Welfare
Sanità in emergenza, da Nord a Sud mancano medici e infermieri
Un Report presentato da Cittadinanzattiva mostra un quadro preoccupante, ancora più grave nelle zone periferiche e ultraperiferiche delle aree interne. Soltanto una minima percentuale degli interventi previsti nel Pnrr andrà a rimediare a questa situazione, a dimostrazione del fatto che il Piano va corretto, e subito
di Redazione
Cercasi operatori sanitari. In tutta l’Italia, dal Nord al Sud. Il dato emerge dal Report presentato oggi da Cittadinanzattiva, nel corso dell’evento “Bisogni di salute nelle aree interne, tra desertificazione sanitaria e PNRR” che si è svolto a Roma, alla Sala di rappresentanza in Italia della Commissione Europea. Mancano i medici, sia di famiglia che ospedalieri, ma anche infermieri e pediatri. Nelle zone periferiche e ultraperiferiche delle aree interne, inoltre, è ancora più evidente la cosiddetta desertificazione sanitaria: ci sono, cioè, territori in cui le persone hanno difficoltà ad accedere alle cure a causa dei lunghi tempi di attesa, della scarsità di personale sanitario o delle ampie distanze dal punto di erogazione delle cure. Un problema che potrebbe non essere colmato dai fondi messi a disposizione dal Pnrr: soltanto il 16-17% delle Case e degli Ospedali di Comunità, infatti, sarà realizzato in queste zone.
Il sovraffollamento negli studi dei medici di medicina generale e dei pediatri è evidente soprattutto nel Nord del Paese, mentre la carenza di ginecologici ospedalieri colpisce, oltre Caltanissetta (dove c’è un ginecologo ospedaliero ogni 40.565 donne), anche Macerata, Viterbo, La Spezia e tre province della Calabria (Reggio Calabria, Vibo Valentia e Cosenza).
Andando a vedere nel dettaglio, Asti e provincia contano meno pediatri per numero di bambini (ogni professionista segue 1.813 bambini fra gli 0 e i 15 anni, la media nazionale è di 1/1.061 e la normativa prevede un pediatra per 800 bambini), mentre nella provincia di Bolzano ogni medico di medicina generale segue in media 1.539 cittadini dai 15 anni in su (la media nazionale è di un medico ogni 1.245 pazienti, sebbene la normativa fissi tale rapporto a 1/1.500). A Caltanissetta e provincia c’è un ginecologo ospedaliero ogni 40.565 donne (la media italiana è di 1/4.132); il miglior dato si registra a Roma, con un rapporto di 1/2.292: in pratica, la situazione in provincia di Caltanissetta è 17 volte peggiore rispetto a chi vive in provincia di Roma. Considerando invece i cardiologi ospedalieri, la situazione nella Provincia autonoma di Bolzano è addirittura 71 volte peggiore rispetto a chi vive in provincia di Pisa: a Bolzano infatti si trova un cardiologo ospedaliero ogni 224.706 abitanti (la media è di 1/6.741), il dato migliore lo troviamo a Pisa e provincia con 1/3.147. In merito ai farmacisti ospedalieri, invece, il rapporto peggiore si segnala nella provincia di Reggio Emilia dove c’è un professionista ogni 264.805 abitanti (la media è di 1/26.182), il dato migliore arriva dalla provincia di Forlì-Cesena con 1/9.982.
Tenendo presente le 39 province dove gli squilibri tra il numero di professionisti e cittadini sono più marcati, primeggiano Lombardia (Bergamo, Brescia, Como, Lecco, Lodi, Milano) e Piemonte (Alessandria, Asti, Cuneo, Novara, Torino, Vercelli) con sei province, seguite dal Friuli Venezia Giulia (Gorizia, Pordenone, Udine, Trieste) e dalla Calabria (Cosenza, Crotone, Reggio Calabria, Vibo Valentia) con quattro province. Poi Veneto (Treviso, Venezia, Verona), Liguria (Imperia, La Spezia, Savona) ed Emilia Romagna (Parma, Piacenza, Reggio Emilia), con tre province a testa, Trentino Alto Adige (entrambe le province autonome di Bolzano e Trento) e Lazio (Latina e Viterbo) con due.
