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Sanità, la rivolta di Mazzarino

Clamorosa protesta in Sicilia dopo la morte di un giovane per dissanguamento. Il resoconto del giornali.

di Franco Bomprezzi

Morire dissanguati perché l’ospedale a 200 metri dall’incidente è chiuso per ferie, è accaduto in Sicilia, a Mazzarino. Ma la novità è la rivolta della popolazione contro la decisione della Regione di chiudere definitivamente il piccolo ospedale nel paese in provincia di Caltanissetta.

 

 

 

 

LA REPUBBLICA apre sull’incredibile storia del premier che querelò le domande dei giornalisti (“Berlusconi va dai giudici e fa causa alle 10 domande”) e riserva la foto notizia per la protesta a Mazzarino: “Chirurgia chiusa, muore Paese in rivolta in Sicilia”. La cronaca alle pagine 12 e 13. Un ragazzo di 23 anni, Filippo Li Gambi, ha un incidente stradale. Lo portano all’ospedale ma la sala operatoria è chiusa (del resto l’appena varata riforma del sistema sanitario siciliano prevede la chiusura di questo ospedale). Il ragazzo muore. E fatti i funerali, scoppia una rivolta, capitanata dal padre, brigadiere dei Carabinieri. Cinque blocchi stradali (che impediscono la circolazione nell’isola). Un intero paese contro la riforma sventola cartelli che accusano Russo, l’assessore regionale. I negozi con le saracinesche abbassate. Russo dal canto suo si difende: «sono indegne strumentalizzazioni. Quella di Mazzarino è una protesta gravissima perché vengono raccontate delle cose non vere». Il sindaco del paese scrive al presidente della Repubblica: «è assurdo che un giovane debba morire dissanguato. Le chiedo con molta umiltà di intervenire affinché il diritto alla salute non venga mortificato». In appoggio un dossier sul piano nazionale di riduzione della spesa: “Maxi deficit, a rischio 25mila posti letto «Ma troppi tagli sono un azzardo»”. La Sicilia è una delle 6 regioni afflitte da un pesantissimo deficit sanitario (in 6 hanno un deficit di 2,8 miliardi; quello complessivo nazionale è di 3,2 miliardi). Ma «bloccare l’assistenza perché non ci sono soldi… è un azzardo, farlo senza sentire i cittadini è molto grave»: così Teresa Petrangolini, segretario di Cittadinanzattiva. A livello nazionale si calcola spariranno 25mila posti letto. La Sicilia ha un piano per tagliarne 2700, riducendo il numero delle 64 strutture ospedaliere e creando 9 aziende sanitarie provinciali con 20 ospedali, cui si aggiungerebbero i 5 delle aziende ospedaliere. 7 presidi saranno chiusi, 8 saranno trasformati in residenze per anziani. Sostiene Gianluigi Melotti, presidente della società italiana di chirurgia: «i cittadini devono capire che dove si opera poco, o si fanno nascere pochi bambini, alla fine si lavora peggio. E allora è meglio fare una trentina di chilometri per raggiungere un centro più attrezzato. Sicilia e Calabria? Qui il sistema non funziona perché è bacato dalla politica clientelare». Il commento, a pagina 38, è di Gianni Valentini: “Il mercato in corsia”. «Si può anche morire così nel Paese dei privilegi e degli sprechi, e dell’evasione fiscale, delle “grandi opere” incompiute o irrealizzabili, dei finanziamenti a pioggia o dei fondi europei non utilizzati. Cioè per mancanza di risorse, ma soprattutto per mancanza di un’organizzazione sanitaria in grado di assicurare un’assistenza immediata e tempestiva».

