Non profit

Sanaa, una morte che ci riguarda

Dramma del conflitto fra generazioni di immigrati, il delitto di Pordenone analizzato dai giornali.

di Franco Bomprezzi

 Morire a 18 anni sgozzata dal padre-padrone: la terribile fine di Sanaa, la ragazza uccisa in provincia di Pordenone dal padre, che ha ferito gravemente anche il fidanzato che cercava di difenderla, trova spazio all’interno dei giornali di oggi, e qualche richiamo nelle prime pagine, dominate dalla politica e dalla crisi del mercato del lavoro.

Per il CORRIERE DELLA SERA l’omicidio di Sanaa vale un richiamo in prima (“Il padre di Sanaa: «la sua vita era una vergogna»”) e un servizio a pag 23. Quattro pezzi. Il primo (“Il padre di Sanaa: «Era la mia vergogna»”) ricostruisce la personalità del (presunto) assassino. Si chiama El Katawi Dafani, marocchino, 45 anni, è in Italia da 11 anni. A Pordenone ha una casa, un lavoro da aiuto cuoco e «una Ford fiesta rossa fiammante». Il CORRIERE lo descrive come un «padre, padrone in casa con la moglie Fatna, totalmente sottomessa, figurarsi con Sanaa e i suoi 18 anni che sprizzavano vita, fascino…». La colpa della ragazza era stata innamorarsi «di un ragazzo di 31 anni, Massino De Biasio, spigliato, pieno di energie». Sanaa «è morta in un boschetto in provincia di Pordenone, a Grizzo di Montereale Valcellina. Sgozzata, quasi decapitata da suo padre». Francesco Alberto firma invece il ritratto della vittima (“Gli amici su facebook e un paio di jeans: «voglio una vita mia»). Il CORRIERE poi offre due interviste. Dounia Ettaib, presidente dell’associazione donne arabe in Italia che dice “«Orrore causato dagli imam in Italia» che a suo dire sarebbero molto più fanatici di quelli dei paesi arabi. “«Si integreranno le terze generazioni!”, prevede invece il sociologo Barbagli.

LA REPUBBLICA apre sulla memoria di Palazzo Chigi (“Senza Lodo premier a rischio”) e dedica in taglio centrale la foto notizia all’omicidio della 18enne: “Così è stata uccisa Sanaa, colpevole di convivere con un italiano”. I servizi alle pagine 12 e 13. Il padre, El Katawi, avrebbe acquistato in mattinata l’arma del delitto, un coltello, e se ne sarebbe servito in maniera premeditata per colpire la figlia e il suo compagno (che superato l’intervento chirurgico ha parlato con gli investigatori fornendo loro ulteriori dettagli). Il movente però ancora non è chiaro ed è importante: nel caso in cui fossero intervenuti motivi religiosi l’aggravante sarebbe doppia. «Trattandosi di padre e figlia, il movente è sicuramente da far risalire a dissidi familiari. Ma fra le ipotesi al vaglio c’è anche quella dei motivi religiosi», ha detto Luigi Delpino procuratore capo di Pordenone. La sciagura ha comunque sollecitato molti interventi. Fra i quali quello del ministro delle Pari opportunità che risorgendo dal silenzioso torpore estivo (nulla ha detto sulle diverse aggressioni agli omosessuali di questa estate) fa sapere che lo Stato si costituirà parte civile. Dal canto loro l’imam e la Diocesi di Pordenone hanno invitato i giovani di seconda generazione a cercare l’integrazione,  evitando guerre di religione. Non manca chi cerca uno spazio mediatico a prescindere: Daniela Santanchè propone un gesto forte e cioè il divieto di usare il burqa «uno degli strumenti più vergognosi del fondamentalismo islamico». Un divieto da adottare «per onorare la memoria di Sanaa». Molto più intelligente e interessante il racconto-analisi di Paolo Rumiz, da Pordenone: “Lei voleva restare, lui tornare in Marocco: punita per aver disubbidito al patriarca”. Il delitto sarebbe «non il dramma della seconda generazione in bilico fra due identità allo sbando in una banlieue, ma il senso di fallimento dei padri che hanno aperto la strada al grande cambio e ora perdono i punti di riferimento in un mondo che cambia. Il dramma complesso di una famiglia spaccata, fatto apposta per smantellare i luoghi comuni». Il padre, musulmano non praticante, che alza un po’ il gomito, che ha dei debiti in Marocco dove vorrebbe tornare; lei una giovane che si apre alla vita, che ha un fidanzato e una prospettiva di vita felice ma secondo un progetto differente (con un uomo più grande di lei di 13 anni, leghista ma evidentemente pacato: fa parte di una Padania quieta, chiosa Rumiz). Quando la ragazza inizia a lavorare e decide di andare a vivere con il suo uomo, il padre va in crisi depressiva…  «”Guerra di religione” già conclude la politica (e cioè il sindaco leghista, ndr) che spesso si ricorda di queste periferie solo per dare ad esse nemici da temere o megafoni per gridare paure». Un tentativo di strumentalizzazione respinto dagli abitanti. Giovanni Cardellini ad esempio, uno dei pilastri del vivissimo volontariato locale, afferma: «se vogliono cercare del clandestini ne troveranno quanti ne vogliono alla base di Aviano, piena di americani senza le carte in regola…», mentre il parroco del paese avverte: «guai a sottovalutare le paure della gente, ma criminale è chi le strumentalizza, perché scatena forze incontrollabili. Qui fa più rumore un albero che cade rispetto a una foresta che cresce».