L’analisi curata da Cittadinanzattiva ha utilizzato dati ufficiali forniti dal Ministero della Salute relativi al 2020, riguardo alle seguenti figure sanitarie: pediatri di libera scelta, medici di medicina generale, ginecologi, cardiologi e farmacisti (questi ultimi tre ospedalieri) per ciascuna provincia italiana. L’iniziativa rientra nell’ambito del progetto europeo “Action for Health and Equity: Addressing Medical Deserts” – Ahead (finanziato da Eu4Health, il quarto programma dell’Unione europea dedicato alla salute, in vigore per il periodo 2021-2027) che ha l’obiettivo di analizzare il fenomeno dei cosiddetti “deserti sanitari” a livello europeo.
«Dalla rassegna stampa di questi ultimi giorni, abbiamo notizia ad esempio della carenza di pediatri a Cagliari, di medici di medicina generale a Rescaldina e a Legnano nell’area metropolitana di Milano, così pure a Palomonte e Pisciotta nel Cilento, di radiologi per refertare gli holter a Manfredonia, di ginecologi nell’ospedale di Mirandola», afferma Anna Lisa Mandorino, segretaria generale di Cittadinanzattiva. «Mancano dati certi, aggiornati e facilmente reperibili sulla carenza di personale sanitario, e questo non agevola la programmazione degli interventi e la destinazione delle risorse. Le riforme previste anche dal Pnrr potranno avere gli effetti sperati, infatti, se all’investimento sulle strutture (case e ospedali di comunità in primis) si affiancherà un adeguamento investimento sul personale. Allo stesso modo occorre dislocare gli spazi di salute rafforzando le aree deboli del Paese e tenendo conto della natura dei territori e non soltanto di una logica aritmetica che guarda esclusivamente al numero di abitanti. Per questo, in occasione della prossima Giornata europea dei diritti del malato (in programma il 18 aprile), promuoveremo una mobilitazione nazionale e locale a difesa del Sistema sanitario nazionale e per una riforma dell’assistenza territoriale che sia davvero a misura dei territori».
I fondi e i progetti previsti dal Pnrr avrebbero la potenzialità di ridurre alcuni gap storici, come quello dell’assistenza territoriale in alcune aree del Paese. Per questo, nel Report, Cittadinanzattiva analizza anche quante Case e Ospedali di Comunità si prevede di realizzare nelle aree interne appartenenti alle 39 province dove la carenza di personale sanitario è più marcata. I risultati non sono incoraggianti: su 1.431 Case della Comunità e su 434 Ospedali di Comunità previsti dal Pnrr, poco più di un terzo – ossia 508 Case, pari al 35,5%, e 163 Ospedali, pari al 37,6% – saranno realizzati nelle aree interne. A restare quasi sguarniti saranno soprattutto gli oltre cinque milioni di cittadini che vivono nelle zone periferiche e ultraperiferiche di queste aree: qui sono previste appena il 16% delle 1.431 Case ed il 17% dei 434 Ospedali di comunità. Addirittura, i residenti nei 13 comuni periferici ed ultraperiferici della Valle d’Aosta e negli analoghi 36 comuni della Liguria non avranno a disposizione nessuna delle due nuove tipologie di servizi territoriali previsti dal Piano di ripresa e resilienza.
In totale, per ben 654.883 italiani che vivono in aree interne periferiche ed ultraperiferiche di 7 Regioni, non è previsto alcun Ospedale di Comunità: si tratta di Piemonte, Liguria, Valle D’Aosta, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Umbria e Marche.
Friuli, Marche e Piemonte conteranno ciascuna soltanto una Casa di comunità per le aree interne periferiche e ultraperiferiche del proprio territorio regionale: entrando nel dettaglio, una Casa è prevista per i 43 Comuni friulani di queste zone, dove vivono circa 39mila abitanti; una per i quasi 110mila abitanti dei 42 Comuni marchigiani in aree interne periferiche ed ultraperiferiche; una per le circa 76mila persone che vivono nei 131 Comuni piemontesi collocati in queste aree.
Di contro, le Regioni maggiormente beneficiate dal Pnrr per numero di Case e Ospedali di Comunità sono, nell’ordine, Lombardia (199 Case e 66 Ospedali), Campania (172 e 48) e Sicilia (156 e 43).
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