Volontariato

San Quirico, tanta voglia di passato

Qui Toscana. Un antico borgo sulla via Francigena; il turismo inizia a cambiare un paese immutabile. Sarà un bene? Visto da dentro, prevale la nostalgia. Di Fabio Crestini

di Redazione

Anche quest?anno, una sera dopo cena, pochi giorni prima del ?solleone?, puntuale come le stagioni, ho visto la femmina del ?cervo volante? (ducemis cervus) davanti a Sante Marie. Questo evento non dirà nulla alla maggioranza delle persone che conosco e neanche agli altri abitanti del mio paese, ma per me è un appuntamento fisso, come Natale o il 15 d?agosto. Questo evento, che si ripete da oltre cinquant?anni, mi fa gioire poiché indica che alcune cose a San Quirico d?Orcia non cambiano, o se anche cambiano, che quel luogo resta ancora ?ecologicamente valido?. Oggi, certo, a differenza di quando facevo le elementari, ci sono molte rondini in meno. Allora non si vedevano i bambini rincorrersi sulle scale della Madonna, e i ragazzi giocare a pallone davanti al forno. Se ci azzardavamo far due tiri nel Poggio e la palla ci ruzzolava giù nel Piano, subito arrivava la guardia – Mario – e ci sequestrava il pallone. Il fatto è che il paese, in quegli anni, era attraversato dalla Cassia, per cui le macchine passavano di corsa in via Dante e in via Poliziano. La strada esterna alla cinta muraria fu costruita solo negli anni 70 e fu un tale trauma che per una decina di anni smise di passare da noi anche la Mille Miglia. Il paese dei calzolai San Quirico d?Orcia, negli anni tra il 1950 e il 1960, di fatto era tutto dentro le mura: dalla Porta Romana a Camattoli, da Porta Cappuccini a Palazzo Chigi. Nella piazza dove c?è la chiesa della Madonna e dalla quale oggi si può accedere agli Horti Leonini, c?era ben poco, dal momento che i giardini erano di proprietà esclusiva della Marchesa Chigi Zondadari. Solo dopo la guerra, per raggiungere rapidamente l?Ospedalino della Misericordia, fu aperta una porta sulla cinta muraria, la Porta Nova, che aprì la via allo sviluppo di una nuova zona del paese, detta ?Canneti?. Il bello è che allora il paese era abitato da un numero di abitanti molto inferiore a quelli di oggi, ma c?erano quattro preti, tre parrocchie e otto chiese funzionanti. E dentro le mura c?erano tre o quattro frantoi per le olive, e molte cantine. Il mio era il paese dei calzolai. Io ho conosciuto il Beggi, un uomo piccolo ma geniale, che tirava avanti facendo il mestiere sia in bottega sia per le campagne. Oggi si direbbe che era un single: era di quelli che andava dai contadini, nei poderi, e proprio perché era solo viveva con loro fino a quando non aveva fatto le scarpe nuove a tutta la famiglia. Gli piaceva il vino, faceva parte di una ristretta cerchia di persone che sapevano cantare il Sega la vecchia, ed era benvoluto da tutti. Uno dei personaggi speciali della San Quirico di oggi è il Moro. Non l?ho mai visto lavorare, non credo che faccia assolutamente nulla; di tanto in tanto annaffia le piante nei vasi fuori dai locali che frequenta, anche lui è single, e anche a lui piace molto bere. Il Moro è la memoria storica del pettegolezzo paesano, ha tutto nel suo computer, e difficilmente esce dalla cerchia delle mura paesane. Il segreto delle ragnatele Della Collegiata, la chiesa più grande della mia parrocchia, non c?è niente da dire: è bella e basta. Come tante chiese del periodo medievale, che in questa terra segnano la via Francigena, è costruita in pietra e ha due portali di straordinaria eleganza, che hanno sfidato il tempo. La sua bellezza sta nell?essere semplice e geniale, la sua struttura sembra quasi un esercizio per architetti alle prime armi, che però mostrano con essa tutte le loro possibilità future. In paese non c?è più l?osteria di Augusta, che quando gli avanzava il baccalà bagnato lo stendeva a far asciugare di nuovo, sui fili, come le mutande. Oggi invece c?è il Tinaio, un?ottima osteria ricavata nei vecchi magazzini della casa dei Marchesi Chigi; e il ristorante Al Vecchio Forno, realizzato dove mia nonna portava a cuocere il pane quando ancora lo si faceva in casa. Naturalmente non mancano le pizzerie e altri ristoranti, ma sono fuori dalle mura; i bar invece sono in tutto tre, tutti dentro la cinta muraria. All?interno del centro di San Quirico cominciano a spuntare anche dei negozi dedicati ai turisti, capisco che facciano parte del gioco, ma su questo mi sento conservatore, e preferirei che a queste attività non fosse concesso ulteriore spazio, altrimenti rischiamo di perdere la misura ?nostra?. Per questo non dirò a nessuno, forse solo ai miei figli, dove e quando trovare la cosa più bella di San Quirico: le ragnatele imperlate di rugiada leggera leggera, che riflettono le prime luci del mattino. Curiosità Arriva Barbarossa Dove mangiare Al vecchio forno, San Quirico d’Orcia, via della Piazzola, tel. 0577.897380 Osteria il Tinaio, San Quirico d’Orcia, via Dante Alighieri, tel. 0577.898347 Appuntamenti Festa del Barbarossa: terza domenica di giugno. Rievocazione storica, corale e festosa, dello storico incontro tra Federico Barbarossa e i legati papali avvenuto a San Quirico nel 1155. Per convincere il Papa a incoronarlo imperatore, il Barbarossa consegnò ai suoi ambasciatori Arnaldo da Brescia, un monaco ardimentoso e rivoluzionario che osteggiava il Papato. Duelli medievali, sbandieratori, mangiafuochi e taverne. di Fabio Crestini


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