Politica

San Patrignano: cambiamo il trattamento fiscale delle Cooperative Sociali di tipo A

Questo il contributo della comunità al dibattito sulla redazione della Legge Quadro del Terzo settore. Quattro i punti da rivedere: fisco per le cooperative sociali di tipo A, i tirocini formativi, un nuovo status dei volontari e la nuova impresa sociale

di Redazione

Cooperative Sociali di tipo A. Trattamento fiscale – Modifica TUIR
Nell’attuale sistema tributario esiste un trattamento differenziato tra le Associazioni ONLUS e le Cooperative Sociali di tipo A (che si occupano della gestione di servizi socio-sanitari ed educativi) che non pare giustificato.
Si considerino in particolare i seguenti aspetti:

  1. In quanto ente non commerciale, una Associazione ONLUS rientra tra i soggetti passivi IRES di cui all’art. 73, co. 1, lett. c), del TUIR, per i quali, ai sensi dell’art. 143 del TUIR, il reddito complessivo è costituito dalle singole categorie di reddito prodotte (i.e. redditi fondiari, di capitale, di impresa e diversi), in modo non dissimile a quanto previsto per le persone fisiche ai fini IRPEF.
  2. Relativamente alla tassazione del reddito di impresa, la qualificazione di ONLUS consente particolari agevolazioni. L’art. 150 del TUIR stabilisce infatti che per le ONLUS non costituisce reddito di impresa l’esercizio delle attività istituzionali nel perseguimento di esclusive finalità di solidarietà sociale e ne sono esclusi anche i proventi derivanti da attività direttamente connesse.
  3. Nonostante le Cooperative Sociali siano considerate ONLUS di diritto, ai sensi dell’art. 10, comma 8, del D.Lgs n. 460/1997, per loro non opera l’esclusione dal reddito di impresa prevista per le ONLUS dall’art. 150 del TUIR. Da tale agevolazione sono infatti espressamente escluse le società cooperative.
  4. Le società cooperative rientrano inoltre tra i soggetti IRES di cui all’art. 73, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 917/1986 per i quali il reddito complessivo, da qualsiasi fonte provenga, è considerato reddito di impresa (si veda l’art. 81 del TUIR).
  5. Ne consegue che per le Cooperative Sociali si applicano in ogni caso le disposizioni del TUIR relative alla determinazione del reddito di impresa, seppur con alcune importanti agevolazioni, tra le quali si segnalano:
    a)  l’esclusione dall’imponibile IRES dell’utile di bilancio destinato a riserve indivisibili (cfr. Art. 12 della Legge n. 904/1977), in misura pari al 97% dello stesso (cfr. Art. 2, comma 36-ter, del D.L. n. 138/2011); e
    b)  per le Cooperative Sociali di produzione e lavoro con costi relativi ai soci lavoratori superiori al 50% del totale costi, la totale esenzione da IRES (cfr. Art. 11 del D.P.R. n. 601/1973).
  6. Una delle principali disposizioni previste nell’ambito del reddito di impresa è il “principio di inerenza” (cfr. Art. 109, comma 5, del D.P.R. n. 917/1986), secondo il quale “le spese e gli altri componenti negativi (….) sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito”.
  7. L’assoggettamento per presunzione ex lege alle disposizioni del TUIR relative al reddito di impresa, previsto in generale per le cooperative e quindi anche per le Cooperative Sociali, pare quindi incompatibile con lo svolgimento di una attività di natura “non profit”, tipica di una ONLUS. Ai fini della normativa sul reddito di impresa, una condotta “antieconomica” sarebbe infatti inammissibile.    
  8. Peraltro, va considerato che per le “imprese” la congruità dei ricavi è verificata mediante l’applicazione di strumenti quali gli studi di settore o, in loro assenza, i parametri. Relativamente alle società cooperative, l’Agenzia delle Entrate, nella CM n. 110/E del 21 maggio 1999 e nella successiva RM n. 330/E del 14 novembre 2007, ha precisato che “in sede di contradditorio col contribuente… gli Uffici terranno conto comunque che tali cooperative operano in situazioni di mercato influenzate dal perseguimento di fini mutualistici che possono incidere in maniera rilevante sui ricavi conseguiti “. Ad una Cooperativa Sociale di Tipo A con finalità di solidarietà sociale potrebbe quindi essere richiesto di motivare le ragioni per cui una attività “di impresa” non abbia generato ricavi o li abbia generati per un importo minimale e ciò non pare plausibile.
  9. Al fine di evitare di penalizzare ingiustamente il settore delle Cooperative Sociali di tipo A – rispetto a quello degli enti non commerciali ONLUS – ed evitare pericolosi equivoci, si potrebbe proporre una modifica dell’art. 150 del TUIR relativo alle ONLUS, come segue:
    Art. 150 (vigente)
    1. Per le organizzazioni non lucrative di utilità  sociale  (ONLUS),  ad eccezione delle società cooperative, non costituisce esercizio di attività commerciale lo svolgimento delle attività istituzionali nel perseguimento di esclusive finalità di solidarietà sociale.
    2. I  proventi  derivanti  dall'esercizio  delle  attività  direttamente connesse non concorrono alla formazione del reddito imponibile.
    Art. 150 (proposta modifica)
    1. Per le organizzazioni non lucrative di utilità  sociale  (ONLUS) comprese le Cooperative Sociali di cui all’art. 1, comma 1, lettera a), Legge 381/1991 in quanto ONLUS di diritto ai sensi del comma 8, del D.lgs n. 460/1997, ad eccezione delle società cooperative, non costituisce esercizio di  attività commerciale lo svolgimento delle attività istituzionali nel perseguimento di esclusive finalità di solidarietà sociale.
    2. I  proventi  derivanti  dall'esercizio  delle  attività  direttamente connesse non concorrono alla formazione del reddito imponibile.