IL GIORNALE sulla vicenda Sanaa privilegia i commenti e ne pubblica due in copertina. “Vietiamo il burqa per aiutare le donne” è la sintesi dell’intervento di Daniela Santanchè che, approvando la scelta del ministero delle pari opportunità di costituirsi parte civile, scrive: «Trentasette. Con l’assassinio di Sanaa Dafani arriva a 37 il numero delle immigrate musulmane giustiziate nel corso di questi ultimi anni. Sempre per mano di qualche familiare. Anche le donne illuminate e combattive della immigrazione hanno finito con il battere in ritirata. Lo Stato italiano deve intervenire per garantire la parità fra i sessi. E il primo passo è vietare il velo all’interno delle moschee. Poi un registro pubblico delle moschee che faccia chiarezza su come vengono gestite e amministrate e un albo professionale degli imam». L’altro commento è quello di Ida Magli che punta il dito contro i politici:  «Di fronte alle religioni  i politici hanno trovato la soluzione più semplice: è sufficiente non parlarne. Anzi l’hanno trasformato in un ordine: quello del politicamente corretto. Nessuno si azzardi  a discuterle, a criticarle a metterle a confronto. Le religioni sono tutte alla pari e vanno rispettate tutte allo stesso modo. La tragedia di Pordenone  è un caso estremo, ma non è il solo e sicuramente altri se ne aggiungeranno se  i politici continueranno a credere che sia sufficiente affermare che chi vive in Italia deve rispettare le leggi italiane». In copertina rientra fra i commenti anche  il pezzo di Giuseppe de Bellis “Sui clandestini Obama assomiglia a Maroni” perché «La politica di Barack sugli stranieri illegali sembra quella di Bush: niente assistenza sanitaria per chi non ha documenti, pene per chi fa lavorare un irregolare, chiusura dei confini e obbligo della lingua inglese per chi vuole la cittadinanza. E L’Europa liberal fa finta di non vedere oppure spera di aver capito male».

Il SOLE24ORE mette l’omicidio di Sanaa a pagina 18 e lo affronta con un pezzo di pura cronaca (che sottolinea le ammissioni del padre della ragazza e l’atteggiamento della Lega, che si oppone ancora più fermamente al ddl sulla cittadinanza) e con un articolo di commento a firma Karima Moual, presidente dell’associazione Gente maghrebina, che sottolinea come in Italia esistano ormai «due generazioni a confronto e in conflitto», ovvero i genitori nati in Marocco e ancorati alle tradizioni e i figli nati in Italia e influenzati, se non conquistati, dall’Occidente. Il conflitto tra le generazioni «è il problema che la comunità marocchina musulmana sta vivendo, a discapito della donna» che è quella sottoposta alle pressioni più forti per sposare, per esempio, un marocchino musulmano e non un italiano non musulmano. Per questo molte ragazze musulmane si trovano «in disagio» perché «subiscono continuamente violenze psicologiche sulle loro scelte solo perché si trovano a vivere in un paese occidentale che loro stesse non hanno scelto per sé».

