di stupro. Anche dopo il voto della Camera, però, «il cammino della riforma resterà lungo»: il piano nella versione approvata dalla Camera costa 1055 miliardi in dieci anni mentre il Senato prevede di spenderne meno di 900. Il testo su cui stanno lavorando i Senatori infatti punta a tagliare o ridimensionare la public option, non prevede penali per le aziende che non assicurano i dipendenti e fa leva su meccanismi differenti di finanziamento, tra cui la tassazione dei piani sanitari più costosi, percepiti quasi come beni di lusso. Il testo che uscirà dal Senato dovrà poi essere fuso con quello ora approvato dalla Camera: difficilmente quindi per il SOLE si avrà una versione definitiva entro l’anno.
ILGIORNALE la definisce svolta storica il voto alla riforma sanitaria di Obama. Anche se già in occhiello avverte ora però c’è lo scoglio Senato. La strada è ancora lunga. Roberto Fabbri scandisce le prossime tappe: «Il testo dovrà passare ora all’approvazione del Senato. Successivamente le differenze fra i disegni di legge approvati dalla due Camere del congresso dovranno essere ricomposte, e il nuovo testo comune essere nuovamente votato da entrambe le camere. Solo allora potrà essere sottoposto alla firma del Presidente». IL GIORNALE pubblica un intervento critico, quello di Carlo Lottieri che scrive: «Il progetto di Obama comporta un costo altissimo, stimato in 1200 miliardi di dollari ripartiti su 10 anni, perchè si tratta di sussidiare chi come oggi non è in grado di acquistare sul mercato le cure di cui ha bisogno. L’iniziativa è però sbagliata e nasce da un ottuso pregiudizio antiliberale. Obama e i suoi ignorano che il profitto (anche quello delle assicurazioni) è una condizione indispensabile ad avere un sistema economico funzionante. C’è l’esigenza che ogni settore sia aperto e che quindi non si creino ambiti in cui il profitto si trasforma in rendita. Ma è esattamente su tali questioni che un riformatore assennato avrebbe dovuto concentrare la propria attenzione. La verità è che il sistema è costosissimo a causa di quello che Kling definì “l’emergere della medicina premium”. Ossia di una sanità esageratamente dispendiosa in cui si fa un intenso uso della diagnostica e di farmaci. Va aggiunto che sugli americani grava una parte rilevante degli oneri sulla ricerca e che vi è un consolidato cattivo costume che porta i giudici a esprimersi pregiudizialmente in ogni controversia di malasanità. Il che obbliga dottori e cliniche a dotarsi di costose coperture assicurative. Una vera riforma dovrebbe andare alla radice del problema responsabilizzando tutti. Non introducendo un concorrente statale destinato a essere costantemente in rosso e quindi che perturba il mercato. Questa riforma è accompagnata da pressione fiscale che metterà a dura prova la prima economia del mondo e che rischia di mettere in discussione questo primato».
È stato il compromesso sull’aborto con la Conferenza episcopale americana a spianare la strada all’approvazione della riforma sanitaria da parte della Camera dei Rappresentanti di Washington. Lo scrive Maurizio Molinari da New York, in un interessante articolo che fa parte di un ampio servizio che apre l’edizione di oggi de LA STAMPA. «Poco prima del voto sulla legge voluta da Barack Obama e confezionata da Nancy Pelosi, la maggioranza democratica ha portato all’approvazione un emendamento anti-abortista che impedisce di usare le nuove coperture sanitarie per consentire interruzioni della gravidanza tranne nei casi “di violenza, incesto o quando la vita della madre è in pericolo”». E’ stato questo compromesso, da una posizione di partenza più favorevole all’aborto, a far decidere una consistente pattuglia di democratici moderati che avevano fino a quel momento esitato a pronunciarsi a favore della riforma, scrive LA STAMPA. «Non è la prima volta che Obama scontenta la sinistra del proprio partito» scrive Molinari, «confermando la direzione di marcia pragmatica promessa agli elettori lo scorso anno». Ma ci sono altre convergenze fra Obama e la chiesa cattolica, in particolare «sull’idea della fede come impegno sociale contro la povertà come anche sulla necessità di ridurre l’inquinamento per difendere l’ambiente, considerato una creazione divina». «Alla base di tali convergenze ci sono le idee sul cristianesimo inteso come giustizia sociale che Obama ha maturato da giovane a Chicago, quando faceva il “comunity organizer” aiutando le famiglie povere su mandato di una dozzina di chiese locali». Sulla prossima votazione in Senato, LA STAMPA intervista Larry J. Sabato, direttore del Center for politics dell’Università della Virginia, che afferma di essere sicuro che la vittoria si ripeterà in Senato: «ma il grande interrogativo adesso è quale tipo di legge verrà approvata», «il Senato probabilmente approverà un testo diverso da quello della Camera e a quel punto sarà necessario un lavoro complesso di ricucitura fra i due testi».
E inoltre sui giornali di oggi:
CRISI
LA REPUBBLICA – “L’ultima beffa del lavoro precario «Apri la partita Iva o ti licenzio». Così nasce la generazione dei finti imprenditori. Il quotidiano di Ezio Mauro riscopre un fenomeno di lunghissimo corso che oggi pare abbia un’impennata: i datori di lavoro costringono i co.co.pro ad aprire la partita Iva. Un altro capitolo della vita italiana alla flessibilità, scrive Roberto Mania. Si diventa così fornitori e non dipendenti, tranne che per lo più si deve rispettare un orario, ci sono vincoli di subordinazione, eccetera. Pietro Ichino, intervistato in appoggio, sottolinea che c’è una cultura delle regole debole ma che serve più flessibilità. Occorre riformare secondo il giuslavorista assumendo tutti a tempo indeterminato ma rendendo tutti licenziabili introducendo un robusto sistema di ammortizzatori sociali.