Anche il CORRIERE DELLA SERA colloca in prima pagina la vicenda di Mazzarino: “Sala operatoria chiusa per ferie, il ferito muore” è il titolo a piede di pagina, e appena sotto l’editoriale di Gian Antonio Stella “Salute da difendere e false illusioni”. La cronaca a pagina 5: “A Mazzarino Filippo Li Gambi ha trovato chiusa la sala operatoria ed è passata circa un’ora prima del trasferimento nel più attrezzato ospedale Sant’Elia a Caltanissetta. «Ma anche qui ha atteso altre due ore prima del trasferimento in sala operatoria – denuncia il padre – praticamente mio figlio è morto dissanguato tre ore e mezza dopo l’incidente». La Procura di Gela ha aperto un’inchiesta che dovrà valutare l’impressionante sequenza di ritardi e inefficienze. L’incidente è avvenuto alle 22.50, è stato l’equipaggio di un’ambulanza del 118 senza medico a bordo a trasferire Filippo al Santo Stefano, eppure dovevano sapere – scrive il Corriere – della sala operatoria chiusa. Qui poi il giovane è rimasto circa un’ora e dopo l’arrivo a Caltanissetta ha atteso altre due ore morendo mentre lo intubavano. Pezzo a corredo della cronaca: “Nell’ospedale fantasma tutti i chirurghi erano in ferie”. Nell’articolo si capisce meglio come sia stato possibile smantellare l’ospedale di Mazzarino ancor prima della chiusura prevista dalla Regione per il 31 agosto. Il personale era ormai al di sotto dei minimi necessari per tenere aperta una sala operatoria, ma la popolazione non era stata allertata. In pratica è stato chiuso l’ospedale in anticipo senza rendere operativi i servizi territoriali alternativi.  Il lungo pezzo di Gian Antonio Stella è un dossier sulle cifre reali degli ospedali siciliani. “I piccoli ospedali dai costi proibitivi e le ambulanze usate due volte al mese”. La soluzione, secondo l’editorialista del CORRIERE, è un 118 informatizzato che funzioni, ma al momento, anche questo è un miraggio.

L’approccio de IL GIORNALE nei confronti del caso Mazzarino è bilanciato, apolitico e privo di polemiche strumentali. Il pezzo, “Un paese in rivolta contro la morte in corsia” oltre alla cronaca relativa alle circostanze che hanno provocato la morte del Giovane Filippo Li Gambi, descrive in dettaglio quali e quante sono state le manifestazioni di protesta avvenute ieri nel comune di Mazzarino (i negozi sono rimasti con le saracinesche abbassate, una decina d persone di sono incatenate di fronte all’ospedale, e un sit in ha paralizzato la strada Caltanisetta-Gela); riporta le dichiarazioni dell’assessore regionale alla Sanità Massimo Russo «Sono molto amareggiato, la morte di un giovane in seguito a un incidente stradale non può essere utilizzata per indegne strumentalizzazioni. Quella di Mazzarino è una protesta gravissima perché vengono raccontate agli abitanti cose non vere»; racconta cosa sta facendo la magistratura: ha aperto un’inchiesta che si aggiunge a quella dell’assessore alla Sanità; e cita le dichiarazioni del Presidente della Regione Sicilia Raffaele Lombardo: «Faremo di tutto per identificare e perseguire duramente i colpevoli e responsabilità». Secondo il pezzo inoltre, a meno di venti chilometri da Mazzarino c’è un’altra polveriera che è già esplosa. E’ quella del reparto di ostetricia e ginecologia dell’ospedale Suor Cecilia Basarocco di Niscemi che è attualmente occupato da 30 gestanti che protestano contro la chiusura dell’unità, avvenuta il 19 luglio scorso, perché i medici erano in ferie.

IL MANIFESTO si occupa del caso di malasanità siciliana con un richiamo in prima. «Un intero paese in rivolta contro l’ospedale killer” di Stefano Milani a pagina 6 racconta il caso di cronaca di Mazzarino in provincia di Caltanissetta dove Filippo Li Gambi di 23 anni è morto dopo un grave incidente stradale «a causa della chiusura della sala operatoria dell’ospedale del paese per mancanza di personale». Il caso ha dato il via ad una protesta della cittadinanza che ha portato al blocco totale del paese.
 
AVVENIRE dedica al tema il titolo di apertura “Malasanità, a Sud si muore”. A pagina 7 il resoconto da Mazzarino (Caltanissetta), in cui si racconta di un intero paese in rivolta – negozi chiusi e strade occupate – per l’ennesimo caso di malasanità. Sotto accusa il piano di ridimensionamento degli ospedali voluto dall’assessore regionale alla Sanità: «Filippo, la prima vittima del decreto Russo», si legge in uno degli striscioni appesi in città.  La replica di Russo: «È in corso un’indagine della magistratura, ma l’ospedale di Mazzarino non è adeguato a trattare casi complessi». Intanto oggi i funerali della bambina morta lunedì scorso nell’ospedale di Locri per cause in corso d’accertamento. L’Avvenire ricostruisce gli altri casi di decesso in ospedale: maglia nera alla Calabria, con sei morti sospette nell’ultimo mese. “In gioco il patto fiduciario con i cittadini” è l’editoriale che Francesco Ognibene dedica al tema. Alla berlina, il termine stesso “malasanità”, uno stratagemma semantico che rischia di creare «nessun responsabile, zero esami di coscienza». Ma anche la stessa categoria medica, di cui, dice Ognibene, «colpisce il silenzio ufficiale». Richiamando il giuramento di Ippocrate «che vincola il medico alla comunità», prosegue l’editoriale, «è nella coerenza con cui si deve mostrare di voler proteggere la vita di qualunque paziente, che si decide il futuro di un’intera professione».