AVVENIRE sposa la tesi dell’omicidio per ragioni religiose e sottolinea come la tragedia, «tanto più perché avvenuta in una terra esemplare per integrazione», deve costringere a un impegno maggiore nell’educazione alla convivenza. Di spalla al pezzo di cronaca, una interlocuzione con Souad Sbai, parlamentare di origine marocchina e portavoce dell’associazione donne marocchine in Italia, che al contrario «esclude» la matrice religiosa: «piuttosto abbiamo visto l’ennesimo omicidio culturale» e partendo dai dati dell’help line della sua associazione (3500 richieste d’aiuto in sei mesi da parte di donne straniere che hanno problemi simili a quelli di Sanaa) la mette in politica: «l’integrazione della prima generazione è fallita. Prima di rinnovare certi permessi di soggiorno bisognerebbe accertare che la gente conosca la nostra lingua. Bisogna concedere in fretta la cittadinanza a chi è nato qui e ha frequentato le nostre scuole, altrimenti le seconde generazioni sono apolidi». Chiede per il padre di Sanaa una «pena esemplare» che si augura «possa scontare nelle carceri marocchine attraverso la stipula di un accordo bilaterale tra i nostri paesi». Tra le reazioni politiche, Fabio Granata (Pdl), firmatario della pdl che abbassa a 5 gli anni di soggiorno necessari per avere la cittadinanza (che ieri ha iniziato il suo iter in Commissione Affar Costituzionali alla Camera), chiede che l’omicidio «non diventi un alibi. Mescolare cittadinanza e criminalità è una gravissima operazione di disonestà intellettuale».

LA STAMPA dedica al delitto di Sanaa la fotonotizia al centro della prima pagina, con un titolo gridato “Follia e fanatismo, il sogno spezzato di Sanaa”. I servizi sono a pag.10-11. “Il padre padrone la voleva casa e moschea”, è il titolo. In appoggio, due interviste. Una all’imam di Pordenone Mohamed Ouhatiq «Quello che è successo è orribile. E’ inaccettabile, ma non tiriamo in mezzo la religione. (…) Tutte queste vicende sono dettate dall’ignoranza, dalla mancanza di educazione. Non si può colpevolizzare l’Islam per questo. Il signor El Katawi era una persona chiusa, dal carattere introverso. Non frequentava la nostra comunità, malgrado lo avessimo cercato più volte. (…) A Pordenone ci sono migliaia di stranieri. Quasi quattromila frequentano almeno una volta la settimana la moschea. Questo è il primo caso».  Accanto la parola al sindaco di Azzano Decimo, il leghista Enzo Bortolotti: «Non parliamo più di integrazione. Questa gente deve stare a casa propria, in Africa.  Questo è un omicidio religioso. Queste sono persone che non si possono integrare». E poi di spalla, colloquio con la madre di Hina, la ragazza uccisa a Brescia dal padre tre anni fa, “La madre di Hina: capisco mio marito”, è il titolo. La donna difende il marito (condannato a 30 anni carcere), dice di averlo perdonato (in realtà lo ha sempre difeso): «Mio marito è un bravo uomo. Non ha mai né sgridato né picchiato Hina. Ma eravamo preoccupati. Lei diceva che sarebbe tornata a casa e poi non lo faceva. Frequentava un brutto giro. Prendeva droga. E non lavorava davvero, come invece si è scritto. Aveva sempre bisogno di soldi. Tempini (il fidanzato italiano, ndr) diceva che era solo un amico, che non l’avrebbe voluto sposare lei per prima».

E inoltre sui giornali di oggi:

POLITICA
LA REPUBBLICA – Accanto allo spazio per la super-difesa del Lodo Alfano ad opera dell’Avvocatura di Stato e alle analisi per il flop televisivo di Porta a Porta (battuto da una fiction in onda su Canale 5, sublime nemesi), interessante retroscena di Massimo Giannini: “L’alleanza trasversale che prepara il dopo Silvio”. In caso di necessità, s’intende, caso mai cadesse Berlusconi, grandi manovre tra D’Alema, Fini, Casini e  Tremonti per creare quello che viene definito un “governo di salvezza nazionale” (titolo pomposo quanti altri mai). Le elezioni potrebbero essere più vicine.

