Formazione

San Casciano dei Bagni, la scoperta del secolo che ci riconnette al passato

Una scoperta di una tale eccezionalità, quella che ha fatto emergere dal fango, a San Casciano dei Bagni, 24 statue di bronzo dalla fattura di rara bellezza. Uno scavo che passerà alla storia anche in virtù del contesto del ritrovamento, un santuario che è stato chiuso nel V secolo custodendo e preservando quanto conteneva. Per l'archeologo e presidente dell'Ana, l'Associazione nazionale degli archeologi, un momento di una tale eccezionalità che non si può ancora comprendere. Per Anna Capra, presidente dell'Archeoclub Sicilia, fondamentale il supporto che arriva dal mondo del volontariato

di Gilda Sciortino

“Il fascino dell’essere archeologo? Esserci nel momento in cui il reperto antico affiora dalla terra. Questo non tanto per il suo valore quanto per il fatto che, una volta preso in mano, ti rendi conto che sono 2000 anni che nessuno lo toccava. Può essere una semplice brocca o anche una scodella in cui qualcuno ha mangiato”.

Per Alessandro Garrisi, archeologo e presidente nazionale dell’Ana, l’Associazione nazionale degli archeologi, è proprio quello il momento in cui si crea un ponte tra passato e presente. Ecco perché il ritrovamento a San Casciano dei Bagni, in Toscana, di 24 statue di bronzo di raffinatissima fattura raffiguranti matrone, fanciulli, imperatori e divinità ancora poco note, si può considerare il ritrovamento del secolo, di una tale eccezionalità che forse in questo momento non si può ancora comprendere.


«Un gruppo scultoreo così omogeneo, anche se cronologicamente difforme, trovato in un contesto integro e sigillato, è di una rarità eccezionale. Una scoperta – aggiunge Garrisi – che fornisce anche numerosi contributi alla storia dell’arte. Non ho visto i bronzi dal vivo, quindi parlo attraverso le foto che sono state fatte circolare, ma per esempio la testa maschile ricorda il budo capitolino e quel tipo di immagini che fa parte della plastica etrusca e romana di epoca più tarda. Qualcosa di veramente unico».

Ma cosa fa emozionare in modo particolare di questa scoperta?

Per quel che mi riguarda è il contesto del ritrovamento, un santuario che vive per qualche centinaio di anni e che poi, nel V secolo, quando il Cristianesimo diventa la religione dominante, viene chiuso perché non più utilizzato o non si vuole che sia più utilizzato. In ogni caso, nel chiuderlo, si avvia una procedura di salvaguardia di un patrimonio che non serve più, ma che non si vuole cancellare. Solitamente il destino delle statue o dei pezzi di bronzo è di essere fuse per un altro loro utilizzo, invece in questo caso c'è stata una forma di rispetto. Mi emoziona tantissimo pensare che ci possa essere stato qualcuno che abbia sviluppato questa forma di conservazione anche di un passato che non è più attuale. Il bello del mio mestiere è costruire un ponte tra passato e presente, ma non per dire “abbiamo ritrovato un bene”. Il ponte a cui mi riferisco è quello che ci deve servire a costruire un mondo nel quale tutto si incontra e confluisce.

È stato fatto un paragone con i Bronzi di Riace. Un po’ azzardato?

Il contesto dei Bronzi di Riace è subacqueo di affondamento di una nave che li trasportava, ma abbiamo poche informazioni rispetto al ritrovamento. Qui, invece, c’è la ricostruzione cronologicamente corretta di quello che succedeva in quel santuario da quando è stato creato, credo qualche secolo prima della nascita di Cristo, sino al momento in cui viene obliterato, ossia il V secolo. Avere queste informazioni attraverso lo scavo stratigrafico completo ha un grande valore, non solo materiale ma anche scientifico.

Qual è mai stata la sua più grande emozione durante l’attività di archeologo?

Ho finito quest'anno uno scavo condotto per 13 anni in Liguria in una basilica paleocristiana che si trova sopra una villa romana, utilizzata per tutto il Medioevo. Non c'è stato un ritrovamento eclatante come quello di San Casciano dei Bagni ma, sempre attraverso uno scavo condotto scientificamente, abbiamo potuto ricostruire nel dettaglio il contesto di vita che per secoli ha accompagnato la storia di un insediamento importante sul quale sono passate tante culture. Emozionante scoprire la continuità di vita, ma anche la differenza di classe tra l'arte bizantina e quella longobarda. Se ci penso, mi emoziono come il primo giorno

Quanto l’archeologia è una strada che i giovani decidono di intraprendere oggi?

I giovani sono molto interessati all'archeologia, anche se proprio negli ultimissimi anni c'è stata una flessione di iscrizione all'università nelle materie legate a questo mondo. Devo, però, dire che questa è una professione in cui l'archeologo può fare tante cose: scavare, fare didattica, lavorare nei musei, solo per fare qualche esempio. Il lavoro sul campo è molto faticoso, ma non sono pochi i giovani determinati che si ritrovano a fare esperienza di scavo. Secondo me è una grande attività formativa per la crescita individuale dell'essere umano.

La tutela del patrimonio archeologico, dei beni che fanno grande il nostro Paese, passa certamente attraverso la professionalità e l’approccio scientifico che arriva dagli addetti ai lavori, ma non può prescindere dall’impegno profuso da quegli operatori culturali che sono al fianco di chi sta sul campo.

Una presenza forte e determinante, che lavora su altre frequenze.

La nostra realtà – afferma Anna Capra, presidente dell’Archeoclub Sicilia Odv – ha deciso di privilegiare la salvaguardia del settore monumentale e artistico attraverso la conoscenza. In Sicilia promuoviamo il percorso arabo normanno, patrimonio dell’Unesco, del quale parliamo attraverso numerosi esperti, per esempio proprio gli archeologi, anche per fare conoscere il lavoro che fanno sul campo. Quando, poi, entriamo nelle scuole, l’interesse diventa ancora più grande. Crediamo che il nostro ruolo sia fondamentale e di supporto per tutti coloro i quali fanno di tutto per riportare a noi pezzi di storia che diversamente rimarrebbero sulle pagine dei libri di storia. La scoperta appena fatta a San Casciano ci rende felici e orgogliosi di possedere tanto e tale patrimonio

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