Tirocini formativi
Le Cooperative Sociali impegnate nelle attività di reinserimento lavorativo vedono nei tirocini formativi uno strumento essenziale per il perseguimento delle proprie finalità e spesso, quando sono parte di organizzazioni più complesse impegnate in attività socio assistenziali, utilizzano i tirocini come strumenti abbinati ai loro processi riabilitativi e terapeutici.
La legge quadro di riferimento è la riforma Fornero (l.92/2012 ) che ha dato le linee guida mediante la conferenza Stato Regioni di gennaio 2013.
Infatti l’applicazione è regionale e in nessuna regione vi è una distinzione nell’applicazione ad aziende profit e ad enti no profit.

I limiti numerici al fine di ospitare tirocini formativi in quasi tutte le regioni sono:
a) Un tirocinante per aziende fino a 5 dipendenti a tempo indeterminato
b) Fino a due per aziende tra 6 e 20 dipendenti a tempo indeterminato
c) Il 10% dei dipendenti a tempo indeterminato se l’azienda ha più di 20 dipendenti

Inoltre in alcune regioni è già d’obbligo un’indennità di 450/500 euro.
Questa normativa è estremamente limitante per tutte le aziende, ma addirittura penalizzante per il terzo settore che vede ridursi le proprie capacità di intervento.
A nostro giudizio occorre intervenire con uno strumento legislativo che regolamenti, con le dovute differenziazioni le realtà del terzo settore, aumentando significativamente la percentuale dei tirocinanti impiegabili e riducendo anche l’importo delle indennità già imposte a livello regionale.


Un nuovo status per i Volontari
Si rende necessario introdurre delle modifiche legislative per favorire l’impiego dei volontari a tempo pieno.
Infatti, seppure le loro prestazioni vengono erogate nell’assoluta gratuità, la loro permanenza a carattere residenziale presso le strutture in cui operano comporta spesso  la necessità di erogare benefits quali vitto, alloggio, etc.
Queste fattispecie non trovano attualmente un’adeguata disciplina nella normativa vigente (Legge 266/91, Legge 381/91, D.lgs 460/97). Si ritiene sia necessario un pronto intervento legislativo al fine di meglio regolare, anche sotto questi profili, il rapporto tra le ONP e quelle persone che intendono unicamente e prevalentemente dedicare gratuitamente la loro vita al servizio dei bisognosi.


Una nuova impresa sociale – La riforma del D. Lgs 155/06

Per ovviare alla scarsa diffusione del modello di impresa sociale di cui al D.Lgs. 155/06, si ritiene si possa intervenire nel modo seguente:

UNA NUOVA DEFINIZIONE DI IMPRESA SOCIALE

  • E’ impresa sociale quella a impatto sociale positivo misurabile (da definizione del Regolamento UE 346/2013 sui Fondi EUSEF).
  • E’ impresa sociale quella che nello statuto ha quale obiettivo principale (espressamente enunciato)  il conseguimento dell’impatto sociale  e non quello della distribuzione degli utili, oltreché una governance trasparente e responsabile.
  • La misurazione dell’impatto arriverà in un secondo momento, per l’iscrizione nel registro imprese è necessario che vengano enunciati dall’impresa, i “social outcome” (effetti attesi a seguito dell’attività dell’impresa sociale) sulla base dei quali, sarà effettuata la verifica dell’impatto.