IL GIORNALE – Le prime cinque pagine sono un minestrone di questioni politiche che bollono in pentola. In previsione della manifestazione di sabato l’edizione di oggi apre la copertina così “Ora i farabutti vanno in piazza”, Renato Farina scrive un pezzo per dire «Che tristezza  la stampa cattolica si inginocchia a madonna Concita»; ancora una foto di Porta a Porta dell’altra sera per  tornare a farsi una domanda : “Pochi telespettatori? Ma un paese normale guarda calcio e film”. Ancora un florilegio di dichiarazioni raccolte da Massimiliano Scafi per dire “Ora la sinistra spara su Vespa per colpire Berlusconi”. Sgarbi fa l’avvocato difensore del direttore Vittorio Feltri e nell’intera pagina 4 scrive “Fini  dovrebbe essere contento» anziché fare causa. Infatti, nella pagina a fianco, “La rivolta dei finiani spenta dai colonnelli” che sono La Russa, Alemanno e Matteoli che hanno disinnescato la miccia della lettera di Bocchino.

LA STAMPA – Interviene il direttore Mario Calabresi, commentando il flop di ascolti della puntata celebrativa di Porta a porta. «I telespettatori hanno detto che non sono interessati ai monologhi, al pensiero unico, che vogliono poter scegliere. Da questo punto di vista stupisce la strategia messa in atto dal presidente del Consiglio alla fine di questa estate con le querele, il fastidio trattenuto a stento, le accuse sistematiche a tutti gli organi di informazione e la scelta di rifiutare ogni contraddittorio. (…) C’è stato un tempo in cui il Cavaliere andava in televisione e duellava in diretta da Santoro contemporaneamente con Gianni Riotta e Gad Lerner. Un tempo in cui accettava perfino di rispondere a domande intime e di rivelare che era malato di cancro. Un tempo in cui andava a sedersi sulle poltrone di cartone di Ballarò per discutere con D’Alema e Rutelli. È stata anche questa la carta vincente per la sua legittimazione politica».

CURE PALLIATIVE
AVVENIRE – La Camera ieri ha approvato all’unanimità la legge che istituisce la rete nazionale di cure palliative, obbligando cioè a superare la disomogeneità esistente fra le varie regioni d’Italia e creando passaggi più stretti fra ospedali, hospice e assistenza domiciliare. Per Assuntina Morresi, che firma un editoriale sul quotidiano della Cei, «potrebbe essere il segnale della svolta»: nonostante un iter politico non semplicissimo, «di fronte alla sofferenza e alla malattia la politica ha ritrovato una compattezza e una unità di intenti inaspettata». Per la Morresi (che è stretta collaboratrice del sottosegretario Roccella) buona è stata la scelta di separare in due leggi cure palliative e dichiarazioni anticipate di trattamento e i fondi messi a disposizione sono «cospicui». All’interno un servizio che dà conto dei contenuti della legge (istituzione della rete, creazione di percorsi formativi, riconoscimento delle professionalità maturate sul campo, creazione di un osservatorio, relazione annuale al parlamento) e delle reazioni politiche, e in più un’intervista a Giovanni Zaninetta, presidente della Società italiana di cure palliative, che dice: «la legge è perfettibile, in particolare sulla formazione dei medici. Continuiamo a chiedere una sanatoria che riconosca le competenze acquisite sul campo»

IMMIGRAZIONE
LA STAMPA – Il reato di clandestinità, come ampiamente prevedibile, potrebbe finire davanti alla Corte Costituzionale. «Durante la prima udienza davanti al giudice di pace per il caso di uno straniero immigrato illegalmente, il procuratore reggente Massimiliano Serpi ha sollevato l’eccezione di costituzionalità su una norma chiave del pacchetto sicurezza. E il giudice Mario Luigi Cocco ha rinviato la decisione al 21 ottobre, data entro la quale dovrà stabilire se rinviare o no la questione alla Corte Costituzionale. Se la Consulta sarà chiamata a occuparsene, la conseguenza immediata sarà che tutti i procedimenti riguardanti il reato di clandestinità saranno sospesi in attesa della pronuncia della Corte. Il pm ha chiamato in causa la violazione degli articoli 3 (sul principio di uguaglianza), 24 commi 2 e 3 (su inviolabilità della difesa e assicurazione ai non abbienti dei mezzi adeguati per difendersi), e 97 comma 1 (sull’imparzialità dell’amministrazione) della Costituzione».