“Sala operatoria chiusa. Muore dissanguato”. È lo strillo sulla prima de LA STAMPA che alla vicenda dedica due pagine. «Com’è possibile che nel 2009 si contenga così un’emorragia? Ma nemmeno in Afghanistan…»: lo sfogo del signor Li Gambi dà il titolo al fondo di Elisabetta Pagani (“Il padre disperato: «Neanche a Kabul si crepa così»”). «L’ospedale doveva funzionare fino al 31 agosto ma da 3 mesi la sala operatoria è chiusa», accusa la zia Emilia Galati. «I politici tagliano sulla nostra salute, tanto cosa gliene frega, siamo solo 50mila persone che devono farsi un’ora di macchina per il primo pronto soccorso. Giusto il tempo di morire». Filippo di ore ne ha avute più di tre. E suo padre vuole sapere «perché il 118 è arrivato con un barellista ma senza un medico e perché al S.Stefano non c’era un chirurgo e al Sant’Elia l’hanno lasciato morire». Mentre il paese punta il dito contro il decreto Russo, che prevede la razionalizzazione delle risorse sanitarie. Anche il sindaco Vincenzo d’Asaro accusa la Asl e l’assessorato regionale alla sanità. Pur cercando di contenere la protesta afferma: «Certo non è difficile capire perché fra Caltanissetta e S.Cataldo hanno 3 ospedali e a noi tolgono l’unico: perché in quella zona hanno eletto un sacco di parlamentari…». Per contro, l’assessore Massimo Russo, respinge con fermezza ogni accusa, rimandando ai risultati delle due inchieste per fare luce sulla vicenda. «L’ospedale di Mazzarino», ha dichiarato, «sarà riconvertito, ma al momento in cui è avvenuto questo episodio la situazione della struttura era la stessa di tre, quattro mesi fa. Stiamo parlando di un ospedale con appena 32 posti letto e con una sala operatoria che ha un tasso di inappropriatezza del 34%, che è molto elevato». Ossia, può essere che probabilmente, Filippo avrebbe comunque dovuto essere trattato da una struttura con le giuste professionalità. Seguono un’intervista a Teresa Petrangolini, segretario nazionale del Tribunale dei diritti per il Malato, che chiede di partecipare all’indagine interna e reclama conclusioni pubbliche («Siamo stanchi di commissioni d’inchiesta nominate solo per fare un po’ di scena»).

E inoltre sui giornali di oggi:

BERLUSCONI

LA REPUBBLICA – il premier fa causa a Repubblica sostenendo che le 10 domande da due mesi sistematicamente riproposte (e a cui mai lui ha dato risposta) sono diffamatorie. Sarebbero «domande retoriche» che «non mirano a ottenere una risposta del destinatario, ma sono volte a insinuare nel lettore l’idea che la persona “interrogata” si rifiuti di rispondere». Nella querela anche un articolo in cui il quotidiano riassumeva le posizioni della stampa estera. “Insabbiare” è il titolo dell’editoriale del direttore: «è la prima volta nella memoria di un Paese libero, che un uomo politico fa causa alle domande che gli vengono rivolte. Ed è la misura della difficoltà e delle paure che popolano l’estate dell’uomo più potente d’Italia… In questa svolta c’è l’insofferenza per ogni controllo, per qualsiasi critica, per qualunque spazio giornalistico d’indagine che sfugga al dominio proprietario o all’intimidazione».