UNA NUOVA DEFINIZIONE DI “SVANTAGGIO”

  • Occorre estendere la definizione di lavoratore svantaggiato, come  attualmente prevista, anche alle condizioni “temporanee” di debolezza sociale e/o personale, con conseguenti “importanti” difficoltà ad inserirsi nel mercato del lavoro.

PIÙ CAPITALI PER L’IMPRESA SOCIALE

  • Alle ridotte disponibilità finanziarie e allo scarso interesse da parte del settore profit per l’impresa sociale ex D.Lgs. 155/06  si potrebbe così porre rimedio:
  • consentire la distribuzione, anche se calmierata, di una parte degli utili conseguiti dall’impresa sociale, fermo restando e preservando il conseguimento dell’obiettivo primario: l’impatto sociale dell’attività svolta;
  • ridefinire la governance delle imprese sociali, facendo sì che alla stessa possano partecipare, sebbene in via non maggioritaria, anche i rappresentanti espressione di eventuali soci profit.

ALCUNI VANTAGGI FISCALI

  • La misurazione e certificazione dell’impatto conseguito servirà anche per l’accesso a forme di fiscalità di vantaggio (IRES, IRAP ecc..) e per poter usufruire delle provvidenze del fondo di finanziamento e di garanzia e di altre agevolazioni.
  • Il vantaggio fiscale sarà proporzionato all’impatto sociale raggiunto – entro certi limiti minimi e massimi prestabiliti – nell’ottica di un meccanismo di premialità.
  • Potranno usufruire del vantaggio fiscale anche le imprese che distribuiscono utili in misura ridotta. Si tratterà di un vantaggio fiscale ridotto, inversamente proporzionale alla quota di utili distribuiti, ovvero calcolato sulla sola parte degli utili reinvestiti nell’impresa.

UN FONDO SPECIFICO PER L’IMPRESA SOCIALE
Il Fondo per l’impresa sociale, potrebbe avere sia funzioni di garanzia (da affiancare a quanto già svolto in modo più generale dal Fondo Centrale di Garanzia per il Credito alle PMI), quale moltiplicatore  delle risorse finanziarie messe a disposizione dal sistema bancario, sia funzioni finanziamento e di supporto all’equity.

LA MISURAZIONE DELL’IMPATTO SOCIALE

  • Dopo un periodo (da stabilire) dall’iscrizione nel registro imprese, la misurazione dell’impatto servirà anche per consentire la permanenza dell’impresa sociale nello stesso registro.
  • La misurazione-certificazione dell’impatto attesterà anche il possesso di specifici requisiti per l’accesso ad appalti pubblici che, secondo anche quanto previsto dalla nuova Direttiva Appalti,  potrebbero essere banditi riservandone lo svolgimento a particolari tipologie di impresa (vd. imprese sociali occupanti lavoratori svantaggiati).
  • La misurazione-certificazione dovrà avvenire sulla base degli effetti attesi, dichiarati dall’impresa in fase preventiva.
  • La misurazione-certificazione dell’impatto conseguito potrebbe essere svolta, evitando così la costituzione dell’ennesima Autorità pubblica, da un revisore legale certificato. Andrebbe istituito, presso il Ministero  dell’Economia e delle Finanze, un’apposita sezione del Registro dei revisori legali (o un apposito Registro anche presso altro Ministero, anche se la prima ipotesi sarebbe di più facile attuazione) riservata ai “revisori legali-certificatori sociali”, in possesso di specifici requisiti-competenze professionali.
  • Il ricorso a un revisore-certificatore dovrebbe portare all’individuazione di metodologie di carattere generale che, opportunamente utilizzate da questi operatori professionali, consentiranno loro di misurare, con carattere di oggettività e di imparzialità, l’impatto sociale conseguito dalla singola impresa esaminata. Il revisore-certificatore legale sociale svolgerà così una funzione di garanzia e controllo anche di rilievo pubblicistico.
  • L’attivazione di un sistema di misurazione-certificazione quale quello sopra evidenziato, potrebbe, infine, essere un elemento utile per introdurre più facilmente anche in Italia forme di investimento nel sociale quali i “social impact bond”.



 


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