ALTRA ECONOMIA
CORRIERE DELLA SERA – Si apre oggi a Roma la festa del settore. All’evento il CORRIERE dedica una pagina: “Cresce l’altra economia: le imprese sono 167mila”. Agricoltura bio, energia, commercio: rappresentano il 3,8% del Pil. Un milione e 400mila i lavoratori. Altri numeri: «Tra il 2006 e il 2008 si è registrato un più 66% dei gruppi di acquisto solidale e un più 47% per le aziende che fanno vendita diretta». E ancora. «Il 12,9% delle aziende italiane usa sistemi operativi liberi e chi li fornisce occupa oltre 27mila persone e crea valore aggiunto per un miliardo e mezzo

CSR
SOLE24ORE – Tanti parlano della crisi della moda, Gucci decide il rilancio a partire dall’etica. Almeno così scrive il SOLE, che racconta il piano di trasparenza, ovvero il “patto di filiera” sottoscritto dalla casa di moda, decisa a «tagliare fuori», tra fornitori e subfornitori, «chiunque non avrà comportamenti eticamente corretti». Si legge ancora sul SOLE: «L’accordo, il primo del settore in Italia, punta a garantire degli standard di responsabilità sociale» oltre a «facilitare l’accesso al credito per le piccole e medie imprese» salvaguardando gli artigiani d’eccellenza. Tanto che al patto è andato anche il plauso della Cgil.

DISOCCUPAZIONE
CORRIERE DELLA SERA – “L’Ocse: fra un anno 57 milioni di disoccupati”, svela in prima pagina il quotidiano milanese. In Italia 1,1 milioni di posti di lavoro in meno entro il 2010. Marchionne: «Senza nuovi incentivi per l’auto sarebbe un disastro». Al tema è dedicato l’editoriale di Giavazzi “Meno tasse, più lavoro”e  a pag 12 quello di Maurizio Ferrera: “I giovani in trappola”

Il MANIFESTO –  Due pagine intere dedicate al rapporto Ocse sulla disoccupazione. L’articolo di punta, “Contro il lavoro”, mette in evidenza le responsabilità della finanza, le politiche che  hanno privilegiato il salvataggio delle banche anziché quelle della produzione e del lavoro e si chiede che ripresa sarà. «Una brutta ripresa che vedrà in particolare esasperata la piramide della distribuzione dei redditi con ricchi benestanti in grado di riattivare la domanda di beni di lusso e di decidere di milioni di persone che dovranno stringere la cinghia, accontentandosi di ciò che passano gli hard discount. Cioè merce povera e qualità scadente» è la prospettiva descritta dal quotidiano comunista. L’articolo smentisce anche le parole del ministro Sacconi, che aveva messo in evidenza il fatto che L’Ocse riconosce all’Italia di aver saputo contenere i danni occupazionali. «Ma è vero il contrario» scrive IL MANIFESTO: «la stima per la fine del 2010 è di 1,124 milioni di disoccupati in più rispetto al 2007, di cui oltre 850 mila in più rispetto al primo semestre 2009, con un tasso di disoccupazione al 10,5% contro il 10% della media Ocse». Negli altri articoli di approfondimento, il quotidiano comunista propone delle esperienze significative su quello che succede in alcune fabbriche italiane come le vicende dei lavoratori della ditta Eutelia non pagati da tre mesi che mettono ben in risalto la foto che ritrae 3 operai dalla faccia perplessa e sfiduciata pubblicata in prima pagina. IL MANIFESTO mette anche in risalto l’allarme lanciato dall’ad di Fiat, Sergio Marchionne, che dal salone di Francoforte ricorda che se il Governo non proroga gli incentivi alla rottamazione ci saranno altri licenziamenti. 

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.