Welfare

Sanità, il futuro è cooperativo

Il Guardian analizza il ruolo chiave che il non profit può avere nel sistema sanitario britannico. Anche per contrastare le spinte alla privatizzazione selvaggia. Ecco qualche caso d'eccellenza

di Gabriella Meroni

Il governo Cameron ha deciso da tempo: serve più competizione nel sistema sanitario nazionale.  Un indirizzo che secondo molti sta aprendo la strada a soggetti e operatori assolutamente for profit, in un settore delicato e "pubblico" per definizione. Per ovviare al rischio di privatizzazione selvaggia, una soluzione potrebbe essere quella di valorizzare il ruolo già importante ricoperto dalle cooperative non profit che operano proprio nei servizi medici, come sostiene il Guardian in un ampio servizio.

I numeri confermano: secondo i dati di Co-ops UK, il sindacato delle cooperative, già poco meno di 1000 imprese sociali sono attive nel settore sanitario britannico, generando valore per oltre 600 milioni di sterline. E non mancano casi di eccellenza, come la cooperativa Unlimited Potential  di Salford, nei dintorni di Manchester (una delle regioni meno sviluppate del Regno Unito), la seconda coop del paese per velocità di crescita secondo i dati del Social Enterprise 100 Index con i suoi 30 dipendenti e 1 milione di giro d'affari. "Facciamo innovazione sociale per produrre felicità", spiega al Guardian il CEO Chris Dabbs. E non sono solo parole: Unlimited Potential  ha veramente innovato molte politiche del settore sanitario, soprattutto a beneficio di malati cronici e persone con disagio psichico, con una particolare attenzione alla prevenzione di malattie come il cancro e le patologie cardiache. Uno dei progetti più interessanti della cooperativa è stato la creazione di spazi non fumatori nelle case, che ha portato a una riduzione significativa dei fumatori nella popolazione seguita dalla cooperativa. Ben 3000 famiglie di fumatori hanno preso parte al progetto, e tra queste una su sei ha bandito completamente il fumo sei mesi dopo aver iniziato il programma, un tasso di successo incomparabile ad altri, più tradizionali metodi di disincentivazione.

Poi c'è CASA-Care and share associates, una cooperativa che assiste a domicilio anziani e disabili e che ha lanciato una rete in franchising nel Nord dell'Inghilterra, dando lavoro a 600 persone. L'anno scorso CASA ha ricevuto una donazione significativa (200mila sterline) da parte della londinese  Bridges Ventures attraverso il fondo per gli imprenditori sociali; un passo fondamentale per crescere e diventare sempre più una vera impresa. Un altro caso di eccellenza è rappresentato da Local Care Direct, una cooperativa convenzionata con il servizio sanitario per fornire assistenza di emergenza e pronto soccorso a una popolazione di 2,5 milioni di persone residenti nello Yorkshire, che conta 800 dipendenti e ha un bilancio da 20 milioni di sterline.

E sempre in ambito di emergenza c'è la Northern Doctors (nella foto, un medico della coop) attiva nel nord-est dell'Inghilterra, che fornisce un servizio di guardia medica nei giorni festivi e in orario notturno a 1,5 milioni di cittadini e conta oltre 600 dipendenti. "La politica potrebbe fare molto di più per le cooperative", dice al Guardian il presidente,  John Harrison, "per esempio equiparando le imprese sociali ad altri operatori profit con cui il servizio sanitario nazionale ha stipulato convenzioni vantaggiose. Un altro elemento che manca è sono i livelli minimi qualitativi di assistenza che le cooperative devono raggiungere: fissarli per legge aiuterebbe davvero a scegliere chi opera in modo adeguato". "Il cittadino si sente a disagio se scopre che chi lo cura è interessato solo al profitto", conclude Harrison. "Noi siamo diversi, siamo l'alternativa. Abbiamo ottime opportunità di crescere, la sanità inglese dovrebbe permettercelo".
 


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