ITALIA OGGI – Il quotidiano economico titola “Buste paga personalizzate” e l’editoriale di Marino Longoni spiega come «le aziende riscoprono gli incentivi e i premi di risultato». Longoni si chiede come mai in un momento di crisi come questo. «La spiegazione più semplice è che le aziende, dopo aver tagliato tutti i costi superflui o non necessari, e tra questi anche tanti lavoratori, abbiano concentrato gli sforzi alla ricerca della massima efficienza». Da non dimenticare continua poi Longoni «i vantaggi fiscali che la legislazione ha di recente introdotto per aumentare la quota di retribuzione variabile». In ogni caso quale che sia il motivo i dati dicono che per i manager l’aumento di incentivi e premi è «del 9,2% contro uno 2,0% di incremento della parte fissa».
FAMIGLIA E WELFARE
IL SOLE 24 ORE – Due pagine di approfondimento del SOLE sulle politiche del Governo dedicate alla famiglia, in cui a parlare sono i numeri. Il titolo non lascia spazio a equivoci: “Alle famiglie aiuti in mille rivoli”. Cominciando dal bonus famiglia, «che a dispetto del nome, ha premiato soprattutto i nuclei con una persona (o al massimo due). Idem per la social card «che avrebbe dovuto raggiungere anziani poveri e famiglie con bambini fino a tre anni, ha aiutato solo i primi: secondo il Caf Adi su 60mila tessere ricaricate, l’85% è stato assegnato a over 65, mentre appena il 15% ha raggiunto i nuclei con bambini». Il sottosegretario Giovanardi ammette che «il bonus è stato sbilanciato a favore di single e coppie senza figli», annuncia che Berlusconi si è impegnato sul fronte del quoziente familiare. Inoltre è appena partito il bonus bebè per i nati nel 2009, 2010 e 2011. La formula prevede un finanziamento bancario fino a 5mila euro, da restituire in cinque anni a tassi vantaggiosi. «Le risorse – rileva Daniela Del Boca, docente di economia politica all’Università di Torino e direttore del centro Child – sono poche (e non sarà certo la possibilità di avere un prestito a tassi agevolati a incentivare nuove nascite». Secondo Del Boca bisognerebbe puntare sui servizi di cura: «Più asili nido insieme a sgravi fiscali renderebbero davvero meno costosa la scelta di avere figli». «Nonostante gli oltre 40 mila posti creati dal 2005 l’Italia resta lontana dall’obiettivo europeo fissato nel Trattato di Lisbona, che impone di garantire a un bambino su tre i servizi per la prima infanzia entro il 2010. Per ora ne beneficia uno su sette». Nella pagina successiva IL SOLE rincara la dose, con un pezzo dal titolo “Coppie con figli a rischio povertà”. Secondo un’analisi del portale www. famiglieonline.it, le coppie con figli italiane sono tra quelle a più alto rischio di povertà in Europa: il portale analizza «il rischio di povertà a cui le famiglie italiane sono esposte in caso, rispettivamente, di nucleo formato da papà e mamma più due figli minori a carico oppure con tre figli o con un minore solo». Nel drappello dei peggiori ce la giochiamo, gomito a gomito, con Romania, Polonia e Grecia, ben distanti dal gruppo dei virtuosi capeggiato da Svezia, Francia, Germania e Repubblica Ceca. «Sulla rotta delle famiglie italiane si staglia una sorta di Capo Horn che ne mette spesso a repentaglio la navigazione: è il passaggio dal secondo al terzo figlio. «È una sorta di barriera – spiega Chieregato – perché il rischio di povertà nell’accettare la sfida del terzo figlio aumenta addirittura del 60%: l’indice medio di povertà per una coppia con un figlio si attesta in Italia al 9,7%, in miglioramento rispetto al 10,6% dell’anno precedente, mentre nel caso della coppia con due figli si passa dal 14% del 2007 al 16,2% dell’anno scorso e nelle famiglie con tre o più figli l’indice di povertà relativa balza al 25,2%».
MURO DI BERLINO
IL GIORNALE -Un intervento di Giordano Bruno Guerri che ricorda la sua personale esperienza il9 novembre 1989, in copertina e poi alle pagine 26 e 27 che ospitano anche un pezzo di Renato Farina che commenta: «Ciò che spinse gli uomini ad abbattere il muro fu il desiderio d’infinito che quell’ostacolo negava».
VOLONTARIATO
IL SOLE 24 ORE – La pagina del Sole dedicata al terzo settore apre con un pezzo di Carlo Mazzini dedicato al modello Eas “Sul censimento regole più chiare – Con la circolare 45/E si fanno passi importanti verso la semplificazione”. Un utile schema illustra quali parti del modello dovranno essere completate dalle associazioni che ne sono parzialmente esonerate (e c’è anche l’elenco di quali sono queste associazioni). L’esame di bilancio è dedicato a Enzo B. “Enzo B raccoglie più fondi per le adozioni internazionali”.
AFRICA & CINA
CORRIERE DELLA SERA– Si apre in Egitto il quarto vertice sino-africano. “Africa, cinesi in cattedra: scuole, maestri e tecnici”: debito cancellato e prestiti per 50 miliardi di dollari. Questi gli impegni di Pechino. Che sempre in Africa costruiranno 50 scuole e formeranno 1500 docenti. Tanto che il premier Wen Jiabao ha esaltato la «sincera amicizia» dei cinesi assicurando che «la Cina difenderà sempre l’Africa».
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