FELTRI E LA MORALE

IL GIORNALE– Un editoriale del direttore Feltri  “Il Super moralista condannato per molestie” prende di mira Dino Boffo, il direttore  di Avvenire. Per essendo alla guida del giornale dei vescovi italiani e impegnato nella campagna di stampa nei confronti del rapporto del premier con le donne, Boffo intimidiva la moglie dell’uomo con il quale aveva una relazione omosessuale. Per questo ha patteggiato e grazie a una multa ha evitato sei mesi di carcere. Scrive Feltri: «Si dà il caso che Boffo, con i suoi scritti aspramente critici sulla condotta del cavaliere, sia diventato nella considerazione di parecchia gente l’interprete del pensiero della Chiesa a proposito dello scandalo che tiene banco dall’inizio dell’estate. Ebbene, se i vescovi hanno affidato al direttore Boffo il compito di loro portavoce si sono sbagliati di grosso, non perchè lui non abbia capacità tecniche bensì perché è privo dei requisiti morali per fare il moralista o per recitarne le pene».

 

VIDEOCRACY

IL MANIFESTO – Molto interessante e preoccupante l’articolo di Micaela Bongi che parla di censura e commistione tra politica e spettacolo. Videocracy è un film reportage del regista indipendente Erik Gandini, che per lavorare si è trasferito in Svezia, che racconta la televisione italiana. «Il film non è contro Berlusconi, è un film sulla cultura televisiva in Italia degli ultimi anni, non scindibile da Berlusconi stesso» spiega il regista. Ma perchè tanto scalpore? Perchè Mediaset e Rai con motivazioni diverse ma ugualmente ridicole rifiutano e censurano la messa in onda del trailer di Videocracy. Secondo Mediaset è «lesivo delle prerogative della tv commerciale» per la Rai invece «non è informato al principio del contraddittorio che deve essere rispettato anche in periodo non elettorale». Neanche Il Caimano di Moretti, esplicitamente antiberlusconiano, ebbe un trattamento così ostile.

 

FINI

IL SOLE 24 ORE – Uno dei commenti senza firma a pag. 12 è dedicato al presidente della Camera e alle sue esternazioni: «In tanti lo bombardano preventivamente, senza, neppure per un attimo, sospettare che magari Fini dice le cose che dice perché ha mutato parere e le reputa adesso giuste. Spesso nel “dalli al Fini” si distinguono firme che a lui devono tutto, nell’eterno gioco italiano degli ingrati. Noi avanziamo una diversa interpretazione. Il presidente della Camera, come tanti ragazzi degli anni 70, ha compreso il male dei totalitarismi, imparato il valore del dialogo e, soprattutto dopo l’esperienza europea ai tempi della Costituzione mancata, appreso che l’Italia è solo uno dei paesi del mondo, fra tante potenze e tante culture. Fini è maturato come uomo e come politico e si gode il lusso di dire come la pensa mentre, come legittimo, prepara anche il suo futuro. Da noi però, maturare è caricaturato a tradimento e avere delle idee proprie considerato un insulto feroce da clown e maggiordomi».

LA STAMPA – Il quotidiano di Calabresi apre su “Laicità, il Pdl contro Fini” e poi i due primi piani dedicati alla «conversione al contrario» del presidente della Camera, che alla festa del Pd ha detto: «Io non ho il dono della fede…». Fabio Martini, che firma un pezzo sul profilo del personaggio, definisce l’annuncio «spiazzante» perché in controtendenza rispetto ad un’italica vocazione di senso opposto: quella di leader politici convertiti alla religione cattolica in età matura. In un’intervista all’amico Marco Tarchi, che lo consoce da quando militavano nelle file dell’Msi e lo studia da politologo dell’Università di Firenze e per l’Osservatorio sulle trasformazioni dei partiti, la dichiarazione di Fini e «la sua marcia trionfale nel campo dell’opposizione» fa parte di una strategia precisa che risale al 1989, l’anno della sconfitta dell’Elefantino. «Da allora, Fini  ha capito di non poter contare su una legittimazione certa nel centrodestra. E da allora punta a farsi legittimare dagli avversari. Siamo in un punto culminante di questo percorso». Alla domanda se le sue prese di posizione siano dettate da profonde convinzioni o da semplice buon senso Tarchi risponde: «Fatico a credere che Fini abbia mai creduto fino in fondo in qualcosa. È di uno scetticismo estremo, e si muove con un relativismo estremo».  

 

IMMIGRAZIONE

LA REPUBBLICA – Intervista a Umberto Bossi (“Giusto che la Chiesa critichi Silvio Il Vaticano ha chiesto di incontrarmi”). Spiega il senatur che la sua non è una strategia razzista ma di più ampia portata per aiutare davvero i migranti (a casa loro) e che non ci sono razzismi. Non svela però chi dal vaticano gli avrebbe chiesto l’incontro. Quanto a chi fa i giochini del tipo “rimbalza il clandestino” (ovvero, secondo quanto era noto, suo figlio Renzo, su Facebook), Bossi replica: «chi fa queste cazzate è un cretino che non ha e non avrà mai spazio nella Lega. E con il gioco “rimbalza il clandestino” mio figlio non c’entra niente».

AVVENIRE – “Non si fermano i viaggi della speranza”, è il titolo dell’inchiesta a pagina 11 che racconta dei continui sbarchi sulle coste europee (ieri un altro morto eritreo, parte di una spedizione di 80 immigrati, questa volta soccorsi da Malta). Non si ferma nemmeno il lavoro della Procura di Agrigento per far luce sulla vicenda degli eritrei; acquisita anche la foto rilasciata dalla marina maltese, l’immagine che a loro dire li scagionerebbe dall’accusa di omissione di soccorso. L’intervento di monsignor Nosiglia: «Non si può tacere». Solleva questioni di costituzionalità il giurista Nascimbene intervistato da Avvenire: «Non si può ritenere che chi entra in Italia per chiedere asilo sia colpevole di immigrazione clandestina».

 

MEETING

IL SOLE 24 ORE – “Trent’anni e non li dimostra”. Giovanni Santambrogio riflette sul segreto del successo del Meeting, nei giorni del suo trentennale. «La crisi economica come gli equilibri internazionali, le migrazioni e l’integrazione, l’educazione e i salari sono fatti da cui non si scappa. Vanno affrontati. E conosciuti. Il realismo diventa l’orizzonte del pensiero, di quella “vita activa” cara a Hannah Harendt dove il lavoro si veste di creatività e l’intraprendenza diventa cifra della socialità, il privato entra nel pubblico e il politico incrementa il personale. Se questo è lo spirito di sempre del Meeting, il suo segreto è d’incontrare gli uomini rispettandone le origini, le idee, la fede religiosa, dando spazio e voce a ciò che fanno perché a parlare deve essere la realtà, lo stato delle cose». 

 

CARCERI

AVVENIRE – Si allargano le proteste per l’emergenza penitenziari cui L’Avvenire dedica un approfondimento a pagina 13. Tensioni in aumento in tutta Italia, ieri situazione calda anche a Opera (Milano); l’episodio più grave nel Cosentino, dove un detenuto ha aggredito un agente. Motivo scatenante, secondo il quotidiano della Cei, le parole di Alfano, che ieri dal meeting di Rimini ha escluso nuovi indulti e ha annunciato per settembre un piano carceri da 1,5 miliardi per 17mila novi posti.

 

DEMOGRAFIA

IL SOLE 24 ORE  – In Gran Bretagna è baby boom, si legge a pag.7. La natalità non è mai stata così alta. Merito, ovviamente, degli immigrati: «il 56% dei 791mila bambini venuti alla luce nel 2008 sono infatti figli di madri non di origine britannica».

ONU

IL GIORNALE – Anche l’Onu soffre delle sindrome degli abusi e dei nepotismi professionali. Lo rivela il pezzo “Parentopoli alle Nazioni Unite. Fanno carriera solo figli e cognati”. E per una volta gli italiani non c’entrano. Anzi sono le vittime. Uno in particolare, Nicola Baroncini, da 5 anni sotto contratto all’Onu, battuto in un concorso vinto dalla figlia di un pezzo grosso dell’Onu. Una mail di Baroncini la prova dei trucchi per far vincere i parenti degli altri dirigenti.  La sindrome non risparmia eppure il segretario generale Ban Ki Moon. Sua figlia Ban Hyun Hee lavora all’Unicef. Mentre il genero del segretario generale, Siddarth Chatterjee presta servizio all’Unicef di Nairobi da 2007, da quando Ban Ki Moon è diventato segretario generale.

 

PERSECUZIONI

AVVENIRE – “Cristiani, il nuovo martirio” è il titolo dell’intervista all’intellettuale francese René Guitton, in libreria con un saggio-inchiesta sui soprusi ai danni dei credenti cristiani nel mondo. Una difesa dei cristiani, a suo dire, «assolutamente laica». Retaggio della colonizzazione come in Nord Africa, delle Crociate come in Medio Oriente, o più in generale perché “occidentali”, la cristianofobia globale «non è diventata una questione di politica internazionale come dovrebbe».  Segnali positivi nei rapporti verso i cristiani, invece, in Arabia.

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